Steven Halpern - Spectrum Suite (1976): Uno dei padri putativi della new-age, come da guida ben vergata da Gino Dal Soler. Continuo a pensare che la Demby l'ha fatto grande a tutti. Diciamo che questo piano elettrico mi piace se l'ascolto nella sala d'attesa del dentista, nell'atroce e (si spera, salvo fila) immediato anticipo di una sudata ghiacciata. Altrove no. 4/10
Cactus - Cactus (1970): I Led Zeppelin americani, si è scritto. Con tutto il rispetto: hard-blues caciarone e fragoroso, che mi sarebbe piaciuto da matti 15 anni fa. Esecuzioni invidiabili e pathos sanguigno al parossismo. Ma la classe dove la mettiamo? Intendo quella di Page & Co. ....Difficile.... 6/10
Daniel Johnston - 1989 (1990): Hai voglia te a leggere qualcosa di negativo su DJ...non si trova, non esiste. Tutto questo genio naif io non lo scorgo. A costo di sembrare bastian contrario cronico, quando invece proprio non lo mando giù. Le tracce meno peggio sono di fatto pallide imitazioni di Neil Young. Le altre sono imbarazzanti, a volte sembrano delle messe. 5/10
Golden Retriever - Seer (2014): Architetture statiche di synth kraute con un contrappunto compassato di clarinetto più o meno costante. L'assonanza attitudinale coi Cloudland Canyon è palese; va bene il tributo, musica bella e piacevole, ma metterci qualcosa di proprio, qualcosa in più, o ce l'hai o non ce l'hai. . 6/10
I Am A Lake Of Burning Orchids - Innocence (2011); Scartato solo perchè era un sabato o una domenica; durante la settimana mi avrebbe aiutato a scaricare lo stress come per i Wraiths, gli Skaters o altri estremismi. Buon noise-ambient-gaze-techno saturato di quello che fa gracchiare le casse. Sarebbe da rivedere, ma nel weekend propendo per cose più morbide. 7/10
Robin Hayward - Nouveau Saxhorn Nouveau Basse (2014): 65' di sola tuba microtonale, di cui un intervallo di 8' in coppia con una chitarra acustica che fa armonici strozzati. Sarà anche dotato di certo fascino, incluso l'aspetto tecnico interessante dei terzi e quarti di tono, ma non è uno strumento così eclettico per farsi un'ora. Stranezze di Piero. 5/10
Membranes - The Gift Of Life (1985): Tendo ad ammorbidirmi? Può darsi. Post-punk-noise-wave sguaiato e volutamente approssimativo. Produzione peggio del peggio, il piattume degli '80 mischiato al lo-fi. Ma anche la sostanza non che fosse così memorabile, al confronto di quanto letto in giro. Innegabile comunque un 6,5/10.
Zombi - Cosmos (2004): Synth-core per batteria più che buona e analogicismi come se piovesse. Qualcuno l'ha definita progressive. A me sembra una versione un po' più tirata dei Trans Am più energici, ma anche un po' meno ignorante (al criterio personale di chiunque si applichi l'accezione positivo/negativo). 6,5/10
Laraaji - Flow Goes The Universe (1992): Eno ha sempre avuto questa gran fotta di scoprire gente, ma non è che abbia poi aiutato il progresso nel mondo. Il primo pezzo dura 26 minuti ed è un minimal-tappeto new-age in maggiore; dopo una mazzata così quelle poche cose buone che seguono non si riescono ad apprezzare perbene. 5,5/10
Leonard Cohen - Songs Of Love And Hate (1971): Quando si parla male dei mostri sacri c'è sempre da guardarsi attorno. A me con Cohen succede lo stesso effetto di De Andrè: mi fanno addormentare. Sì, belle parole, belle melodie, ma che noia. 5,5/10
Juana Molina - Un Día (2008): Electro-folk all'argentina. L'idea potrebbe anche intrigare, ma ho sempre creduto che per fare questo genere bisogna essere degli autori davvero bravi, insomma più sul folk che sull'electro. La Molina invece punta sulle ripetizioni vocali e su stati onirici. Zero canzoni che si ricordino, talento davvero basso. 5/10
War On Drugs - Lost In The Dream (2014): Sempre più difficile prendere sul serio Onda Rock dopo che mi schiaffano questo ai posti più alti del poll annuale. Un'autore di talento che spreca buone canzoni in un arrangiamento '80, tronfio e piatto. Fa ancora più incazzare. 5/10
Deviants - Ptoof! (1968): Uno di quelli che sono più storici in base al contesto da cui uscirono piuttosto che per la loro validità intrinseca. Viene di solito menzionato come proto-punk; io ci sento molto blues, tanta approssimazione, non troppa fantasia, con i pezzi migliori che sono quelli acustici. Farren era sostanzialmente un giornalista, e si sente. 6/10
Upsetters - Super Ape (1976): No, il dub tradizionale non è il mio genere. Ho voluto soltanto dare un'ascolto ad uno dei più celebrati. Grandi, grandissimi suoni ma mi sono fatto due palle così. E dubito che con uno stato mentale opportunamente alterato mi piacerebbe. Forse dovrebbe essere necessariamente alteratissimo. 5/10
Angel Corpus-Christi - I♥NY (1985): Piccola macchia nel curriculum di Bruce Anderson. La qui presente signora (moglie di Rich Stim) giocava a fare la Siouxsie con un sottofondo synth-pop che dire irritante è fargli un complimento, perlopiù su cover di Lou Reed e dei Suicide. A volte per le donne si fa qualsiasi cosa (togliamo la macchia dal fenomeno, ci sta...) 4/10
Alameda 5 - Duch Tornada (2015): Non dico che fosse prevedibile, ma un passo falso da parte di Ziolek ci può stare. Il massimalismo eclettico è come camminare sul filo del rasoio. Scommetterei che sono improvvisazioni pure. Si gira a vuoto a lungo, eppure i suoni sono magnifici.... 6/10
Lilacs & Champagne - Danish & Blue (2013): Side project dei Grails, con Amos ed il chitarrista Hall. Probabile frutto di fumate un po' più pesanti (o peggio contaminate) del solito: fantasia hypnagogica post-library condita con trip-hop e tamarridutini chitarristiche che ricordano addirittura i Queen. Vade Retro 4/10
Room - Pre-Flight (1970): Incrocio fra blues-rock stantio, hard-rock, progressive e Jesus Christ Superstar. Se già i primi tre non entusiasmavano, l'ultimo dà la mazzata. 5/10
Patto - Roll 'em smoke 'em put another line out (1972): Peccato mortale, di fronte all'immensa Loud Green Song, uno dei pezzi che ho più ascoltato negli ultimi 10 anni. Un gruppo forse stanco e molto indeciso sulla direzione da intraprendere. Si salva metà della scaletta, l'altra metà davvero bassa (per non dire orribili le gag del batterista) 6/10
Cactus - Cactus (1970): I Led Zeppelin americani, si è scritto. Con tutto il rispetto: hard-blues caciarone e fragoroso, che mi sarebbe piaciuto da matti 15 anni fa. Esecuzioni invidiabili e pathos sanguigno al parossismo. Ma la classe dove la mettiamo? Intendo quella di Page & Co. ....Difficile.... 6/10
Daniel Johnston - 1989 (1990): Hai voglia te a leggere qualcosa di negativo su DJ...non si trova, non esiste. Tutto questo genio naif io non lo scorgo. A costo di sembrare bastian contrario cronico, quando invece proprio non lo mando giù. Le tracce meno peggio sono di fatto pallide imitazioni di Neil Young. Le altre sono imbarazzanti, a volte sembrano delle messe. 5/10
Golden Retriever - Seer (2014): Architetture statiche di synth kraute con un contrappunto compassato di clarinetto più o meno costante. L'assonanza attitudinale coi Cloudland Canyon è palese; va bene il tributo, musica bella e piacevole, ma metterci qualcosa di proprio, qualcosa in più, o ce l'hai o non ce l'hai. . 6/10
I Am A Lake Of Burning Orchids - Innocence (2011); Scartato solo perchè era un sabato o una domenica; durante la settimana mi avrebbe aiutato a scaricare lo stress come per i Wraiths, gli Skaters o altri estremismi. Buon noise-ambient-gaze-techno saturato di quello che fa gracchiare le casse. Sarebbe da rivedere, ma nel weekend propendo per cose più morbide. 7/10
Robin Hayward - Nouveau Saxhorn Nouveau Basse (2014): 65' di sola tuba microtonale, di cui un intervallo di 8' in coppia con una chitarra acustica che fa armonici strozzati. Sarà anche dotato di certo fascino, incluso l'aspetto tecnico interessante dei terzi e quarti di tono, ma non è uno strumento così eclettico per farsi un'ora. Stranezze di Piero. 5/10
Membranes - The Gift Of Life (1985): Tendo ad ammorbidirmi? Può darsi. Post-punk-noise-wave sguaiato e volutamente approssimativo. Produzione peggio del peggio, il piattume degli '80 mischiato al lo-fi. Ma anche la sostanza non che fosse così memorabile, al confronto di quanto letto in giro. Innegabile comunque un 6,5/10.
Zombi - Cosmos (2004): Synth-core per batteria più che buona e analogicismi come se piovesse. Qualcuno l'ha definita progressive. A me sembra una versione un po' più tirata dei Trans Am più energici, ma anche un po' meno ignorante (al criterio personale di chiunque si applichi l'accezione positivo/negativo). 6,5/10
Laraaji - Flow Goes The Universe (1992): Eno ha sempre avuto questa gran fotta di scoprire gente, ma non è che abbia poi aiutato il progresso nel mondo. Il primo pezzo dura 26 minuti ed è un minimal-tappeto new-age in maggiore; dopo una mazzata così quelle poche cose buone che seguono non si riescono ad apprezzare perbene. 5,5/10
Leonard Cohen - Songs Of Love And Hate (1971): Quando si parla male dei mostri sacri c'è sempre da guardarsi attorno. A me con Cohen succede lo stesso effetto di De Andrè: mi fanno addormentare. Sì, belle parole, belle melodie, ma che noia. 5,5/10
Juana Molina - Un Día (2008): Electro-folk all'argentina. L'idea potrebbe anche intrigare, ma ho sempre creduto che per fare questo genere bisogna essere degli autori davvero bravi, insomma più sul folk che sull'electro. La Molina invece punta sulle ripetizioni vocali e su stati onirici. Zero canzoni che si ricordino, talento davvero basso. 5/10
War On Drugs - Lost In The Dream (2014): Sempre più difficile prendere sul serio Onda Rock dopo che mi schiaffano questo ai posti più alti del poll annuale. Un'autore di talento che spreca buone canzoni in un arrangiamento '80, tronfio e piatto. Fa ancora più incazzare. 5/10
Deviants - Ptoof! (1968): Uno di quelli che sono più storici in base al contesto da cui uscirono piuttosto che per la loro validità intrinseca. Viene di solito menzionato come proto-punk; io ci sento molto blues, tanta approssimazione, non troppa fantasia, con i pezzi migliori che sono quelli acustici. Farren era sostanzialmente un giornalista, e si sente. 6/10
Upsetters - Super Ape (1976): No, il dub tradizionale non è il mio genere. Ho voluto soltanto dare un'ascolto ad uno dei più celebrati. Grandi, grandissimi suoni ma mi sono fatto due palle così. E dubito che con uno stato mentale opportunamente alterato mi piacerebbe. Forse dovrebbe essere necessariamente alteratissimo. 5/10
Angel Corpus-Christi - I♥NY (1985): Piccola macchia nel curriculum di Bruce Anderson. La qui presente signora (moglie di Rich Stim) giocava a fare la Siouxsie con un sottofondo synth-pop che dire irritante è fargli un complimento, perlopiù su cover di Lou Reed e dei Suicide. A volte per le donne si fa qualsiasi cosa (togliamo la macchia dal fenomeno, ci sta...) 4/10
Alameda 5 - Duch Tornada (2015): Non dico che fosse prevedibile, ma un passo falso da parte di Ziolek ci può stare. Il massimalismo eclettico è come camminare sul filo del rasoio. Scommetterei che sono improvvisazioni pure. Si gira a vuoto a lungo, eppure i suoni sono magnifici.... 6/10
Lilacs & Champagne - Danish & Blue (2013): Side project dei Grails, con Amos ed il chitarrista Hall. Probabile frutto di fumate un po' più pesanti (o peggio contaminate) del solito: fantasia hypnagogica post-library condita con trip-hop e tamarridutini chitarristiche che ricordano addirittura i Queen. Vade Retro 4/10
Room - Pre-Flight (1970): Incrocio fra blues-rock stantio, hard-rock, progressive e Jesus Christ Superstar. Se già i primi tre non entusiasmavano, l'ultimo dà la mazzata. 5/10
Patto - Roll 'em smoke 'em put another line out (1972): Peccato mortale, di fronte all'immensa Loud Green Song, uno dei pezzi che ho più ascoltato negli ultimi 10 anni. Un gruppo forse stanco e molto indeciso sulla direzione da intraprendere. Si salva metà della scaletta, l'altra metà davvero bassa (per non dire orribili le gag del batterista) 6/10