Beggars Opera - Act One (1970): Prog dalle fortissime influenze classiche, con tanto di medley pirotecnico, un'attitudine sfrenata e tanta passione. Bravissimi i musicisti, ma è un suono invecchiato male, malissimo, più dei Nice e degli ELP, di cui furono rivali minori. 6,5/10
Psycheground Group - Psychedelic And Underground Music (1971): Vade retro: il solito Reverberi con i Nuova Idea, una roba buttata talmente là che sembrano prove di un gruppo stanco di comporre e che una sera si cazzeggia con luoghi comunissimi blues, plagi Pink Floyd e sessantate beat fuori tempo massimo. Bleah. 4/10
Subaudition - Light on the Path (2009): Secondo ed (?) ultimo del duo finlandese, stesso coordinate del bellissimo The Scope, ovvero un lirismo inguaribile, struggenza, neve che cade, male di vivere, insomma commovente ma leggermente inferiore al precedente. Con una voce decente avrebbero fatto grandi cose. 6,5/10
Logos - Cold Mission (2013): Continuo a non impazzire per le nuove frontiere dell'elettronica, sbandierate come chissà che cosa. Un suono algido, freddo, senza cuore; attenzione, non da buttare via, sia ben chiaro, ma da qui a classificarla come novità...Boh. 6/10
Supersilent - 13 (2016): Lasciati a casa gli strumenti suonati, ormai la musica dei Supersilent si è ridotta ad un elettronica disastrata, falsamente impressionistica, desolatamente vuota e priva di ogni significato. 4/10
Vonneumann - NorN (2017): Se dopo quasi vent'anni di attività sono rimasti un entità sconosciuta, un motivo ci sarà. Con l'esperienza e la malizia si possono aggirare tante cose, ma non l'effettiva mancanza di talento. Math-electro-rock senza nerbo, luccicante, quasi patinato quando gli ospiti prendono il sopravvento. Mah. 5,5/10
Tim Buckley - Venice Mating Call (Live 1969): Nuovo live ricavato dallo stesso tour che più di 20 anni fa fu documentato sul Live at the Troubador. Era una fase intermedia, non più il menestrello divino del 68 e non ancora lo Starsailor eroico del 70. Molto flusso di coscienza, classe cristallina ma c'è stato di meglio. 7/10
Savoy Grand - Dirty Pillows (2000): Debutto acerbo ed inferiore al successivo Burn the furniture per i protagonisti del brit-slowcore più innocente e delicato. Atmosfere indubitabilmente autunnali ed introspettive; buono per i completisti, troppo diluite le composizioni. 6,5/10
Andy Stott - Too Many Voices (2016): Passo indietro di Stott sul fighettismo, sulla patinatità, sulle voci sensuali. Ciò che sporcava nobilmente Luxury Problems è stato ripulito, e ridimensiona la classe dell'inglese. Speriamo sia una transizione. 6,5/10
Dälek - Gutter Tactics (2009): Noise-hip-hop psichedelico, interessantissimo, scuro, ossessivo, acido, sulla carta fenomenale. Alla lunga però il rappato si dimostra qualcosa a cui sono allergico, ed inficia sul mio entusiasmo per le sonorità, notevolissimo. 6,5/10
Ergo - As Subtle As Tomorrow (2016): Jazz antico e modernissimo al tempo stesso, una specie di traslazione del Canterbury al giorno d'oggi, un po' dolente ed un po' gioviale, mai narciso, puntuale e conciso. 6,5/10
Subaudition - Light on the Path (2009): Secondo ed (?) ultimo del duo finlandese, stesso coordinate del bellissimo The Scope, ovvero un lirismo inguaribile, struggenza, neve che cade, male di vivere, insomma commovente ma leggermente inferiore al precedente. Con una voce decente avrebbero fatto grandi cose. 6,5/10
Logos - Cold Mission (2013): Continuo a non impazzire per le nuove frontiere dell'elettronica, sbandierate come chissà che cosa. Un suono algido, freddo, senza cuore; attenzione, non da buttare via, sia ben chiaro, ma da qui a classificarla come novità...Boh. 6/10
Supersilent - 13 (2016): Lasciati a casa gli strumenti suonati, ormai la musica dei Supersilent si è ridotta ad un elettronica disastrata, falsamente impressionistica, desolatamente vuota e priva di ogni significato. 4/10
Vonneumann - NorN (2017): Se dopo quasi vent'anni di attività sono rimasti un entità sconosciuta, un motivo ci sarà. Con l'esperienza e la malizia si possono aggirare tante cose, ma non l'effettiva mancanza di talento. Math-electro-rock senza nerbo, luccicante, quasi patinato quando gli ospiti prendono il sopravvento. Mah. 5,5/10
Tim Buckley - Venice Mating Call (Live 1969): Nuovo live ricavato dallo stesso tour che più di 20 anni fa fu documentato sul Live at the Troubador. Era una fase intermedia, non più il menestrello divino del 68 e non ancora lo Starsailor eroico del 70. Molto flusso di coscienza, classe cristallina ma c'è stato di meglio. 7/10
Savoy Grand - Dirty Pillows (2000): Debutto acerbo ed inferiore al successivo Burn the furniture per i protagonisti del brit-slowcore più innocente e delicato. Atmosfere indubitabilmente autunnali ed introspettive; buono per i completisti, troppo diluite le composizioni. 6,5/10
Andy Stott - Too Many Voices (2016): Passo indietro di Stott sul fighettismo, sulla patinatità, sulle voci sensuali. Ciò che sporcava nobilmente Luxury Problems è stato ripulito, e ridimensiona la classe dell'inglese. Speriamo sia una transizione. 6,5/10
Dälek - Gutter Tactics (2009): Noise-hip-hop psichedelico, interessantissimo, scuro, ossessivo, acido, sulla carta fenomenale. Alla lunga però il rappato si dimostra qualcosa a cui sono allergico, ed inficia sul mio entusiasmo per le sonorità, notevolissimo. 6,5/10
Ergo - As Subtle As Tomorrow (2016): Jazz antico e modernissimo al tempo stesso, una specie di traslazione del Canterbury al giorno d'oggi, un po' dolente ed un po' gioviale, mai narciso, puntuale e conciso. 6,5/10