Eat - Sell me a god (1989): Non era male l'idea iniziale degli Eat, ed in tempi non sospetti: fondere il brit-pop con una mistura di blues, funk e soul. Un po' come edulcorare i Gun Club togliendo follia. Il problema del disco è che è troppo lungo, che il gioco non regge la candela per tutto il tempo. 6/10
Fish - Sunsets On Empire (1997): Mi ci sono imbattuto per caso. L'ex-Marillion in combutta con Steven Wilson, vanesio nello sfoggiare la sua voce, mentre Mr. Porcupine Tree gli srotola un servizio prog-blues a tasso tecnico medio-alto, con qualche concessione blues in accezione moderna. Dopo un quarto di secolo non è invecchiato bene nè lo stile nè il suono, ma qualche passaggio avvincente lo salva dal naufragio. 6/10
Oceansize - Everyone Into Position (2005): Il secondo album di questa grande incompiuta britannica che avrebbe potuto fare cose bellissime se non si fosse persa dietro i mulini a vento. Facevano un alt- prog moderno, mutuato alla fonte dai Cave In di Jupiter, ma con una vena più emotiva e qualche puntata nell'atmo-post-rock. Certo che avessero più che dimezzato le idee, i loro dischi sarebbero stati più gradevoli. Peccato. 6,5/10
Massimo Volume - Il Nuotatore (2019): Pilia non c'è più e si sente, i MV ripiegano su un suono più asciutto e restano nella loro comfort-zone, e cosa potrebbero fare altrimenti. Il giudizio è sempre subordinato al gustibus; unici erano e unici restano. La seconda metà del Nuotatore è eccellente, ma il fiero manierismo che hanno inventato non crea più tante sorprese. 6,5/10
Aidan Moffat - The Soft Toothbrush Years - Selected Voice Memos 2010-2020: Ascoltato solo per completezza estrema, ma siamo ai limiti della scatologia. Flash vocal/narrativi, filastrocche svampite o ormonali, spunti embrionali semiseri, è il solito incontenibile AM, egotico ed esibizionista. s.v.
Matt Christensen - Constant Green (2021): Sei ballad notturne per voce e chitarra, con qualche striata di steel in qua ed in là. MC è garanzia di purezza e classe, di delicati mantra desertici e contemplazione fumosa. Ma dopo aver mandato a memoria Coma Gears e Honeymoons è chiaro che si pretende qualcosa quantomeno a quel livello, anche soltanto come pulizia di suono. 6,5/10
Kevin Ayers - Joy Of A Toy (1969): Il debutto di uno di quelli irregolari che partecipa alla fondazione di qualcosa di storico (Canterbury e altro) e si stufa subito, andando a fare la sua cosa. Che era un cantautorato vaudeville a tratti geniale, a tratti un po' lezioso. 6,5/10
Lichens - 3110⁄2410⁄1810 (2014): Uno dei tanti mantra elettro-mistici di Bob Lowe, diviso in due parti di durata vinilitica. Diciamo che una volta assimilato il concetto, la questione si fa leggermente boriosa. Suoni sempre belli, comunque. 6/10
500won - Um Han (2003): Leggende curiose dall'inizio dell'epopea P2P. Un chitarrista coreano incide un demo e ne diffonde gli mp3. Qualcuno ne viene in possesso, li tagga come Sigur Ros w/Mogwai, li mette in condivisione ed in rete succede il finimondo. Ben poco credibile, a dire il vero. Il demo in questione era ben poca roba, con qualcosa più dei SR che degli scozzesi, ma con delle contraddizioni e dei pressapochismi al limite dell'imbarazzante. 5/10
Clinic - Do It! (2008): Senza nulla togliere ad una band che ha sempre saputo fare del revivalismo la propria cifra stilistica con freschezza, credo che tutti i dischi della maturità siano come questo: bello bello, ben dosato, coinvolgente ma molto poco sorprendente. De gustibus tutta la vita, comunque. 6,5/10