sabato 30 settembre 2017

Scarti Da TM #26

Vas Deferens Organization - Saturation (1996): Difficile ripetersi ad altissimi livelli su tante uscite concentrate in un paio d'anni: nonostante l'evidente cura e perizia con cui fu realizzato, resta un disco involuto, troppo cupo e privo di humour come i nostri ci avevano deliziato. In due parole, troppe chitarre. 6,5/10

Nicola Alesini & Pier Luigi Andreoni - Marco Polo (1995): Art-etno-jazz da parte di un tastierista ed un fiatista a me sconosciuti. Serie dischi che ho ascoltato perchè partecipa David Sylvian (abbastanza spento). Poi comparsano persino R.Eno e H.Budd. Al netto di 3-4 episodi rimarcabili, è una salotteria un po' vaporosa da digerire. 5,5/10

Irata - Sweet Loris (2015): Inspiegabile svolta degli Irata, autori nel 2010 di un interessantissimo disco art-core strumentale. Col secondo, dopo ben 5 anni, si danno ad un post-metal cantato con enfasi e pieno di chitarroni, che già di per sè sarebbe indigesto; per il confronto col predecessore, lo rendono un disastro. 4,5/10

Planning For Burial - Below The House (2017): Ormai ex-nostro, Ciccio stecca anche il terzo album lungo, fallendo di nuovo il tentativo Codeine+RHP virati in salsa ambient-doom-metal. Supersfida talmente difficile da essere impossibile. Un paio di ottimi pezzi non bastano a rinvigorire un disco sfocato ed eccessivamente disomogeneo. 6/10

Sensations' Fix - Portable madness (1974): Il lato oscuro di Falsini, immerso in un trip continuativo di roccioso space-rock, strumentale e ben poco incline alla struttura compositiva. Quando sappiamo invece che il meglio l'ha dato quando si è dedicato alle canzoni o alle colonne sonore. L'output andava selezionato meglio, in quei 2-3 anni. 6/10

Piero Umiliani - L'uomo nello spazio (1972): Dev'essere il periodo negativo che sto passando, oppure che oggi sono stato dal dentista, insomma oggi non mi va bene nulla se non gli storici. Persino un Umiliani in versione space-freak mi sembra banalotto, un po' troppo di servizio, ordinario. 6/10

Sol Invictus - Trees in Winter (1990): Poche correnti sono invecchiate male come il folk apocalittico, solitamente in mano a cantautori incredibilmente monotoni, enfatici, chitarristi scarsi ed ancor peggio cantanti. Questo è un classico del genere. 5/10

XTC - White Music (1978): Non fosse per il brio e la verve tipica degli anni, l'avrei liquidato come un poppettino innocuo e persino irritante. 6,5/10

Marriages - Salome (2015): Rispetto al deludente esordio qualcosa è migliorato, ma niente per cui esaltarsi: maggior messa a fuoco verso un gothic-gaze femmineo ma robusto, alcune più che discrete composizioni; peccato per la perdita del buon vecchio Clifford, soprattutto alla luce del nuovo batterista che soffre un po' di protagonismo tecnicistico. 6,5/10

Horseback - Dead Ringers (2016): Sufficienza soltanto per la curiosità che ispira, un mix di blues desertico ed elettronica, che meriterebbe un minimo di sforzo compositivo che ahimè, è pressochè inesistente. 6/10

Gorguts ‎- Colored Sands (2013): Vent'anni dopo, il progresso di una delle migliori bands del post-grind è praticamente zero. Un carrarmato tritatutto, ma alla lunga che palle....5/10

Komintern - Le Bal Du Rat Mort (1971): Non mi aspettavo, sulla List, la presenza di un disco politico; li immaginavo più anarchici che simpatizzanti comunisti come questo che si potrebbe candidare a disco più comunista della storia: una musica invecchiata così male che già in un festival dell'unità del 1978 sarebbe stata presa a fischi e schiaffi, ed è altrettanto datatissima quanto le ideologie di sinistra di quegli anni. Lo scrive uno che si ritiene di sinistra e lo è anche di mano (e piede). 5/10

Mira Calix - Eyes Set Against The Sun (2006): Raffinato ed elegiaco mix di elettronica, musica da camera, soundtrack da balletto d'avanguardia e/o documentario. Il tocco femminile conferisce una apprezzabile gigioneria ad un output che forse vorrebbe anche essere spensierato, ma non funziona sempre tutto. Ed è troppo lungo. 6,5/10

White Flight - White Flight (2006): Frontman di band indie-pop si ricicla solista semi-spostato, tratti interessanti ma la forzatura appare evidente. 5,5/10

Smegma - Nattering Naybobs Of Negativity (1988): Non riesco decisamente ad apprezzare questa storica formazione originaria della LAFMS, forse l'unica tutt'ora in attività oltre a Tom Recchion. Hai voglia a parlare di avanguardia noise quando alle mie orecchie sembra tutto un immane scazzo senza visione. 5,5/10

Gilgamesh - Gilgamesh (1975): Jazz-rock tipicamente canterburiano, con elementi di quel ramificatissimo albero genealogico che mi sono annoiato soltanto a decifrare. Fattostà che si tratta di un tipicissimo disco canterburiano, con i pregi ed i difetti: suonato da dio ed esteticissimo al tempo stesso. 6,5/10

Le Masque - Il Signor Gustavo Coscienza (1990): Art-pop assolutamente peculiare ed altamente intellettuale, quello dei milanesi che avrebbero meritato un successo mainstream per l'accessibilità della loro proposta: francesismi, europeismi, poetica, eleganza, ma anche una buona dose di stucchevolezza e manierismo. 6/10

Art & Language & Red Crayola - Corrected Slogans (1976): Insopportabile teatrino vaudeville dei RC durante il loro periodo inglese. Ben poco di musicale (e neanche interessante) e fin troppo recitato, onde per cui i non adatto ai non madrelingua. Con Mayo Thompson è sempre stato così: geniale o imbarazzante. 5/10

Markus Stockhausen & Jasper Van't Hof - Aqua Sansa (1980): Ristampa santino di Zingales. E' un peculiare incrocio di ambient, new-age, jazz (per la tromba che solca ovunque) che ha dei bei tratti ma poi si perde specchiandosi eccessivamente e gigioneggiando senza fine. 6/10

Gold Dime - Nerves (2017): Interessante effluvio di tale Andrya Ambro, difficilmente collocabile ma al tempo stesso dalle influenze ben riconoscibili: un cantautorato ossessivo, graffiante ma al tempo stesso accessibile e con molta enfasi sul canto, con strutture musicali minimali per quanto ricercate. Ma alla fine non si sa dove andare a parare. Potrebbe migliorare. 6,5/10

Volcano The Bear ‎- The Mountains Among Us (2002): Doppia suite di esoterismo agreste di 40 minuti per i freaks inglesi. Le sonorità hanno un fascino indiscutibile ma suona un po' di rimaneggiamento e cazzeggio. 5,5/10