mercoledì 31 gennaio 2018

Scarti Da TM #30

Ruben Garcia ‎- Colors In Motion (1992): Coautore del magnifico Music for 3 pianos, Garcia al debutto viene presentato da PS come emulo di Budd; in realtà si tratta di una versione salottiera di Steve Roach, con sonorità deludentemente '80 ed un manierismo eccessivo. Si salva in corner per l'effettiva grazia compositiva, ma di poco poco. 6/10

Agalloch - The Mantle (2002): Band inglese di estrazione black-metal, qui alle prese con un neo-folk-rock di ampio respiro, solenne, pagano, esistenziale. Ottima l'intuizione, molto buone alcune composizioni, troppo lungo il disco e stridono troppo le incursioni sul luogo di nascita. 6,5/10

Randy Holden ‎- Guitar God (1997): Rientrato a quasi 30 anni di distanza dal colossale Population II, il buon Randy non trovava di meglio da sfoggiare che un hard-rock hendrixiano, non pacchiano ma comunque con una patina modernista che fa un po' a pugni col suo spirito originario. Deludente, ma le aspettative non potevano essere troppo alte. 5,5/10

New Kingdom ‎- Paradise Don't Come Cheap (1996): Se dovessi essere condannato ad ascoltare hip-hop, questo disco tutta la vita e nessun altro. 7/10

Blind Idiot God - Undertow (1988): Lievemente inferiore al debutto, anche se ugualmente storico; non lo bloggo soltanto perchè non trovo nulla da scriverci sopra. 7/10

Flying Saucer Attack ‎- In Search Of Spaces (2017 Reissue): Mi eccitava l'idea di un live dei tempi d'oro dei FSA, evento rarissimo, ed all'ascolto si capisce perchè: un vortice interminabile di droni, feedback e fischi assordanti, senza capo nè coda. Il suono intriga, ma pensando alle prove in studio è una più che mezza delusione. 5,5/10

Necessaries - Event Horizon (1982): Pop-wave newyorkese, con un inquieto Arthur Russell in formazione; con loro avrebbe potuto anche trovare il successo, peccato che mancasse proprio il talento. 5/10

Richard Hell & The Voidoids ‎- Blank Generation (1977): Disco chiave del punk americano. Io lo trovo insignificante, ma si tratta di gusti. 5/10

Associates - Fourth Drawer Down (1981): Raccolta di singoli dello stesso anno del duo più pompamagnato della wave. Il coraggio non mancava e le trovate strumentali anche, ma la prosopopea incalcolabile rende meno godibile la proposta. 6,5/10

Nation Of Ulysses - Plays Pretty for Baby (1992): Fa una strana impressione sentire Ian Svenonius dimenarsi su una base hardcore, in verità abbastanza banale. Ovviamente era lui il valore aggiunto di una band che forse non aveva un granchè di significativo da proporre. Make Up alle porte e ben altro spessore. 6,5/10

Leonard Cohen - Songs Of Leonard Cohen (1967): Bello, bellissimo, ma di un anticheria che non giustifica un post intero, per quanto stringato o tirato via alla bell'e meglio. Comunque, tanto di cappello anche dopo 50 anni. 7/10

Univers Zero - Heresie (1979): Post-RIO quasi interamente orchestrale. Difficile negarne la perizia e la preparazione, tuttavia la monocromaticità è una brutta bestia. 6/10

Atoll - Tertio (1977): I grandi Atoll di L'Araignée-Mal, due anni dopo, senza più il violinista in formazione ed a fare i conti col manierismo dilagante ed imperante del progressive, nonostante una perizia ed una passione indiscutibili. Restavano fra i migliori, comunque. 6,5/10

Associates - The Affectionate Punch (1980): Anche in un contesto produttivo più secco e classicamente wave, gli Associates denunciavano una carica teatrale che, ohibò, piace o non piace. A dispetto di un songwriting non sempre brillantissimo, le chitarre comunque facevano un buon lavoro. 6,5/10

Have A Nice Life - Voids II (2014): Raccolta apparsa misteriosamente in rete, e forse neanche riconosciuta dal duo. Versioni alternative dal capolavoro, qualche strumentale atmosferico, un paio di ballads insensate. Qualche brivido affiora sempre, ma siamo sempre dalle parti del barile raschiato. 6,5/10

Jacob's Mouse ‎- I'm Scared (1993): Indie-rock UK barricadero di cui il primo Blow Up parlava molto bene in un servizione dedicato alle scene meno in vista nella Perfida dei primi nineties. Tutto sommato interessante per le contaminazioni, ma sempre di indie si trattava, con pochi compromessi. Dignitoso. 6/10

Valerio Tricoli ‎- Clonic Earth (2016): Meglio del precedente, ma resta l'impressione di un ermetismo sonoro molto fine a sè stesso. O, come nel precedente, non capisco niente io. 6/10