domenica 31 marzo 2019

Scarti da TM #44

Pontiak - Dialectic of Ignorance (2017): Pur continuando a tenere una più che buona qualità media, noto che i Pontiak forse hanno raggiunto il punto di saturazione. Più di un momento di DOI mi ha ricordato i Pink Floyd della maturità, e non è un male ma forse la carenza di reale ispirazione è il pericolo dietro l'angolo per il loro suono bello pieno saturo. 6,5/10


Equiknoxx - Bird Sound Power (2016): Un elettronica stentorea, con un pizzico di rappato, improntata su un songwriting interessante e non algido. 6,5/10

Suishou No Fune - Suishou No Fune (2005): Debutto del duo nipponico che 3 anni dopo farà grandi cose con Prayer for chibi. Qui ancora un po' acerbi come pronipoti di Keiji Haino virato light ma già personali, con una batteria che spunta in due pezzi, una sommaria approssimazione, insomma idee chiare ma mezzi ancora lievemente deficitari. 6,5/10

Umberto Maria Giardini - Futuro Proximo (2017): Non un disco deludente, ma evidentemente sotto gli standard a cui UMG ci ha abituato. Soltanto mancano quelle impennate di magica ispirazione che lo marchiano come più grande cantautore italiano degli ultimi 20 anni. Ho avuto qualche timore, fortunatamente risolto col nuovo, splendido Forma Mentis. 6,5/10

Vic Chesnutt ‎- North Star Deserter (2007): Mi ero illuso di aver trovato un semi-idolo, seppur in ritardo. Invece temo che West of Rome sia rimasto un caso unico, perchè Drunk è deludente e anche il Chesnutt degli ultimi anni, sempre più in preda alla depressione, non mi ha entusiasmato per niente. 6/10

Buñuel ‎- The Easy Way Out (2018): Mostra leggermente la corda rispetto all'ottimo esordio il super-quartet italo-ESrobinsoniano, in classica vena 90's noise-rock, ma avvantaggiato da una produzione come sempre super-impeccabile (Iriondo) che rende giustizia piena. Mancano semplicemente i colpi di reni che avvantaggiano A resting place for strangers. 6,5/10

Hector Zazou ‎- Sahara Blue (1992): Una rassegna di ospiti di tutto rilievo per questo omaggio a Rimbaud. Il che finisce per essere una sagra della vanità, come spesso in questi casi dove il direttore si limita a comporre e a far eseguire a cotanto stuolo. Un art-world salottiero che la grande Ophelie non basta a risollevare dalla mediocrità generale. 5,5/10

Movietone ‎- Day And Night (1997): Avessi fatto io un 20 Essentials dello Slow-Core avrei barato mettendo 3 Red House Painters, 2 Codeine, 2 Idaho, e non avrei riempito i vuoti con dischi scialbi, letargici e piatti come questo. 5/10