sabato 30 novembre 2019

Scarti da TM #52

Legendary Pink Dots ‎- Malachai - Shadow Weaver Part 2 (1993): Più o meno il bello ed il brutto dei LPD: una sventagliata di stili molto intellettuale e sardonicamente psichedelica, ed una dilatazione temporale quasi insopportabile, che sgonfia il valore intrinseco di un disco che poteva essere davvero ottimale. 6/10

Anthony Moore - Pieces from the cloudland ballroom (1971): Agitatore avant-RIO con gli Slapp Happy e poi connesso agli Henry Cow, al primo solista. Il minimalismo regna sovrano, con la facciata B esuberante e colorita. La facciata A invece è un triplo canto mistico che si interseca, davvero duro da sopportare per 21 minuti. La media fa 6/10

Illusion Of Safety - Probe (1992): Un giovane Jim O'Rourke in piena sbornia sperimentale alla corte di Dan Burke. Un disco di una lunghezza spropositata, che passa dalle perforazioni auditive (le fasi migliori) a delle fasi estenuanti, interminabili, di pressochè silenzio. Appunto, kilometriche di silenzio. Ma perchè? 5/10

Anthony Pateras ‎- Blood Stretched Out (2017): Due lunghissime suite. La prima, puro strumming pianistico tempestoso, ma nulla che non facesse già Charlemagne Palestine 45 anni fa. Meglio la seconda, che sembra quasi un Chris Abrahams in vena cabarettistica. La media fa 6/10.

Strings Of Consciousness ‎- From Beyond Love (2012): Interessante esperimento fra post-rock e psichedelia, con voci diverse più o meno illustri. Il potenziale sarebbe alto, ma la disomogeneità e l'autoindulgenza la fanno da padrone. 6,5/10

Alan Vega - Station (2007): Il vecchio leone ruggiva ancora. Però, però, su quelle basi electro-clash ispide e moderne (e troppo lunghe, francamente), fa un effetto un po' rattristante: come vedere oggi un sessantenne indossare un paio di pantaloni con il risvolto altissimo, di quelli che vanno di moda fra i giovani. 6/10