IHVHLXXII - Dtxenioutha (2003): Dark-ambient dalla Cina. L'effetto curiosità cessa dopo un solo ascolto: sì, è dark-ambient ma dall'encefalogramma piatto. Non succede praticamente nulla. Gli standard del genere richiedono ben altro per l'annoverazione. 4,5/10
Nadja - When I See The Sun Always Shines On TV (2009): Disco di covers illustri (Codeine, Cure, Swans, etc), tutte passate al trattamento doom-gaze tipico di Baker. L'effetto è peggiorativo, perchè nella sua musica la composizione è l'elemento meno importante. E curiosamente la migliore è degli Slayer, perchè tira fuori una cattiveria sconosciuta. 5,5/10
Demdike Stare - Elemental (2012): Non riesco a capire tutto l'entusiasmo critico nei confronti dei DS. Elettronica impetuosa, certo, con gran bel suono, avanguardistica, ma la sostanza dove sta? Non è detto che la musica senza cuore non vada bene, anzi...Semplicemente non ci trovo nulla di strepitoso. 6/10
Cornucopia - Full Horn (1973): Pochissimi progsters, forse nessuno, ha riscosso riscontri artistici notevoli in Germania. Non fece eccezione questo ottetto, che pure pestava sui lati più contorti e complicati di un suono denso e ben orchestrato, ma mai veramente memorabile. 6,5/10
Moving Gelatine Plates - Moving Gelatine Plates (1971): Prog francese abbastanza puntuale ma non molto avanguardistico per il 1971. Gli scenari si alternano con maestria, molto buone le parti chitarristiche e la ritmica. Ma non giustifica l'inserimento nella NWW, di cui resta un nome tutto sommato minore. 6,5/10
Blue Effect - Nová Syntéza - New Synthesis (1971): Deludente replica un anno dopo Conjuncto. Qui siamo in un'area jazz-big-band tronfia e scontata, e persino gli assoli di chitarra del leader suonano scarichi nella sua bluesaggine stantia. Pessimo. 5/10.
David Sylvian - Live 1988 Nakano Sun Plaza Hall (Tokyo 1988-04-12); Tempo fa parlai di un altro live nipponico dei tempi d'oro, e mi piaciucchiò, ma non replicava la magia in studio. Questo non mi fa cambiare idea: tutto troppo perfetto, i musicisti si specchiano narcisi, le versioni non cambiano di una virgola. 6,5/10
Black Dirt Oak - Wawayanda Patent (2013): Progetto di tal Steve Gunn, chitarrista americano solitamente dedito ad un alt-indie-country con altri gruppi. Questo è un pregevole fingerpicking mistico, odorante incenso ed India, che funziona persino meglio quando supportato da una sezione ritmica. Etno-country? 7/10
Books - The Lemon of Pink (2003): Il tripudio della folk-tronica, in un disco incensatissimo dalla stampa. Non nego che le sonorità siano curiose e l'effetto sia straniante, ma il complesso mi lascia abbastanza indifferente e l'autoindulgenza trasuda da tutti i pori. 6/10
Van Der Graaf Generator - Do Not Disturb (2016): Sufficienza risicata per l'ultimo disco dei miei supereroi, a malincuore ma purtroppo non posso far finta di niente. Spero di riuscire a vederli live un'ultima volta prima del ritiro definitivo, perchè forse la vena creativa si è definitivamente chiusa e la stanchezza è fin troppo palpabile. 6/10
Get Up Kids - Something To Write Home About (1999): Mezzo voto in più per il rispetto che nutro per FF di Bastonate, che lo ritiene una pietra miliare del power-indie-pop. Per me è un disastro di pezzi melodico-testosteronizzati con le chitarre del punk, le voci adolescenziali sempre uguali ed una ovvietà imbarazzante. 4,5/10
Iceage - Plowing Into The Field Of Love (2014): Improvvisa mutazione per il gruppo di punta dell'indie-punk danese: si sono trasformati in epigoni di Nick Cave e Gun Club. Ed alla fine il risultato è persino gradevole, perchè il cantante fa una specie di pantomima grottesca che è quasi irresistibile. Ed alcuni pezzi sono anche buoni. 6,5/10
Matt Elliott - The Mess We Made (2003): Ci ho messo la buona volontà, insomma, ci ho riprovato ma con Elliott non vado d'accordo. Mi annoia a morte, mi sembra come uno che voglia sfidare i Black Heart Procession, ovvero Davide contro Golia, e non c'è scampo. 5/10
Afterhours - Folfiri O Folfox (2016): Difficile definire "ostico" o "sperimentale" un disco per un paio di stranezze, qualche ritmo storto, qualche dissonanza di chitarra, qualche ronzio atonale di violino. Il problema è che gli ultimi 3 dischi degli Afterhours vengono immancabilmente accolti come tali, ed invece altro non sono che pop-rock che ripete un modello stantio. 5/10
Nadja - When I See The Sun Always Shines On TV (2009): Disco di covers illustri (Codeine, Cure, Swans, etc), tutte passate al trattamento doom-gaze tipico di Baker. L'effetto è peggiorativo, perchè nella sua musica la composizione è l'elemento meno importante. E curiosamente la migliore è degli Slayer, perchè tira fuori una cattiveria sconosciuta. 5,5/10
Demdike Stare - Elemental (2012): Non riesco a capire tutto l'entusiasmo critico nei confronti dei DS. Elettronica impetuosa, certo, con gran bel suono, avanguardistica, ma la sostanza dove sta? Non è detto che la musica senza cuore non vada bene, anzi...Semplicemente non ci trovo nulla di strepitoso. 6/10
Cornucopia - Full Horn (1973): Pochissimi progsters, forse nessuno, ha riscosso riscontri artistici notevoli in Germania. Non fece eccezione questo ottetto, che pure pestava sui lati più contorti e complicati di un suono denso e ben orchestrato, ma mai veramente memorabile. 6,5/10
Moving Gelatine Plates - Moving Gelatine Plates (1971): Prog francese abbastanza puntuale ma non molto avanguardistico per il 1971. Gli scenari si alternano con maestria, molto buone le parti chitarristiche e la ritmica. Ma non giustifica l'inserimento nella NWW, di cui resta un nome tutto sommato minore. 6,5/10
Blue Effect - Nová Syntéza - New Synthesis (1971): Deludente replica un anno dopo Conjuncto. Qui siamo in un'area jazz-big-band tronfia e scontata, e persino gli assoli di chitarra del leader suonano scarichi nella sua bluesaggine stantia. Pessimo. 5/10.
David Sylvian - Live 1988 Nakano Sun Plaza Hall (Tokyo 1988-04-12); Tempo fa parlai di un altro live nipponico dei tempi d'oro, e mi piaciucchiò, ma non replicava la magia in studio. Questo non mi fa cambiare idea: tutto troppo perfetto, i musicisti si specchiano narcisi, le versioni non cambiano di una virgola. 6,5/10
Black Dirt Oak - Wawayanda Patent (2013): Progetto di tal Steve Gunn, chitarrista americano solitamente dedito ad un alt-indie-country con altri gruppi. Questo è un pregevole fingerpicking mistico, odorante incenso ed India, che funziona persino meglio quando supportato da una sezione ritmica. Etno-country? 7/10
Books - The Lemon of Pink (2003): Il tripudio della folk-tronica, in un disco incensatissimo dalla stampa. Non nego che le sonorità siano curiose e l'effetto sia straniante, ma il complesso mi lascia abbastanza indifferente e l'autoindulgenza trasuda da tutti i pori. 6/10
Van Der Graaf Generator - Do Not Disturb (2016): Sufficienza risicata per l'ultimo disco dei miei supereroi, a malincuore ma purtroppo non posso far finta di niente. Spero di riuscire a vederli live un'ultima volta prima del ritiro definitivo, perchè forse la vena creativa si è definitivamente chiusa e la stanchezza è fin troppo palpabile. 6/10
Get Up Kids - Something To Write Home About (1999): Mezzo voto in più per il rispetto che nutro per FF di Bastonate, che lo ritiene una pietra miliare del power-indie-pop. Per me è un disastro di pezzi melodico-testosteronizzati con le chitarre del punk, le voci adolescenziali sempre uguali ed una ovvietà imbarazzante. 4,5/10
Iceage - Plowing Into The Field Of Love (2014): Improvvisa mutazione per il gruppo di punta dell'indie-punk danese: si sono trasformati in epigoni di Nick Cave e Gun Club. Ed alla fine il risultato è persino gradevole, perchè il cantante fa una specie di pantomima grottesca che è quasi irresistibile. Ed alcuni pezzi sono anche buoni. 6,5/10
Matt Elliott - The Mess We Made (2003): Ci ho messo la buona volontà, insomma, ci ho riprovato ma con Elliott non vado d'accordo. Mi annoia a morte, mi sembra come uno che voglia sfidare i Black Heart Procession, ovvero Davide contro Golia, e non c'è scampo. 5/10
Afterhours - Folfiri O Folfox (2016): Difficile definire "ostico" o "sperimentale" un disco per un paio di stranezze, qualche ritmo storto, qualche dissonanza di chitarra, qualche ronzio atonale di violino. Il problema è che gli ultimi 3 dischi degli Afterhours vengono immancabilmente accolti come tali, ed invece altro non sono che pop-rock che ripete un modello stantio. 5/10
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