Camel - Breathless (1978): Indifendibile nonostante l'indiscutibile maestria e perizia dei membri. Un'acquetta prog-pop che ha due soli momenti di gloria (guardacaso le due tracce più lunghe) e per il resto un solluchero stucchevole e così banale da non farmi arrivare alla fine di alcuni pezzi. 4,5/10
Evan Parker & Paul Lytton - Collective calls (urban) (two microphones) (1972): Free-jazz di quello forte, ma davvero forte, talmente forte che diventa troppo anche per me. Quel che si direbbe un disco iconoclastico. Un po' peso. 6/10
Philippe Doray & Les Asociaux Associés - Ramasse-Miettes Nucléaires (1977): Strano oggetto, difficile da inquadrare; c'è dell'elettronica, c'è della teatralità viscerale tipicamente francese, c'è qualche schitarrata grintosa. Coesione però pari quasi a zero, e lascia sostanzialmente l'interrogativo sul senso dell'operazione. 5,5/10
Anatrofobia - Brevi Momenti Di Presenza (2007): I Supersilent del Piemonte, con un disco spezzettatissimo e ricco di silenzi e sfumature. La predominanza jazz li rende più ruspanti, ma le componenti elettroniche sono importanti nell'economia. Difficile da assimilare per quanto sia sostianzialmente "educato". 6,5/10
Scraping Foetus Off The Wheel - Hole (1984): Cabaret industriale cattivo e spietato per Thirlwell in uno dei suoi dischi più celebrati. Certo la comprensione delle tematiche avrebbe aiutato di più, per un disco che sembra la versione cibernetica del Nick Cave più scatenato. 6,5/10
Flavio Giurato - Per Futili Motivi (1978): Al debutto, FG dimostrava già una classe ed un modus operandi diverso da tutti. I suoni sono art-songwriting in linea con le produzioni di quegli anni, il disco è un concept e forse soffre di un eccessiva ambizione e costrizione, le singole canzoni sono altalenanti; quelle buone fanno la differenza (Mauro). 7/10
John Martyn - Sunday's Child (1975): Diceva che aveva iniziato a suonare per le ragazze, perchè ai tempi bastava una chitarra su un palco e ne potevi avere quante ne volevi. Poi dopo si fece prendere la mano dalla musica. Più lo ascolto più penso che sia stato un opportunista, certamente di talento, ma destinato a lasciare poco di significativo. 6/10
Arachnoid - Arachnoid (1979): Tardo prog francese come altri acts che ci ha fatto conoscere Vlad Tepes tempo fa. Questo è davvero di buona fattura, immerso nel suo anno, con i pregi ed i difetti del caso. 6,5/10
Robert Calvert – Lucky Leif And The Longships (1975): Pessimo seguito di quell'esordio che era piaciuto per la sua mediazione fra Hawkwind e grezza e genuina freakitudine. Qui Calvert si dà alle parodie, ad un art-rock piatto e debole, forse perchè più imperniato sul concept letterario. 5/10
Fugazi - Steady Diet Of Nothing (1991): Meno emotivo di Repeater, meno diretto di In On the killtaker e meno sperimentale di Red Medicine. Ma dire che i Fugazi hanno fatto un disco di transizione suona come una bestemmia, per cui possiamo affermare che si tratta soltanto del meno esaltante, ecco. 7/10
Ride - Going Blank Again (1992): All'epoca il cd era un mio obiettivo perchè Ciccio Smith era loro fan, ma il prezzo non calava mai e non se ne fece nulla. Mi sono perso una debacle totale, un arrendersi al jingle-jangle-pop delle spinte major, un quasi rinnegare un esordio che era stato manifesto dello shoegaze più artistico. 5/10
N.A.D.M.A. - Uno Zingaro Di Atlante Con Un Fiore A New York (1973): Free-ethno-jazz, molto più squilibrato degli Aktuala. Meglio i momenti più quieti che quelli imbizzarriti. Resta un ascolto molto molto riservato agli amanti, per l'evidente datatura. 6/10
Twenty Sixty Six And Then - Reflections On The Future (1972): Dalla List, un teutonico hard-prog, fra Deep Purple e una versione muscolare dei Jethro Tull. Nel complesso più che buono, se non fosse per un canto che enfatizza anche troppo. Effetti del tempo. Come dice Vlad, vale comunque un ascolto per documentarsi maggiormente. 6,5/10
Pierrot Lunaire - Gudrun (1976): Difficile contestare l'ambizione ed il coraggio di un unità italica che spaziava fra elettronica, progressive, folk, lirica ed operistica; sperimentazione che però a più riprese appare incostante, fuori fuoco, con momenti un po' difficili da digerire che vanificano altri passaggi esaltanti. Insomma, il troppo ha stroppiato. 6,5/10
TV On The Radio - Desperate Youth, Blood Thirsty Babes (2004): Dimenticavo un'influenza quando scrivevo degli Algiers, che si trova sicuramente nei TOTR, al netto però di quella rassicurante indole pop che, per quanto potesse essere nobile, è comunque smaccata e non troppo esaltante. 6,5/10
Klf - Chill Out (1990): Viene descritto come una delle pietre miliari dell'ambient-house, ma io non sono per niente d'accordo; un concept fluttuante troppo spezzettato da campioni troppo eterogenei, troppo sfocato e privo di una potenza espressiva che stava alla base del genere. Gli Orb trarranno il meglio da questo concetto, con risultati anni luce. 6/10
Todo Modo - Prega Per Me (2017): Vale lo stesso discorso dei supposti "album sperimentali" degli Afterhours, con l'aggravante che qui ci sono due ex, di cui uno il pur rispettabile Iriondo. Inaccettabile il fatto che si passi questa roba per avant, quando nella maggior parte del tempo è acquetta pop mascherata da una scorza ruvida che, francamente, fa il solletico. 4,5/10
Gila - Bury My Heart At Wounded Knee (1973): Passo indietro dopo il debutto, un ottimo esempio di acid-rock teutonico; l'ingresso di Fricke donava partiture di piano eleganti ad una manciata di pezzi sostanzialmente folk, a tratti elettrificato, con composizioni neanche troppo memorabili. Un discreto ascolto e nulla più. 6,5/10
Caboto - Hidden Or Just Gone (2006): Interessante combo italico che propone un mix di post-rock, post-jazz e qualcos'altro che per l'appunto mi sfugge, aumentando la curiosità. Peccato che al secondo ascolto perda parziale interesse, nonostante la perizia tecnica e la complessità degli schemi. Troppo bravi? 6,5/10
Evan Parker & Paul Lytton - Collective calls (urban) (two microphones) (1972): Free-jazz di quello forte, ma davvero forte, talmente forte che diventa troppo anche per me. Quel che si direbbe un disco iconoclastico. Un po' peso. 6/10
Philippe Doray & Les Asociaux Associés - Ramasse-Miettes Nucléaires (1977): Strano oggetto, difficile da inquadrare; c'è dell'elettronica, c'è della teatralità viscerale tipicamente francese, c'è qualche schitarrata grintosa. Coesione però pari quasi a zero, e lascia sostanzialmente l'interrogativo sul senso dell'operazione. 5,5/10
Anatrofobia - Brevi Momenti Di Presenza (2007): I Supersilent del Piemonte, con un disco spezzettatissimo e ricco di silenzi e sfumature. La predominanza jazz li rende più ruspanti, ma le componenti elettroniche sono importanti nell'economia. Difficile da assimilare per quanto sia sostianzialmente "educato". 6,5/10
Scraping Foetus Off The Wheel - Hole (1984): Cabaret industriale cattivo e spietato per Thirlwell in uno dei suoi dischi più celebrati. Certo la comprensione delle tematiche avrebbe aiutato di più, per un disco che sembra la versione cibernetica del Nick Cave più scatenato. 6,5/10
Flavio Giurato - Per Futili Motivi (1978): Al debutto, FG dimostrava già una classe ed un modus operandi diverso da tutti. I suoni sono art-songwriting in linea con le produzioni di quegli anni, il disco è un concept e forse soffre di un eccessiva ambizione e costrizione, le singole canzoni sono altalenanti; quelle buone fanno la differenza (Mauro). 7/10
John Martyn - Sunday's Child (1975): Diceva che aveva iniziato a suonare per le ragazze, perchè ai tempi bastava una chitarra su un palco e ne potevi avere quante ne volevi. Poi dopo si fece prendere la mano dalla musica. Più lo ascolto più penso che sia stato un opportunista, certamente di talento, ma destinato a lasciare poco di significativo. 6/10
Arachnoid - Arachnoid (1979): Tardo prog francese come altri acts che ci ha fatto conoscere Vlad Tepes tempo fa. Questo è davvero di buona fattura, immerso nel suo anno, con i pregi ed i difetti del caso. 6,5/10
Robert Calvert – Lucky Leif And The Longships (1975): Pessimo seguito di quell'esordio che era piaciuto per la sua mediazione fra Hawkwind e grezza e genuina freakitudine. Qui Calvert si dà alle parodie, ad un art-rock piatto e debole, forse perchè più imperniato sul concept letterario. 5/10
Fugazi - Steady Diet Of Nothing (1991): Meno emotivo di Repeater, meno diretto di In On the killtaker e meno sperimentale di Red Medicine. Ma dire che i Fugazi hanno fatto un disco di transizione suona come una bestemmia, per cui possiamo affermare che si tratta soltanto del meno esaltante, ecco. 7/10
Ride - Going Blank Again (1992): All'epoca il cd era un mio obiettivo perchè Ciccio Smith era loro fan, ma il prezzo non calava mai e non se ne fece nulla. Mi sono perso una debacle totale, un arrendersi al jingle-jangle-pop delle spinte major, un quasi rinnegare un esordio che era stato manifesto dello shoegaze più artistico. 5/10
N.A.D.M.A. - Uno Zingaro Di Atlante Con Un Fiore A New York (1973): Free-ethno-jazz, molto più squilibrato degli Aktuala. Meglio i momenti più quieti che quelli imbizzarriti. Resta un ascolto molto molto riservato agli amanti, per l'evidente datatura. 6/10
Twenty Sixty Six And Then - Reflections On The Future (1972): Dalla List, un teutonico hard-prog, fra Deep Purple e una versione muscolare dei Jethro Tull. Nel complesso più che buono, se non fosse per un canto che enfatizza anche troppo. Effetti del tempo. Come dice Vlad, vale comunque un ascolto per documentarsi maggiormente. 6,5/10
Pierrot Lunaire - Gudrun (1976): Difficile contestare l'ambizione ed il coraggio di un unità italica che spaziava fra elettronica, progressive, folk, lirica ed operistica; sperimentazione che però a più riprese appare incostante, fuori fuoco, con momenti un po' difficili da digerire che vanificano altri passaggi esaltanti. Insomma, il troppo ha stroppiato. 6,5/10
TV On The Radio - Desperate Youth, Blood Thirsty Babes (2004): Dimenticavo un'influenza quando scrivevo degli Algiers, che si trova sicuramente nei TOTR, al netto però di quella rassicurante indole pop che, per quanto potesse essere nobile, è comunque smaccata e non troppo esaltante. 6,5/10
Klf - Chill Out (1990): Viene descritto come una delle pietre miliari dell'ambient-house, ma io non sono per niente d'accordo; un concept fluttuante troppo spezzettato da campioni troppo eterogenei, troppo sfocato e privo di una potenza espressiva che stava alla base del genere. Gli Orb trarranno il meglio da questo concetto, con risultati anni luce. 6/10
Todo Modo - Prega Per Me (2017): Vale lo stesso discorso dei supposti "album sperimentali" degli Afterhours, con l'aggravante che qui ci sono due ex, di cui uno il pur rispettabile Iriondo. Inaccettabile il fatto che si passi questa roba per avant, quando nella maggior parte del tempo è acquetta pop mascherata da una scorza ruvida che, francamente, fa il solletico. 4,5/10
Gila - Bury My Heart At Wounded Knee (1973): Passo indietro dopo il debutto, un ottimo esempio di acid-rock teutonico; l'ingresso di Fricke donava partiture di piano eleganti ad una manciata di pezzi sostanzialmente folk, a tratti elettrificato, con composizioni neanche troppo memorabili. Un discreto ascolto e nulla più. 6,5/10
Caboto - Hidden Or Just Gone (2006): Interessante combo italico che propone un mix di post-rock, post-jazz e qualcos'altro che per l'appunto mi sfugge, aumentando la curiosità. Peccato che al secondo ascolto perda parziale interesse, nonostante la perizia tecnica e la complessità degli schemi. Troppo bravi? 6,5/10
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