Sun Araw - Ancient Romans (2011): Molto intrigante il concept sull'antica Roma, ma Cameron Stallones qui ha toppato. Un album troppo lungo, troppo diluito, in cui le idee vengono spalmate fino alla disidratazione totale. 5,5/10
Baker ⁄ Coloccia ⁄ Mueller - See Through (2019): Una specie di ambiet tribal-ritualistica, con i vocalizzi estatici della Coloccia, i tappeti estetici di Baker e le percussioni ipnotiche di Mueller. L'effetto finale è anestetico. E non è un grosso complimento. 6/10
Ain Soph - Kshatriya (1988): Sigla italica di lungo corso dell'esoterismo. Musica per rituali magici. La prima metà del disco è di una pesantezza mortale. La seconda migliora decisamente, ma non basta per averne una reputazione buona. 6/10
Mogwai - Every Country's Sun (2017): Stanchezza, al primo disco dopo la dolorosa defezione di Cummings, la prima nella loro storia. Stanchezza che si fa quasi dilagante nella seconda metà del disco, dopo che la prima si era confermata agli ottimi livelli degli ultimi 4/5 anni. Ma diciamo che c'è più di una giustificazione. 6,5/10
Alternative TV & Here And Now - What You See... Is What You Are (1978): Live-Split inspiegabile, sopratutto per l'epoca ma si sa che Mark Perry era un bastian contrario inguaribile. La facciata ATV è quella che comparirà sulla ristampa di Vibing Up...., proditorio e punk-art-punk in rapida progressione. Terribili invece gli Here And Now, con un hard-space-rock dozzinale e dilettantistico. La media fa 6/10
Father Murphy - Rising. A Requiem..(2018): Triste commiato per quest'epica band italo/cittadina del mondo. Capisco la concettualità e tutto, ma si tratta praticamente di una statica liturgia per voci e pochissima strumentazione, con dell'elettroacustica che non ha mai centrato nulla con loro, con zero dinamiche. Sono stati grandi comunque. 5/10
Gentle Giant - Acquiring The Taste (1971): Troppo elaborato, estetico e multiforme, paradossalmente. I GG non erano per tutti ed avrebbero focalizzato meglio negli anni successivi la loro infinita ambizione. 6,5/10
Windhand - Grief's Infernal Flower (2015): Speravo che i Windhand si evolvessero verso qualcosa di più maturo del doom neo-classico, perchè la voce della cantante e qualche buona trovata non bastano a tenere desta l'attenzione. Invece questo album conferma i loro limiti, aggravato dall'eccessiva lunghezza. Grande Kingfisher, almeno. 6,5/10
Slits - Cut (1979): Davvero paradossale leggere che si tratta di una pietra miliare del post-punk. Per me si tratta di un album di pop mascherato alla Clash, ma molto più edulcorato e pulitino. O una parodia di Siouxsie che si mette a cantare motivetti demenziali. Bah. 5/10
Giles, Giles And Fripp - The Cheerful Insanity Of GGF (1968): Appena un anno prima di In The Court of KC, il primo passo di Fripp coi fratelli Giles per quello che restava un disco di vaudeville, per quanto elegante, sofisticato ed impreziosito dalle prodezze di Mastro Bob, già un fenomeno a 22 anni. 6,5/10
Paternoster - Paternoster (1972): Terribile psych-rock ecclesiastico da parte di una sotterranea unità viennese, unico album in vita. Alla fine, se ci si arriva con un minimo di vita, si odia il suono dell'organo quanto la voce del cantante e come se non bastasse, ci si sente più atei di prima. 4,5/10
LR & Puce Mary - The Closed Room (2011): Electro-drone-noise non eccessivamente ottundente, nè sofisticatamente elaborato. Interessante ma un po' lungo. 6/10
Kukangendai - Palm (2019): Clamorosa delusione per il nuovo dei 3 nippos ultra-math. Un disco dall'evidente approccio psichico, che resta pressochè dormiente, minimale, senza nessuna variazione per ogni tema, senza scossoni. Noioso, nonostante il suono sia perfetto. 6/10
Mark Kozelek With Ben Boye And Jim White - s/t (2017): Markone contagia persino suoi collaboratori estemporanei e dai curriculum esemplari. Musicalmente ci saremmo anche, con uno scazzato ghost-post-jazz-folk per lui inedito, ed un paio di pezzi sono anche molto belli, ma la sbrodolatura generale ed il kilometraggio lascia esanimi a terra, al termine. 5,5/10
Baker ⁄ Coloccia ⁄ Mueller - See Through (2019): Una specie di ambiet tribal-ritualistica, con i vocalizzi estatici della Coloccia, i tappeti estetici di Baker e le percussioni ipnotiche di Mueller. L'effetto finale è anestetico. E non è un grosso complimento. 6/10
Ain Soph - Kshatriya (1988): Sigla italica di lungo corso dell'esoterismo. Musica per rituali magici. La prima metà del disco è di una pesantezza mortale. La seconda migliora decisamente, ma non basta per averne una reputazione buona. 6/10
Mogwai - Every Country's Sun (2017): Stanchezza, al primo disco dopo la dolorosa defezione di Cummings, la prima nella loro storia. Stanchezza che si fa quasi dilagante nella seconda metà del disco, dopo che la prima si era confermata agli ottimi livelli degli ultimi 4/5 anni. Ma diciamo che c'è più di una giustificazione. 6,5/10
Alternative TV & Here And Now - What You See... Is What You Are (1978): Live-Split inspiegabile, sopratutto per l'epoca ma si sa che Mark Perry era un bastian contrario inguaribile. La facciata ATV è quella che comparirà sulla ristampa di Vibing Up...., proditorio e punk-art-punk in rapida progressione. Terribili invece gli Here And Now, con un hard-space-rock dozzinale e dilettantistico. La media fa 6/10
Father Murphy - Rising. A Requiem..(2018): Triste commiato per quest'epica band italo/cittadina del mondo. Capisco la concettualità e tutto, ma si tratta praticamente di una statica liturgia per voci e pochissima strumentazione, con dell'elettroacustica che non ha mai centrato nulla con loro, con zero dinamiche. Sono stati grandi comunque. 5/10
Gentle Giant - Acquiring The Taste (1971): Troppo elaborato, estetico e multiforme, paradossalmente. I GG non erano per tutti ed avrebbero focalizzato meglio negli anni successivi la loro infinita ambizione. 6,5/10
Windhand - Grief's Infernal Flower (2015): Speravo che i Windhand si evolvessero verso qualcosa di più maturo del doom neo-classico, perchè la voce della cantante e qualche buona trovata non bastano a tenere desta l'attenzione. Invece questo album conferma i loro limiti, aggravato dall'eccessiva lunghezza. Grande Kingfisher, almeno. 6,5/10
Slits - Cut (1979): Davvero paradossale leggere che si tratta di una pietra miliare del post-punk. Per me si tratta di un album di pop mascherato alla Clash, ma molto più edulcorato e pulitino. O una parodia di Siouxsie che si mette a cantare motivetti demenziali. Bah. 5/10
Giles, Giles And Fripp - The Cheerful Insanity Of GGF (1968): Appena un anno prima di In The Court of KC, il primo passo di Fripp coi fratelli Giles per quello che restava un disco di vaudeville, per quanto elegante, sofisticato ed impreziosito dalle prodezze di Mastro Bob, già un fenomeno a 22 anni. 6,5/10
Paternoster - Paternoster (1972): Terribile psych-rock ecclesiastico da parte di una sotterranea unità viennese, unico album in vita. Alla fine, se ci si arriva con un minimo di vita, si odia il suono dell'organo quanto la voce del cantante e come se non bastasse, ci si sente più atei di prima. 4,5/10
LR & Puce Mary - The Closed Room (2011): Electro-drone-noise non eccessivamente ottundente, nè sofisticatamente elaborato. Interessante ma un po' lungo. 6/10
Kukangendai - Palm (2019): Clamorosa delusione per il nuovo dei 3 nippos ultra-math. Un disco dall'evidente approccio psichico, che resta pressochè dormiente, minimale, senza nessuna variazione per ogni tema, senza scossoni. Noioso, nonostante il suono sia perfetto. 6/10
Mark Kozelek With Ben Boye And Jim White - s/t (2017): Markone contagia persino suoi collaboratori estemporanei e dai curriculum esemplari. Musicalmente ci saremmo anche, con uno scazzato ghost-post-jazz-folk per lui inedito, ed un paio di pezzi sono anche molto belli, ma la sbrodolatura generale ed il kilometraggio lascia esanimi a terra, al termine. 5,5/10
Nessun commento:
Posta un commento