Stereolab - Mars Audiac Quintet (1994): Non mi dicevano nulla allora e continuo a restare indifferente ad uno dei gruppi più esaltati di quei tempi. Una formula che scopiazzava i ritmi dei Neu! in un contesto pop-zuccheroso, a tratti gradevole ma di una lunghezza sfiancante e con quel Farfisa persistente che dopo un po' diventa ottundente come il trapano del dentista. Croce sopra, definitivamente. 5/10
L'Uovo Di Colombo - L'Uovo Di Colombo (1973): File under: ciofeche dell'It-Prog che soltanto i più duri ed incalliti nostalgici possono (tentare di) rivalutare. Che poi anche solo dire Prog fa rabbrividire, per questo technic-hard-pop testosteronico, ruffiano e privo di qualsiasi sensibilità o emozione. Blah. 4/10
Lawrence Weiner - Niets Aan Verloren ⁄ Nothing To Lose (1976): Assurdità della List, di quelle che voglio proprio esagerare. Artista visivo newyorkese, specializzato in installazioni a parete. Mezz'ora di parlato di lui ed una signorina olandese, con fare neutro e distaccato, con l'unico sottofondo di qualche nota di carillon. Eccessivo, decisamente. 4/10
75 Dollar Bill - Wooden Bag (2015): Tutti entusiasti per i 75DB, ma tutti, eh. Un duo per chitarra blues indefessa e lattina con sabbia a mo' di percussione. Uno sbrodolamento interminabile, che gira attorno ad un riff unico per ciascun pezzo (uno arriva a 15 minuti). Non capisco neanche come si faccia a tirare in ballo il Capitano. 5/10
Levinhurst - Perfect Life (2004): Ho letto l'autobiografia del buon Lol e ho pensato, ma dai, sentiamo Levinhurst. Non pensavo che fosse in grado di combinare un orrore del genere: un synthpop becero e triviale, con l'aggravante della voce della sua signora, che dire insipida è farle un complimento. Ma darle la colpa sarebbe ingeneroso. Quanti danni che fanno i mariti, a volte.....4/10
Giles Corey - Hinterkaifeck EP (2013): Dan Barrett con un EP interlocutorio ma rivelatore, dopo un buon debutto ed un seguito debilitante. Un quarto d'ora di slow-folk ultra dolente e sconfortato, dall'approccio cosmico molto personale (e comunque ampiamente riconducibile agli HANL). Per completisti, comunque. 6,5/10
Eluvium - Pianoworks (2019): Raccolta di compassate sonate per solo piano per Cooper, in un edizione che col secondo cd bonus comprende riletture del suo primo repertorio. Un ascolto gradevole ed impeccabile l'esecuzione, ma interlocutorio ai fini del suo percorso. Dire che ha fatto di meglio nella sua carriera è lapalissiano. 6,5/10
Damon Edge - The Wind Is Talking (1985): Non erano neanche il diavolo, i solisti di DE post-HC. Forse, immersi in una nebbia synth-goth androide allucinata e perversa, erano meglio dei coevi dei suoi Chrome, sempre più triti e ritriti. Certo, la monotonia un po' si fa sentire alla lunga ma l'effetto conturbante è garantito. 6,5/10
Mike Cooper & Machine Gun Co. - The Machine Gun Co. With Mike Cooper (1972): Quando ho letto su BU delle sue ristampe, speravo di aver trovato una gemma nascosta dei '70. Peccato, solo un onesto cantautore di folk/blues-rock di serie B. 6,5/10
Synergy - Cords (1978): Synth-library di grande effetto, forse alle orecchie degli americani. Qualche momento buono c'è, ma la prosopopea generale e l'enfasi gigantesca ridimensionano il risultato finale. 6/10
Mark Stewart - As the Veneer of Democracy Starts to Fade (1985): Sempre più proiettato verso un elettronica schizoide, MS si lasciava alle spalle i fasti semi-analogici del lustro precedente e si ciberneticizzava definitivamente. Ma così facendo perdeva l'impatto fisico del suo genio, facendo in modo che la sua voce non risaltasse. 6,5/10
Gino D'Eliso - Ti Ricordi Vienna? (1977): Clamorosa svolta a svendersi di Gino, appena un anno dopo il bellissimo Il Mare. Cantilene raffinate ed eleganti ma eccessivamente stucchevoli, in pratica sarebbe stato pronto per Sanremo, con una verve disco-funky a tratti a dir poco irritante. 5/10
Comsat Angels - Waiting For A Miracle (1980): Piuttosto acerbi i primissimi CA, con un post-punk già abbondantemente superato come arrangiamenti (lo si confronti con Closer e ci sarà da impallidire, ad esempio) e poco ricco come songwriting. 6/10
Ryuichi Sakamoto - Thousand Knives Of (1978): Il primo album di RS, uno sforzo di sfarzo elettronico e pompa magna, questo è quanto ci sento io. La stoffa e la classe sprecate in un vuoto, vacuo, autoindulgente stuolo di esercizi. 5,5/10
Gentle Giant - In A Glass House (1973): Il paradosso più grande del prog: una preparazione terrificante e il non saper condensare un disco con emozioni annesse. Una condanna che a fasi alterne ha condizionato questa grande band, capace di fare qualsiasi cosa. 6,5/10
Blue Oyster Cult - Tyranny and mutation (1973): Sofisticati quanto rotolanti, i BOC del secondo album perdevano quella genuinità che aveva reso speciale il debutto. E' un assortimento forse più potente ma meno espressivo, e con una produzione che danneggiava le dinamiche. 6/10
Nine Inch Nails - The Downward Spiral (1994): Cosa ci devo fare, non mi piace, non mi è mai piaciuto. Già all'epoca, vedevo il video di March Of The Pigs e pensavo, beh bello, però mi sa di falso, di costruito in provetta, non ha un granchè di genuino. Dopo 25 anni la penso uguale; è chiaro che mi sfugge qualcosa, perchè ha preso 8/9 da tutti. 6,5/10
Roger O'Donnell - Songs From The Silver Box (2008): Nessuna speranza. La musica di RO'D è un dispiego mellifluo e sonnolento a base di moog, ed in questo disco, con qualche voce femminile e qualche beat sintetico. Un dolce sprofondare nella noia più sconfinata. 5/10
Cat Power - Wanderer (2018): Il ritorno all'antica formula confidenziale è stata una bella sorpresa per Chan, dopo le sbornie pop&soul che l'hanno imbarbarita senza ritorno. Certo Wanderer è stato un buon tuffetto al cuore, ma gli anni passano e resta difficile eguagliare non solo le vette, ma anche solo gli stati d'animo. 6,5/10
L'Uovo Di Colombo - L'Uovo Di Colombo (1973): File under: ciofeche dell'It-Prog che soltanto i più duri ed incalliti nostalgici possono (tentare di) rivalutare. Che poi anche solo dire Prog fa rabbrividire, per questo technic-hard-pop testosteronico, ruffiano e privo di qualsiasi sensibilità o emozione. Blah. 4/10
Lawrence Weiner - Niets Aan Verloren ⁄ Nothing To Lose (1976): Assurdità della List, di quelle che voglio proprio esagerare. Artista visivo newyorkese, specializzato in installazioni a parete. Mezz'ora di parlato di lui ed una signorina olandese, con fare neutro e distaccato, con l'unico sottofondo di qualche nota di carillon. Eccessivo, decisamente. 4/10
75 Dollar Bill - Wooden Bag (2015): Tutti entusiasti per i 75DB, ma tutti, eh. Un duo per chitarra blues indefessa e lattina con sabbia a mo' di percussione. Uno sbrodolamento interminabile, che gira attorno ad un riff unico per ciascun pezzo (uno arriva a 15 minuti). Non capisco neanche come si faccia a tirare in ballo il Capitano. 5/10
Levinhurst - Perfect Life (2004): Ho letto l'autobiografia del buon Lol e ho pensato, ma dai, sentiamo Levinhurst. Non pensavo che fosse in grado di combinare un orrore del genere: un synthpop becero e triviale, con l'aggravante della voce della sua signora, che dire insipida è farle un complimento. Ma darle la colpa sarebbe ingeneroso. Quanti danni che fanno i mariti, a volte.....4/10
Giles Corey - Hinterkaifeck EP (2013): Dan Barrett con un EP interlocutorio ma rivelatore, dopo un buon debutto ed un seguito debilitante. Un quarto d'ora di slow-folk ultra dolente e sconfortato, dall'approccio cosmico molto personale (e comunque ampiamente riconducibile agli HANL). Per completisti, comunque. 6,5/10
Eluvium - Pianoworks (2019): Raccolta di compassate sonate per solo piano per Cooper, in un edizione che col secondo cd bonus comprende riletture del suo primo repertorio. Un ascolto gradevole ed impeccabile l'esecuzione, ma interlocutorio ai fini del suo percorso. Dire che ha fatto di meglio nella sua carriera è lapalissiano. 6,5/10
Damon Edge - The Wind Is Talking (1985): Non erano neanche il diavolo, i solisti di DE post-HC. Forse, immersi in una nebbia synth-goth androide allucinata e perversa, erano meglio dei coevi dei suoi Chrome, sempre più triti e ritriti. Certo, la monotonia un po' si fa sentire alla lunga ma l'effetto conturbante è garantito. 6,5/10
Mike Cooper & Machine Gun Co. - The Machine Gun Co. With Mike Cooper (1972): Quando ho letto su BU delle sue ristampe, speravo di aver trovato una gemma nascosta dei '70. Peccato, solo un onesto cantautore di folk/blues-rock di serie B. 6,5/10
Synergy - Cords (1978): Synth-library di grande effetto, forse alle orecchie degli americani. Qualche momento buono c'è, ma la prosopopea generale e l'enfasi gigantesca ridimensionano il risultato finale. 6/10
Mark Stewart - As the Veneer of Democracy Starts to Fade (1985): Sempre più proiettato verso un elettronica schizoide, MS si lasciava alle spalle i fasti semi-analogici del lustro precedente e si ciberneticizzava definitivamente. Ma così facendo perdeva l'impatto fisico del suo genio, facendo in modo che la sua voce non risaltasse. 6,5/10
Gino D'Eliso - Ti Ricordi Vienna? (1977): Clamorosa svolta a svendersi di Gino, appena un anno dopo il bellissimo Il Mare. Cantilene raffinate ed eleganti ma eccessivamente stucchevoli, in pratica sarebbe stato pronto per Sanremo, con una verve disco-funky a tratti a dir poco irritante. 5/10
Comsat Angels - Waiting For A Miracle (1980): Piuttosto acerbi i primissimi CA, con un post-punk già abbondantemente superato come arrangiamenti (lo si confronti con Closer e ci sarà da impallidire, ad esempio) e poco ricco come songwriting. 6/10
Ryuichi Sakamoto - Thousand Knives Of (1978): Il primo album di RS, uno sforzo di sfarzo elettronico e pompa magna, questo è quanto ci sento io. La stoffa e la classe sprecate in un vuoto, vacuo, autoindulgente stuolo di esercizi. 5,5/10
Gentle Giant - In A Glass House (1973): Il paradosso più grande del prog: una preparazione terrificante e il non saper condensare un disco con emozioni annesse. Una condanna che a fasi alterne ha condizionato questa grande band, capace di fare qualsiasi cosa. 6,5/10
Blue Oyster Cult - Tyranny and mutation (1973): Sofisticati quanto rotolanti, i BOC del secondo album perdevano quella genuinità che aveva reso speciale il debutto. E' un assortimento forse più potente ma meno espressivo, e con una produzione che danneggiava le dinamiche. 6/10
Nine Inch Nails - The Downward Spiral (1994): Cosa ci devo fare, non mi piace, non mi è mai piaciuto. Già all'epoca, vedevo il video di March Of The Pigs e pensavo, beh bello, però mi sa di falso, di costruito in provetta, non ha un granchè di genuino. Dopo 25 anni la penso uguale; è chiaro che mi sfugge qualcosa, perchè ha preso 8/9 da tutti. 6,5/10
Roger O'Donnell - Songs From The Silver Box (2008): Nessuna speranza. La musica di RO'D è un dispiego mellifluo e sonnolento a base di moog, ed in questo disco, con qualche voce femminile e qualche beat sintetico. Un dolce sprofondare nella noia più sconfinata. 5/10
Cat Power - Wanderer (2018): Il ritorno all'antica formula confidenziale è stata una bella sorpresa per Chan, dopo le sbornie pop&soul che l'hanno imbarbarita senza ritorno. Certo Wanderer è stato un buon tuffetto al cuore, ma gli anni passano e resta difficile eguagliare non solo le vette, ma anche solo gli stati d'animo. 6,5/10
E.A. Poe - Generazioni (Storia Di Sempre) (1974): Serie "gruppi minori dell'it-prog", giustamente dimenticati anche se il loro unico disco non era proprio da buttare via. Buone le parti strumentali con un piglio quasi jazzato a tratti. Scarsissima la voce e i passaggi stucchevoli, fortunatamente ridotti. 6,5/10
Albert Marcœur - Album À Colorier (1976): Caduta rispetto a quell'omonimo di due anni prima che l'ha fatto inserire nella NWW List. Niente di indecoroso per l'outsider jazz-freak francese, soltanto un po' di manierismo, mancanza di quelle trovate geniali ed una produzione meno incisiva. 6,5/10
Art Of Noise - In No Sense¿ Nonsense! (1987): Certo non mancava loro l'inventiva e l'effervescenza. Un collage di electro-pop-soul in cui infilavano dentro di tutto (cori rinasimentali che finirono sulle Mental Hour, addirittura), per un disco davvero imprevedibile e fantasioso. Ma dio, quei suoni sono orribilmente datati e plasticati..... 6/10
Pallas - Arrive Alive (1981): Brit-Neo-Prog prima poco prima dei Marillion, ma con un piglio piuttosto hard-rock, tanto mellotron, qualche tamarrata di troppo, e qualche insopportabile svenevolezza pop. Tutto da buttare? No. Qualche passaggio alla Genesis fa vibrare, chitarrista e batterista davvero bravi. 6/10
Albert Marcœur - Album À Colorier (1976): Caduta rispetto a quell'omonimo di due anni prima che l'ha fatto inserire nella NWW List. Niente di indecoroso per l'outsider jazz-freak francese, soltanto un po' di manierismo, mancanza di quelle trovate geniali ed una produzione meno incisiva. 6,5/10
Art Of Noise - In No Sense¿ Nonsense! (1987): Certo non mancava loro l'inventiva e l'effervescenza. Un collage di electro-pop-soul in cui infilavano dentro di tutto (cori rinasimentali che finirono sulle Mental Hour, addirittura), per un disco davvero imprevedibile e fantasioso. Ma dio, quei suoni sono orribilmente datati e plasticati..... 6/10
Pallas - Arrive Alive (1981): Brit-Neo-Prog prima poco prima dei Marillion, ma con un piglio piuttosto hard-rock, tanto mellotron, qualche tamarrata di troppo, e qualche insopportabile svenevolezza pop. Tutto da buttare? No. Qualche passaggio alla Genesis fa vibrare, chitarrista e batterista davvero bravi. 6/10
Nessun commento:
Posta un commento