giovedì 31 ottobre 2019

Scarti da TM #51

Tamia - Tamia (1978): Cantante francese intenta in un disco a cappella, fra orientalismi ed invocazioni mistiche. Ma per fare l'acappella, se non sei Demetrio Stratos o Diamanda Galas, è davvero dura tenere desta l'attenzione. 5/10

Arzachel - Arzachel (1969): Breve outfit pre-Egg con Steve Hillage. Premonitore in parte, perchè debitore estremo del filone psych-prog aulico alla Moody Blues / Procol Harum, mixato col brit-blues-rock, e non è un complimento. 6/10

Aurelio Valle ‎- Acme Power Transmission (2014): L'ex-Calla, tornato dopo una vita alla musica, ribadisce che gli altri due contavano quanto lui. Un cantautorato controverso che riprende i pregi e amplifica i difetti del passato: qualche bello spunto maudit ma più d'una decisa caduta di tono ed un indecisione di fondo che non giova al complesso. Tornerà? 6/10

Isildurs Bane & Peter Hammill - In Amazonia (2019): Il King PH presta la sua sacra ugola a questo gruppo svedese a me sconosciuto, per un art-prog-tech futuristico nelle volontà, ma che suona un po' kitsch e datato nella produzione. Brividi nella sobria The Day is done, ma il restante 80% è cervellotico ed involuto. 6/10

Society Line - Demo (1989): Il demo pre-God Machine. Ancora acerbi e troppo debitori della dark-wave, un elemento che sarà cruciale ma pur sempre laterale. E' chiaro che qualcosina di speciale si sente, ma la registrazione è di bassissimo livello ed il fatto che nessuno dei 6 pezzi sia sopravvissuto è indicativo. 6/10

Oneida - Romance (2018): Testardi ed incalliti, gli Oneida continuano con il loro elettro-acid-rock, ora più che mai debitore dei Can. Ma il loro destino è di attirare sempre meno le mie attenzioni, nonostante quest'ultimo contenga momenti davvero buoni. Ci pensa l'ultimo pezzo, un monolite di 20 interminabili minuti, a farmi gettare la spugna. 6,5/10

VV.AA. - A Homage To Neu! (1998): Difficilissimo, impresa titanica, cogliere il vero spirito dei Neu!, iconoclasta e rivoluzionario. In piena epoca di rivalutazione, i protagonisti di questo tributo non hanno pensato a niente di meglio che spingere sull'elettronica, con un risultato sconfortante, noioso, prevedibile e purtroppo, finanche elegante. 5/10

King Krule ‎- The Ooz (2017): L'ennesimo segno del mio inesorabile invecchiamento auditivo. Un disco che TUTTI hanno idolatrato all'inverosimile. Un cantautorato originale, un po' crooner, un po' indie, una voce convincente, qualche buon pezzo. Ma è troppo lungo e ciò che mi sembra mancare in primis è l'umiltà. Questo ragazzo se la tira da morire. 6,5/10

Papa M - Live from a shark cage (1999): Pajo alla riprova dopo il piccolo exploit di Aerial M, ma fu un ritorno alla realtà di un chitarrista che ha fatto la storia, sa estrarre la propria personalità ma non è un creativo capace di condensare con efficienza. La noia affiora a più riprese e cancella gli ottimi fraseggi, intercalati. 6/10

Jute Gyte - Ressentiment (2014): Nuove frontiere del metal creativo, in disperato tentativo di riciclarsi. Pezzi lunghissimi, tritacarne azionato col growl inflessibile, ritmica schiacciasassi e novitè, riff distorti quasi effetto phasing. Il giochino si fa interessante per i primi due pezzi, poi si capisce che è uno specchietto. Estenuante, ma non da buttar via. 6/10

Sleaford Mods ‎- Eton Alive (2019): Il giochino furbo mostra la corda. Già English Tapas non era memorabile. Era prevedibile che una formula così limitata iniziasse a tediare un attimo, anche perchè qui mancano del tutto quei colpi di genio etilici che rendevano speciali i dischi del 2014/2015. 6/10

Soundwalk Collective - Bessarabia (Transmissions) (2017): Antropologia e memoria storica in un collage di scabrosa hauntologia. Il concetto è alla base di tutto, i momenti migliori sono quelli un po' più movimentati e etnici, il grosso annoia un po'. Massimo rispetto, comunque. 6/10

Patto - 2000 Warts and All (Live at the Black Swan, Sheffield 1971): Live di qualità infame pubblicato giusto per stabilire che i Patto hanno un live, ma è meno di un bootleg. Il che è una vergogna, perchè il gruppo più sfigato della storia avrebbe strameritato un live come si deve, perchè si intuisce che suonano alla grandissima. 6/10

Roberto Aglieri - Ragapadani (1987): New-age flautata, non troppo stucchevole e con qualche episodio interessante, di tendenza etnica più che ambientale ma non gretta e commerciale. Non sarebbe stato male se non ci fossero state quelle tastieracce anni '80 che fanno venire una fitta allo stomaco ogni volta che fanno capolino. 6/10

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