lunedì 28 febbraio 2022

Scarti da TM #71


Men - Open Your Heart (2012): Inspiegabile a mio avviso l'esagerato consenso nei confronti di questo combo. Garage hi-fi, brevi bordate post-hc, qualche scampagnata folk e that's all folks. Nessun segno distintivo, chessò, un cantante bravo, un chitarrista originale, niente. Il limite più grande di questa musica sta nel fatto che il limite è circoscritto, e non si fa nulla per uscirne. 5,5/10

Lard Free - Unnamed (Recorded 1971-72): Registrazioni inedite antecedenti al primo grande album degli Sgrassati, pubblicate un quarto di secolo dopo. Ben poco a che vedere con quel brillante debutto: un free-jazz atipico ma un po' sconclusionato, con un vibrafono invadente ed il chitarrista un po' casinista. Qualche geniale gene anticipatorio comunque si sente. 6/10

Areknames - In Case Of Loss (2010): Difficile fare di meglio dei precedenti due, eccellenti prove di neo-prog tecnico ma ben centrato sulle atmosfere. Epifani per il terzo ha creato un lavoro quasi orchestrale, molto estetico, ma che perde di vista quelle profondità che avevano illuminato soprattutto il secondo. In due parole, troppa carne al fuoco, troppe girandole compositive, l'inguaribile mania dei progsters di farsi più grandi che fa vittime anche 30/40 anni dopo. 6/10

Arab Strap - As Days Get Dark ⁄ Demos (2021): Quando si parla di feticismo arabstrapiano sono sempre stato secondo a pochi. Però mi sfugge il senso di questa operazione, peraltro per un album suonato soltanto da loro due, replicato in tutta la scaletta, ad uno stadio di lavorazione di poco precedente il definitivo. Uno spreco, da dimenticare per la loro fedina. 5/10

Roger Waters - The Pros And Cons Of Hitch Hiking (1984): Me la immagino, la faccia di Gilmor quando RW propose ai PF di scegliere fra The Wall e questa tronfia pedanteria. Tanto valeva andare sul teatrale spinto, almeno i pezzi c'erano, qui c'è solo la peggiore autoreferenzialità di Waters, con l'aggravante di un Clapton petulante ed irritante. 5/10

Bob Mould ‎- Blue Hearts (2020): E' oggettivamente impossibile parlare male di questo ennesimo di BM, perchè di fatto è un manuale automatico del suo power-emo-pop, che pesca molto dall'area Sugar con cui (giustamente) incassò nei '90. E si dice sia un ritorno di forma dopo anni di delusioni. E allora ne parliamo bene. Però non troppo, perchè se no sembra che 60 is the new 30 per ogni vecchia gloria che attraversa un periodo di forma, effimero o no. 6,5/10

Bachi Da Pietra - Reset (2021): Apprezzo abbastanza il nuovo corso dei BDP, con una vena quasi parodistica, ironia al vetriolo e parole forti snocciolate da Succi nel suo stile più vetriolico. In fase di arrangiamento, a tratti discutibili. Va bene reinventarsi il più possibile e cercare una nuova freschezza, ma gli antichi Bachi restano non replicabili. 6,5/10

Boris - Performing ''Flood'' (2013): Qualsiasi scusa è valida per riascoltarsi uno dei 2/3 capolavori dei Boris. Questa performance dal vivo del '13 non riserba sorprese, ma soltanto una riesecuzione fedele, cristallina nel pulito ed arroventata nel distorto. La registrazione non è eccezionale. L'abilità e la concentrazione nei momenti più placidi rende comunque giustizia. 7/10

Whipping Boy - 2021 Heartworm (Expanded Version): Operazione che per il 25ennale ci può stare in chiave revival, ma che non aggiunge nulla al vibrante originale. Un intero cd di bonus che annovera versioni grezze con titoli diversi, demos alternativi, una cover di Lou Reed e le 3 b-sides dei singoli coevi, giustamente relegate a tali. Nessun inedito di fatto. Resta sempre un 8/10.

Whipping Boy - I Think I Miss You EP + Whipping Boy EP (1990): Gli esordi assoluti dei WB, all'insegna di un'acerbità sostanziale e di un suono (registrato malissimo) indeciso fra narcolessie Velvet, noise-pop alla Jesus & Mary Chain, trance galattica alla Loop e shoegazing emergente. Il potenziale in prospettiva si poteva percepire. Propedeutici alla maturazione. Rispettivamente 6/10 e 6,5/10

Vangelis - Heaven and Hell (1975): Uno degli innumerevoli colonnoni del greco, all'insegna della magniloquenza e del sinfonismo ibrido ma anche di incantevoli scenari bucolici e favolistici (la congiuntura temporale era ancora favorevole). Questi ultimi non hanno certo la preponderanza, quindi una media lorda fa 6,5/10

Vas Deferens Organization - The Idiot Parade (1998): Durante il loro periodo d'oro i VDO pubblicarono una tonnellata di album, fra cui alcuni frettolosi e poco lucidi come questo, una freakedelia impazzita che però puntava più su stati ludici di allucinazione, una grandissima ricerca dei suoni come loro usanza, ma ben poco che resti impresso. 6/10

giovedì 24 febbraio 2022

R.I.P. Mark Lanegan


Era il 1992, l'esplosione dei Nirvana aveva spaccato il mondo intero ed ero un adolescente affamato di nuove scoperte. Il mio amico Luigi, più grande di me di qualche anno e già bene avvezzo alle musiche d'America, mi passava qualche cassetta sdoppiata, periodicamente. Avevo letto Screaming Trees in qualche lista dei nomi più hype, ed era un nome che mi piaceva tantissimo; gli alberi urlanti, evocava tenebre e thrilling, sembrava differente dagli altri che trasmettevano più sicurezza, come la Gioventù Sonica, il Giardino del Suono. In quella cassetta c'era Sweet Oblivion. Discreto album, pensai, ma nulla per cui impazzire: mi piacque molto Nearly lost you, ma decisi di archiviare e non cercare o richiedere altro. Rispetto agli altri, gli ST mi sembravano più roots-oriented, e quella voce così profonda mi sembrava sprecata, non adattissima al contesto. Era una bella sfida, ma io cercavo altro ed alle mie orecchie il mix non innescava eccitazione.

Molti anni dopo ascoltai le prime cose degli ST e la mia opinione non cambiò un granchè, lasciandomi sostanzialmente indifferente al loro repertorio. Nel frattempo, a fine millennio Mark Lanegan era andato fisso da solo ed aveva guadagnato la notorietà di Blow Up, di cui diventò un idolo regolare, acclamato però quasi più per lo stile che per i risultati strettamente artistici. I suoi primi due album, contemporanei alla carriera in crescendo degli ST, mi erano piaciuti abbastanza e mi sentii incoraggiato ad approfondire, ma non ne ricavai un grande entusiasmo. Stringi stringi, Lanegan sembrava troppo dipendente dai collaboratori di turno e la sua voce era fantastica, ma era un'arma sola e poteva non bastare. Non percepivo autoindulgenza o referenzialità nei suoi lavori, soltanto non mi convincevano appieno (e a tratti mi annoiavano).

Lo lasciai perdere fino al 2018, quando ascoltai incuriosito il With Animals a 4 mani con Duke Garwood. Pensai, dev'essere interessante su un tappeto elettronico. Un altro album discreto e nulla più, e credo di non essermi perso nulla di epocale. Non ce n'è, mi arrendo. Mark Lanegan non mi conquisterà mai, ma forse io non gli ho mai dedicato l'attenzione che avrebbe meritato (così come lui ha dichiarato di non aver mai fatto nulla per la propria voce). Non sono riuscito a vederlo dal vivo ed un po' mi dispiace, perchè a volte vedere la gente live ti fa cambiare opinione (in meglio, ovvio). (Quando venne dalle mie parti, la leggenda narra che si fece mettere le tagliatelle al ragù sulla pizza. Solo un folle o un tossico poteva testare un esperimento del genere).

Oggi lo saluto con il mio pezzo preferito. La retorica non è mai stata il mio forte.