sabato 30 aprile 2022

Scarti da TM #73


 A.C. Acoustics - Victory Parts (1997): Il secondo dei glasgowiani, al bivio decisivo per uscire allo scoperto dal sottobosco indie. Ottima produzione, gran suono di chitarre e qualche buon pezzo, qualche soluzione ritmica interessante e....nient'altro. La carenza vocale, la monodimensionalità generale, insomma, nulla che colpisse al cuore o al cervello. Non era destino. 6,5/10

Twells & Christensen - Coasts (2010): Due pesi massimi in estemporanea accoppiata, John Xela Twells + Matt Zelienople Christensen. Un paio di lunghe escursioni droniche che variano in modo sensibile i registri tipici di entrambi i personaggi, presumibilmente in modalità buona la prima. Il risultato è ipnotico quanto basta per farsi gradire, ma Christensen è di fatto non udibile nella sua classica modalità e questo mi inficia un po' nel giudizio complessivo. 6,5/10

Cobolt - Spirit On Parole (1998): Col secondo album gli svedesi confermavano di appartenere ad una serie minore. Rispetto all'esordio di un anno prima guadagnavano in fedeltà e professionalità, ma sostanzialmente più manieristici e US-occhieggianti. La prima metà è molto buona, fra echi RHP, God Machine altezza Devil Song, ed affini. La secondo invece crolla vertiginosamente su un roots-Aor-indie senza nerbo, cantilenante. 6/10

Comus - To Keep From Crying (1971): Ben poco in comune a quel First Utterance che 3 anni prima li aveva imposti come campioni di un hard-folk originalissimo. Con la formazione rimaneggiata il leader Wootton si concedeva a melodie ammiccanti, arrangiamenti canonici e polifonie vocali per un folk-rock molto più standardizzato. 6/10

Crescent - Now (1995): Il debutto acerbo, grezzo ed approssimativo dei bristoliani, all'epoca ancora un gruppo completo prima della graduale trasformazione che il leader Jones porterà poi verso forme affascinanti di ambient-rock. Qua invece erano su un acid-noise-post-rock sfocato, lo-fi. minimalista ed ancora molto indeciso sulla direzione da prendere. Qualche buona cosa comunque c'è, seminata in qua ed in là. 6/10

Swans ‎- Leaving Meaning (2019): I tomi di Michael Gira da quando ha riesumato la sigla Swans hanno tutti lo stesso limite: sono le dilatazioni infinite di un compositore di razza che si perde a specchiarsi. Ci sono spunti bellissimi e lungaggini ai limite dell'insopportabile. Forse andrebbero affrontati con un altro piglio all'ascolto, quello dello slow-listening. Cosa che purtroppo adesso non posso avere. 6/10

Diaframma - Boxe (1988): L'ostinata autoproduzione, che all'epoca poteva fare concettualmente molto punk, ha fatto più danni della grandine nel repertorio dei Diaframma nella seconda metà degli '80. Un suono invecchiato talmente male da seppellire il talento pop di Fiumani che avrebbe meritato ben altro trattamento (e certamente un cantante meno invasato di Sassolini, infatti la storia dimostra che alla fine il buon senso ebbe la meglio). 5,5/10

Deep Freeze Mice ‎- Live In Switzerland - November 1985: Nella ristampa monstre in CD, fanno una trentina di pezzi fra il tour elvetico del 1985 ed il già conosciuto Leicester 1982. Sul palco erano da videogame, poco da dire: esecuzioni rapide e beffarde, con la ritmica in grande risalto. Però qualcosina si perdeva, segno che forse in studio riuscivano ad approfondire il loro surrealismo in maniera, diciamo, tridimensionale. Dettagli minuziosi. 7/10

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