domenica 31 dicembre 2017

Scarti Da TM #29

Beggars Opera - Act One (1970): Prog dalle fortissime influenze classiche, con tanto di medley pirotecnico, un'attitudine sfrenata e tanta passione. Bravissimi i musicisti, ma è un suono invecchiato male, malissimo, più dei Nice e degli ELP, di cui furono rivali minori. 6,5/10

Psycheground Group ‎- Psychedelic And Underground Music (1971): Vade retro: il solito Reverberi con i Nuova Idea, una roba buttata talmente là che sembrano prove di un gruppo stanco di comporre e che una sera si cazzeggia con luoghi comunissimi blues, plagi Pink Floyd e sessantate beat fuori tempo massimo. Bleah. 4/10

Subaudition - Light on the Path (2009): Secondo ed (?) ultimo del duo finlandese, stesso coordinate del bellissimo The Scope, ovvero un lirismo inguaribile, struggenza, neve che cade, male di vivere, insomma commovente ma leggermente inferiore al precedente. Con una voce decente avrebbero fatto grandi cose. 6,5/10

Logos - Cold Mission (2013): Continuo a non impazzire per le nuove frontiere dell'elettronica, sbandierate come chissà che cosa. Un suono algido, freddo, senza cuore; attenzione, non da buttare via, sia ben chiaro, ma da qui a classificarla come novità...Boh. 6/10

Supersilent - 13 (2016): Lasciati a casa gli strumenti suonati, ormai la musica dei Supersilent si è ridotta ad un elettronica disastrata, falsamente impressionistica, desolatamente vuota e priva di ogni significato. 4/10

Vonneumann - NorN (2017): Se dopo quasi vent'anni di attività sono rimasti un entità sconosciuta, un motivo ci sarà. Con l'esperienza e la malizia si possono aggirare tante cose, ma non l'effettiva mancanza di talento. Math-electro-rock senza nerbo, luccicante, quasi patinato quando gli ospiti prendono il sopravvento. Mah. 5,5/10

Tim Buckley - Venice Mating Call (Live 1969): Nuovo live ricavato dallo stesso tour che più di 20 anni fa fu documentato sul Live at the Troubador. Era una fase intermedia, non più il menestrello divino del 68 e non ancora lo Starsailor eroico del 70. Molto flusso di coscienza, classe cristallina ma c'è stato di meglio. 7/10

Savoy Grand - Dirty Pillows (2000): Debutto acerbo ed inferiore al successivo Burn the furniture per i protagonisti del brit-slowcore più innocente e delicato. Atmosfere indubitabilmente autunnali ed introspettive; buono per i completisti, troppo diluite le composizioni. 6,5/10

Andy Stott ‎- Too Many Voices (2016): Passo indietro di Stott sul fighettismo, sulla patinatità, sulle voci sensuali. Ciò che sporcava nobilmente Luxury Problems è stato ripulito, e ridimensiona la classe dell'inglese. Speriamo sia una transizione. 6,5/10

Dälek ‎- Gutter Tactics (2009): Noise-hip-hop psichedelico, interessantissimo, scuro, ossessivo, acido, sulla carta fenomenale. Alla lunga però il rappato si dimostra qualcosa a cui sono allergico, ed inficia sul mio entusiasmo per le sonorità, notevolissimo. 6,5/10

Ergo - As Subtle As Tomorrow (2016): Jazz antico e modernissimo al tempo stesso, una specie di traslazione del Canterbury al giorno d'oggi, un po' dolente ed un po' gioviale, mai narciso, puntuale e conciso. 6,5/10

giovedì 30 novembre 2017

Scarti Da TM #28

Squadra Omega - Materia Oscura (2017): Continuano a non convincermi gli SO, sempre più impelagati in un coacervo di psichedelia, jazz e sperimentazione che non condivido con lo spirito più genuino della IOP. Risaputi, seppur gradevoli. 6/10

Daevid Allen ‎- Banana Moon (1971): Idee ancora un po' affastellate per il guru dei Gong, che si perdeva un po' fra psichedelia, cabaret e bizzarrie assortite. Il pezzo lungo lascia intravedere gli sprazzi di puro genio che tarderanno poco ad arrivare, comunque. 6,5/10

Andrew Douglas Rothbard - Abandoned Meander (2006): Dai fasti dei grandissimi Pleasure Forever alle vesti dimesse soliste, Rothbard ce ne ha messo del suo, e parecchio, al punto che ti chiederesti se davvero è lui. Un Syd Barrett melodrammatico piombato nel mondo moderno dal nulla. Ma mi aspettavo di più; troppa enfasi e visioni semi-lucide. 6,5/10

Third Eye Foundation ‎- Semtex (1996)Il pre-progetto di Matt Elliott. Jungle-noise senza alcun dubbio originale e ricercato, con un po' di shoegaze. Non tutto ciò che brilla è oro, però è senza dubbio meglio di cosa è diventato da songwriter acustico. 6,5/10

NON - Physical Evidence (1982): Pre-power electronics cruento e trucido per uno dei dischi più citati per Boyd Rice. Inizia maluccio per poi riprendersi. Lo-fi d'antan che forse oggi fa sorridere ma chissà la paura ai tempi....6/10

Dreamfish - Dreamfish (1993): Namlook + Mixmaster Morris. Inizia benissimo con una splendida divagazione kraut-cosmic ma poi butta tutto all'aria con una traccia di 28 minuti che sono sembrati lunghi 28 ore. Ed il resto ne patisce l'effetto soporifero. 5,5/10

Red Chair Fadeaway - Mesmerised (1993): Piccola memoria badiniana dei primissimi Rockerilla che comprai. Folk-rock mutuatissimo dalla seconda metà dei '60, e chissà perchè scriveva che era psichedelico. Poco più che amatoriale, anche se fatto con passione. 5/10

Curved Air ‎- Second Album (1971): Ibrido prog-canterburyano che, fosse stato più oculato, sarebbe passato alla storia, mentre invece resta più impresso per la voce della cantante, per il violino e ben poco per elementi più importanti come le composizioni, le tastiere, etc. Seconda fascia, interessante per i completisti che voglio dire "ho ascoltato praticamente tutto". 6,5/10

Moonshake - The sound your eyes can follow (1994): Originalità a tutti i costi non sempre vuole dire buoni risultati. Dopo una rivoluzione in line-up i Moonshake chiudevano col passato e realizzavano una sarabanda per samples, fiati, ritmiche festaiole e voce enfatica. C'era del gusto ma l'output non proprio memorabile. 6/10

National Health - National Health (1978): Solo due parole: perfezione formale ed eleganza in questo tardo prodotto del jazz-prog canterburyano. Difficile discutere sulla maestria dei personaggi coinvolti, ma eravamo già fuori tempo massimo....6,5/10

Karlheinz Stockhausen - Klavier Stuecke (1958-59): Svolazzi schizzati per solo piano, con spartito in formato A1 e partitura soggetta ad alea. Riservato agli addetti ai lavori? 6/10

Crass ‎- Christ - The Album ⁄ Well Forked - But Not Dead (1982): Molto inferiore allo storico debutto Stations: troppo spezzettato, con elaborazioni fuori dalla loro portata, chitarre un po' gonfiate ed una artefazione eccessiva. Ma ci poteva stare, per motivi extra-musicali. 6/10

PJ Harvey - Is this desire (1998): Non sono un particolare estimatore dell'album "elettronico" della divina PJ, certo le prodezze non mancano ma mi sembra un disco un po' smorzato, in cui le emozioni sono state represse quasi brutalmente. Insomma, il classico di transizione fra la fase giovanile e quella, fantastica, della maturità. 7/10

martedì 31 ottobre 2017

Scarti Da TM #27

Oneida - Rated O (2009): Folli, folli, folli Oneida a fare un triplo cd dopo il 2000; un passo decisamente più lungo della gamba, col risultato che gli ottimi spunti ivi inclusi vengono superdiluiti in una lunghezza insostenibile. Condensando accuratamente ne sarebbe uscito un loro capitolo dignitoso, dato che il meglio l'avevano ormai già dato. 5,5/10

Unwound - Fake Train (1993): Hardcore-noise cattivissimo per i giovani Unwound; frenetico, assordante, cinico. Ormoni a palla. Acerbi e poco in confronto a quanto riusciranno a sviluppare negli anni successivi. 6/10

Talk Talk - Live At Montreux 1986; Uscito su DVD, un filmato che già conoscevamo. La qualità audio ed il missaggio sono nettamente inferiori all'eccezionale Live In London, e forse anche la performance. Ma stiamo parlando comunque di documenti importantissimi e di grandi concerti. 7/10

Mike Oldfield - Ommadawn (1975): Una pompa ed una magniloquenza quasi mai sentite, che finiscono per inficiare quella che forse sarebbe stata un'intrigante suite. 6/10

Gracious! ‎- Gracious! (1970): Prog eclettico, con un ottimo inizio ed una progressione che cala drasticamente fra teatralità, vaudeville e sbornie varie. Ma la prima parte resta molto molto valida e grintosa. 6,5/10

Jesus and Mary Chain - Darklands (1987): Lenzuolata di motivetti pop direttamente mutuati dai Velvet Underground, di fatto un tradimento se confrontato al ben più rumoroso debutto. Alcuni (motivetti) sarebbero decisamente validi, ma tutto è ricoperto da una coltre di zucchero caramellato che fa venire il diabete. 5,5/10

Bill Nelson ‎- Chance Encounters In The Garden Of Lights (1988): Sue alcune fantastiche chitarre su Gone To Earth, nonchè una composizione. Da solo Nelson fa una specie di new-age-core, brevi strumentali esuberanti dalle fastidiosissime timbriche '80. Potrei riparare dicendo che è hauntologia, ma in realtà la stucchevolezza prevarica un po'. 6/10

Out Of Focus - Four Letter Monday Afternoon (1972)Progressive/jazz piuttosto eclettico... giudicheremo il disco per quello che è: una miscela intelligente e fascinosa di timbri e sonorità anni Settanta (con un eccellente sezione fiati) che, pur senza evidenti picchi, riesce lentamente a consegnarsi alla nostra ammirazione. (Vlad Tepes) 6,5/10

Tokyo Kid Brothers - Golden bat (1971): Musical dal vivo, ovviamente in lingua e quindi incomprensibile, di buon eclettismo e suonato da dio (fra prog, jazz e cabaret). Difficile però discernere dalle immagini, che a giudicare dalle risate del pubblico dev'essere stato molto divertente. 6,5/10

Sonic Youth - Bad moon rising (1985): Profanazione del mito? Ebbene sì. Per quanto potesse essere rivoluzionario, innovativo, etc quanto ti pare, lo trovo un disco tutto sommato abbastanza monotono. Poi alcune cose sono notevoli, eh, ma la sostanza resta questa qui. 6,5/10

Theatre Of Hate ‎- He Who Dares Wins (1981): Un gruppo che dal vivo era peggio che su disco, in tempi new-wave, significava il male assoluto, e i TOH lo erano. 4,5/10

Nurse With Wound - The Surveillance Lounge (2009): Un lavoro un po' prevedibile, che forse vorrebbe essere l'aggiornamento del classicissimo Homotopy To Marie, ma in realtà si sfoglia come un catalogo di luoghi comuni stapletoniani sì, sempre gradevole e ben realizzato, ma ahimè non più shockante come un tempo. 6/10

Caroliner Rainbow Hernia Milk Queen - Rear End Hernia Puppet Show (1985): Una versione spastica ed ignorante dei Sun City Girls, che mischiava con incoscenza folk, rumorismi ed amatorialità. Difficile, molto difficile da digerire. 5/10

Giuliano Sorgini ‎- Zoo Folle (1974): Lo chiamano un disco di jazz-funk, ma in realtà lo è solo il primo pezzo, perchè poi si va a tutto gas con sinfo-stucchevolezze da colonna sonora major del periodo (era per un documentario del fratello di Fellini sulle condizioni degli animali confinati negli zoo). Discreto, comunque. 6,5/10

Death In June ‎- But, What Ends When The Symbols Shatter¿ (1992): Magniloquente e lussureggiante folk del settore presunto "apocalittico", in verità molto solare, direi, quasi ottimista. Adesso però basta col top20 di Blow Up, perchè è evidente che non è proprio un filone per me. 6/10

Steven R. Smith - Crown Of Marches (2005): Lungo mantra per chitarra distorta, dai toni apocalittici ma anche dimessi, ben eseguita e dispiegata: non un caposaldo del suo genere, ma un buon ascolto. 6,5/10

Troller - Graphic (2016); Synth-pop con voce femminile acuta, con qualche spruzzata di gotico. Nulla di eccezionale. 6,5/10

Lorenzo Senni ‎- Quantum Jelly (2012); Elettronica secca ed appuntita per un italiano che ha saputo trovare riscontro all'estero. Io lo trovo un po' troppo asettico per attirare ascolto e concentrazione. 6/10


sabato 30 settembre 2017

Scarti Da TM #26

Vas Deferens Organization - Saturation (1996): Difficile ripetersi ad altissimi livelli su tante uscite concentrate in un paio d'anni: nonostante l'evidente cura e perizia con cui fu realizzato, resta un disco involuto, troppo cupo e privo di humour come i nostri ci avevano deliziato. In due parole, troppe chitarre. 6,5/10

Nicola Alesini & Pier Luigi Andreoni - Marco Polo (1995): Art-etno-jazz da parte di un tastierista ed un fiatista a me sconosciuti. Serie dischi che ho ascoltato perchè partecipa David Sylvian (abbastanza spento). Poi comparsano persino R.Eno e H.Budd. Al netto di 3-4 episodi rimarcabili, è una salotteria un po' vaporosa da digerire. 5,5/10

Irata - Sweet Loris (2015): Inspiegabile svolta degli Irata, autori nel 2010 di un interessantissimo disco art-core strumentale. Col secondo, dopo ben 5 anni, si danno ad un post-metal cantato con enfasi e pieno di chitarroni, che già di per sè sarebbe indigesto; per il confronto col predecessore, lo rendono un disastro. 4,5/10

Planning For Burial - Below The House (2017): Ormai ex-nostro, Ciccio stecca anche il terzo album lungo, fallendo di nuovo il tentativo Codeine+RHP virati in salsa ambient-doom-metal. Supersfida talmente difficile da essere impossibile. Un paio di ottimi pezzi non bastano a rinvigorire un disco sfocato ed eccessivamente disomogeneo. 6/10

Sensations' Fix - Portable madness (1974): Il lato oscuro di Falsini, immerso in un trip continuativo di roccioso space-rock, strumentale e ben poco incline alla struttura compositiva. Quando sappiamo invece che il meglio l'ha dato quando si è dedicato alle canzoni o alle colonne sonore. L'output andava selezionato meglio, in quei 2-3 anni. 6/10

Piero Umiliani - L'uomo nello spazio (1972): Dev'essere il periodo negativo che sto passando, oppure che oggi sono stato dal dentista, insomma oggi non mi va bene nulla se non gli storici. Persino un Umiliani in versione space-freak mi sembra banalotto, un po' troppo di servizio, ordinario. 6/10

Sol Invictus - Trees in Winter (1990): Poche correnti sono invecchiate male come il folk apocalittico, solitamente in mano a cantautori incredibilmente monotoni, enfatici, chitarristi scarsi ed ancor peggio cantanti. Questo è un classico del genere. 5/10

XTC - White Music (1978): Non fosse per il brio e la verve tipica degli anni, l'avrei liquidato come un poppettino innocuo e persino irritante. 6,5/10

Marriages - Salome (2015): Rispetto al deludente esordio qualcosa è migliorato, ma niente per cui esaltarsi: maggior messa a fuoco verso un gothic-gaze femmineo ma robusto, alcune più che discrete composizioni; peccato per la perdita del buon vecchio Clifford, soprattutto alla luce del nuovo batterista che soffre un po' di protagonismo tecnicistico. 6,5/10

Horseback - Dead Ringers (2016): Sufficienza soltanto per la curiosità che ispira, un mix di blues desertico ed elettronica, che meriterebbe un minimo di sforzo compositivo che ahimè, è pressochè inesistente. 6/10

Gorguts ‎- Colored Sands (2013): Vent'anni dopo, il progresso di una delle migliori bands del post-grind è praticamente zero. Un carrarmato tritatutto, ma alla lunga che palle....5/10

Komintern - Le Bal Du Rat Mort (1971): Non mi aspettavo, sulla List, la presenza di un disco politico; li immaginavo più anarchici che simpatizzanti comunisti come questo che si potrebbe candidare a disco più comunista della storia: una musica invecchiata così male che già in un festival dell'unità del 1978 sarebbe stata presa a fischi e schiaffi, ed è altrettanto datatissima quanto le ideologie di sinistra di quegli anni. Lo scrive uno che si ritiene di sinistra e lo è anche di mano (e piede). 5/10

Mira Calix - Eyes Set Against The Sun (2006): Raffinato ed elegiaco mix di elettronica, musica da camera, soundtrack da balletto d'avanguardia e/o documentario. Il tocco femminile conferisce una apprezzabile gigioneria ad un output che forse vorrebbe anche essere spensierato, ma non funziona sempre tutto. Ed è troppo lungo. 6,5/10

White Flight - White Flight (2006): Frontman di band indie-pop si ricicla solista semi-spostato, tratti interessanti ma la forzatura appare evidente. 5,5/10

Smegma - Nattering Naybobs Of Negativity (1988): Non riesco decisamente ad apprezzare questa storica formazione originaria della LAFMS, forse l'unica tutt'ora in attività oltre a Tom Recchion. Hai voglia a parlare di avanguardia noise quando alle mie orecchie sembra tutto un immane scazzo senza visione. 5,5/10

Gilgamesh - Gilgamesh (1975): Jazz-rock tipicamente canterburiano, con elementi di quel ramificatissimo albero genealogico che mi sono annoiato soltanto a decifrare. Fattostà che si tratta di un tipicissimo disco canterburiano, con i pregi ed i difetti: suonato da dio ed esteticissimo al tempo stesso. 6,5/10

Le Masque - Il Signor Gustavo Coscienza (1990): Art-pop assolutamente peculiare ed altamente intellettuale, quello dei milanesi che avrebbero meritato un successo mainstream per l'accessibilità della loro proposta: francesismi, europeismi, poetica, eleganza, ma anche una buona dose di stucchevolezza e manierismo. 6/10

Art & Language & Red Crayola - Corrected Slogans (1976): Insopportabile teatrino vaudeville dei RC durante il loro periodo inglese. Ben poco di musicale (e neanche interessante) e fin troppo recitato, onde per cui i non adatto ai non madrelingua. Con Mayo Thompson è sempre stato così: geniale o imbarazzante. 5/10

Markus Stockhausen & Jasper Van't Hof - Aqua Sansa (1980): Ristampa santino di Zingales. E' un peculiare incrocio di ambient, new-age, jazz (per la tromba che solca ovunque) che ha dei bei tratti ma poi si perde specchiandosi eccessivamente e gigioneggiando senza fine. 6/10

Gold Dime - Nerves (2017): Interessante effluvio di tale Andrya Ambro, difficilmente collocabile ma al tempo stesso dalle influenze ben riconoscibili: un cantautorato ossessivo, graffiante ma al tempo stesso accessibile e con molta enfasi sul canto, con strutture musicali minimali per quanto ricercate. Ma alla fine non si sa dove andare a parare. Potrebbe migliorare. 6,5/10

Volcano The Bear ‎- The Mountains Among Us (2002): Doppia suite di esoterismo agreste di 40 minuti per i freaks inglesi. Le sonorità hanno un fascino indiscutibile ma suona un po' di rimaneggiamento e cazzeggio. 5,5/10


giovedì 31 agosto 2017

Scarti Da TM #25

Niobe ‎- Voodooluba (2004): Cantautrice tedesca che cerca di macinare più o meno tutto; un talento sprecato al servizio del "posso fare qualsiasi cosa". 6/10

Miracle - Mercury (2013): Dopo la virata synth-wave di Mothlite, Daniel O'Sullivan sbanda paurosamente verso un synth-pop plastico con quest'ennesimo progetto. Un paio di caramellose potenziali hit del 1982/83 peggiorano lo stato delle cose per un disco che dopotutto non sarebbe stato neanche malaccio. 5,5/10

Gruppo Di Improvvisazione Nuova Consonanza - Musica Su Schemi (1976): L'ultimo del Gruppo, diversi anni dopo i fasti delle soundtracks e di Feedback. Evangelisti era tornato all'avanguardia più pura e perchè no, anche ad un pizzico di narcisismo. Difficilotto da digerire a tratti, ma la classe è imbattibile. 6,5/10

Godflesh ‎- Streetcleaner (1989): Non sono mai impazzito per i Godflesh classici, e paradossalmente ho preferito il disco della reunion di 3 anni fa ad episodi lavici, claustrofobici e tanto idolatrati come questo. Per carità, la portata artistica non si discute, ma per me l'8 di tanti è lontanuccio. 6,5/10

Epitaph - Stop, Look & Listen (1972): Tedeschi che meno crucchi non si poteva. Un rock rustico e ruspante un po' british ed un po' westcoast, con poco blues e tanta verve. Passabile. 6/10

Coleman Grey ‎- Falling With A Thousand Stars.... (2015): Drone-psych, misticismo ed incenso, un po' alla Dylan Carlson, che già da solista non è propriamente eccezionale. Figurarsi questo che non ha neanche la metà del talento di colui che procurò il fucile a Kurt Cobain. 5/10

lunedì 31 luglio 2017

Scarti Da TM #24

Zweistein - Trip - Flip Οut - Meditation (1970): Cantante pop tedesca si camuffa sotto nome maschile francese e si allea con la sorella per un pastone interminabile (3 vinili) di voci manipolate, effetti elettronici e tutto ciò che si può inquadrare nella categoria "casaccio puro". Truffe della List. 5/10

Painkiller - Execution Ground (1994): Zorn, Laswell and Harris, ovvero dub-free-jazz-core-ambient. Ora che sono passati oltre 20 anni, possiamo capire che era tutto un'interminabile sbrodolamento, uno spreco di talento immane a dispetto dell'idea a dir poco illuminante.  5/10

Harry Bertoia - Bellissima Bellissima Bellissima ⁄ Nova (1970): Scultore italo-americano che ad un certo punto si diede alla registrazione di suoni prodotti da elementi di metallo, lastre, tubi. Avveniristico ed anticipatore di certo industrial, ma resta sostanzialmente un campionario, per quanto suggestivo. 6/10

Open Mind - The Open Mind (1969): Non fa per me. Quando il vecchio diventa vecchiume, non ce n'è per nessuno e cuore in pace. 5/10

Audience - The House On The Hill (1971): Buon reperto di folk-prog-soul da parte di una band inglese che sfiorò il successo ma non superò le difficoltà. Voce vibrante, un trittico di composizioni mirabili, qualche riempitivo, un ascolto gradevole ma che difficilmente ripescheremo. 6,5/10

New Blockaders ‎- Changez Les Blockeurs (1982): 45 minuti di rumore semi-organico, senza nessun apparente sviluppo. In giro poche opinioni, ma tutte molto positive. Io boh, non ci ho percepito una gran inventiva. 5/10

Bert Jansch - Moonshine (1972): Songwriting soffice e delicato, ancora radicato nei '60, un po' Van Morrison. Il trasporto vocale alla lunga infastidisce, ma gli arrangiamenti sono curati ed alcune canzoni molto belle. 6,5/10

Penguin Cafe Orchestra - Penguin Cafe Orchestra (1981): Musica classica moderna, attingente da world music da ogni angolo del mondo, col comune denominatore di una scanzonatura ed un ironia palpabile. Operazione mirabile ma la leziosità toglie mezzo punto. 6,5/10

Tom Recchion ‎- Oaxaca Dawn ⁄ Bamboo (2016): Scherzetto del buon vecchio Tom che ci propina mezz'ora di suoni concreti provenienti da quella che a tutti gli effetti sembra una fattoria. Da lui mi aspetto molto, ma molto di più. 5/10 

VV.AA. - The Cure In Other Voices (2016): L'ennesimo tributo, ma si sente che la produzione è davvero limitata e non conosco 1/32 degli artisti coinvolti. Curiosamente i pezzi migliori sono i primi 3/4 e poi è un aberrante concentrato di copiature pedisseque e pochezze inaudite. Il sospetto peraltro è che in totale siano al max 3/4 gruppi che si sono divertiti. 4,5/10

Michael Bundt ‎- Just Landed Cosmic Kid (1977): Santino eccessivo di Zingales, a segnalare che forse col passare degli anni si fa sempre più dura. Un paio di buone traiettorie cosmiche e motorikitiche, un paio ordinarie ed un paio di cadute nel kitsch, ingiustificabili se non nel fatto che Bundt in seguito si diede alla sonorizzazione porno. 6,5/10

Richard Skelton ‎- An Ash-Tree Which The Ignorant Call Holy (2013): Col glorioso filone in esaurimento, testimoniato dal cambio di nome del progetto principale ed anche di stile formale, Skelton spara le ultime cartucce drone-chamber-folk-minimal, con questi 45 minuti. Il magnetismo è quello, ma sostanzialmente non replica le magie passate. 6,5/10

Transmit - Radiation (2015): Caro Tony Buck, capisco ed apprezzo la tua volontà di evadere dai Necks, la tua voglia di libertà è naturale, ma questo pastone math-fusion mi resta un po' sullo stomaco. 5,5/10

Asva ‎- Futurist's Against The Ocean (2005): Una specie di doom-metal-opera in 4 atti, il che suona maledettamente kitsch ed alla fine lo diventa anche, con le voci femminili possedute e la pompa allegata. Un peccato, perchè la prima parte prettamente doom sarebbe veramente buona, la media infatti fa 6,5/10.

Iceburn - Firon (1992): Il debutto, fra gli ultimi Black Flag e i Voivod, con un tocco arty in più. Penalizzato da una produzione iper-compressa che appiattisce i chitarroni, resta un buon disco ma era chiaro che dovevano ancora maturare e variegare il concetto, come riusciranno brillantemente due anni dopo col secondo. 6,5/10

Egisto Macchi - Biologia Animale e Vegetale (1976); Un Macchi più pastorale di quanto siamo abituati, la classe infinita è immutata, il servizio è per le speci animali sotto studio, i suoni ancestrali, giocosi, paciosi, l'infanzia che riappare come per miracolo, quest'uomo va eletto mito assoluto, il prima possibile. 7/10

David Toop & Max Eastley - Buried Dreams (1994): Antropologia in musica, si direbbe, ma qua siamo in un area di mezzo dove l'etnica cozza con l'ambient e la new-age, vorrebbe intimidire se non spaventare, ma il salotto in radica è dietro l'angolo, basta un po' d'edera fuori per camuffarlo. 5/10

Le Luci Della Centrale Elettrica ‎- Terra (2017): Si farebbe presto a dire che ormai ce lo siamo giocato, invece il buon Vasco non sfigura, e almeno recupera rispetto al precedente deludente. Le canzoni hanno ancora un senso, crescere ha un sapore sempre più amaro, strumentalmente non un granchè da dire ma nel complesso più che dignitoso. 6,5/10

Darkside - Psychic (2013): Nicolas Jaar con un chitarrista. Ricorda l'operazione Amorphous Androginous negli anni '90: elettronica fusa a psichedelia soft, versante Pink Floyd maturi. Risultato modesto, seppur con qualche piccola impennata. 6/10

Ellen Allien & Apparat ‎- Orchestra Of Bubbles (2006): Consigliatomi da un amico mentre si ascoltava il primo Aphex Twin. Non regge il confronto, ma non è da buttar via. 6/10

venerdì 30 giugno 2017

Scarti Da TM #23

Nils Frahm ‎- Spaces (2013): Non mi convince, questo pianista tedesco che mischia classicismo ed elettronica. A tratti sembra avere una stoffa finissima, poi si perde in qualche virtuosismo, poi si perde ancor di più in ruffianeria, insomma salta di palo in frasca con fare furbo e smaliziato. Non riesco a farmelo piacere: peraltro questo è un live fin troppo eterogeneo. 6/10

Julian Cope ‎- Rite (1992): Disco stampato privatamente, annunciato come musica ambientale. Se questa è ambient, io mi chiamo Paolino Paperino. 4 lunghissime jams minimali fra psichedelia, funk e krautrock, i cui spunti in partenza sarebbero anche buoni ma si rovinano con la logorrea. Da 70 minuti se ne sarebbero ottenuti 10 buoni, il resto è scarto. 5/10

Robert Plant ‎- Shaken 'N' Stirred (1985): Il disco "sperimentale" di Plant, in piena era plastica. Modernissimo per allora, ispirato un po' ai Police, un po' ai Talking Heads, baldanzoso, poliritmico, tecnologico ma caldo. In effetti non è male, nonostante una produzione becera; di certo è meglio di qualsiasi cosa abbia fatto negli ultimi 30 anni. 6,5/10

Deerhoof ‎- The Man, The King, The Girl (1997): Miscuglio intricato di noise-freak-pop-alternative. Terra di mezzo, la spontaneità in dubbio. Il costrutto latita, ma non è detto che se ne fosse alla ricerca. Potrei fare spallucce dicendo che non colgo il concetto; massì, le faccio. 6/10

Tractor - Tractor (1972): Folk-hard-blues con qualche iniezione strutturale di prog nelle tracce più lunghe. Alcuni passaggi sono molto buoni, poi si scade in situazioni scontate e già stantie per l'anno di uscita. 6,5/10

Steve Hackett ‎- Voyage Of The Acolyte (1975): Apprezzabile (ma perlopiù strumentale) esordio del chitarrista dei Genesis, abbastanza sulla loro scia. E' vero che il quintetto storico era la somma delle parti. Qui mancano Gabriel e Banks, e si sente. Ma non è certo da buttar via. 6,5/10

Vivenza - Réalités Servomécaniques (1985): Industrial nudo, crudo, puro e duro. Sonorità da catena di montaggio, da taglio laser, da gigantesche macchine siderurgiche. Un po' troppo integerrimo per affascinare. 5,5/10

String Driven Thing ‎- The Machine That Cried (1973): Una specie di contraltare brit-prog dei Jefferson Airplane. Armonie west-coast improbabilmente mixate con atmosfere favolistico-ancestrali. Difficilissimo da digerire. 4,5/10

Underground Set ‎- War In The Night Before (1971): Organ-driven-60's rock da parte di un entità italica guidata dai direttori fratelli Reverberi, protagonisti del symph-pop italiano dei primi '70 e quindi degni di rispetto. Peccato che, nonostante un paio di composizioni di pregio, sia tutto fuori tempo massimo già allora. 5,5/10

Charlemagne Palestine ‎- From Etudes To Cataclysms For The Doppio Borgato (2008): Caro Carlomagno, è vero che hai fatto scuola con il tuo strumming. Però dopo 30 e passa anni preferisco vederti in concerto. Forse interessante per l'aspetto tecnico ed i suoni del Doppio Borgato, ma a livello di ascolto è una palla interminabile. 5/10

Daniel Lentz ‎- On The Leopard Altar (1984): Avanguardia? Contemporanea? Neo-Classica? Elettronica corale? Tutto questo o forse nulla. Al termine, non mi è rimasto un granchè (i suoni sono 80' e non è bello), ma ammetto che è solo colpa mia. 6/10

Slapp Happy & Henry Cow - Desperate Straights (1975): Un RIO contaminato, fra pop e cabaret quello combinato (diceva PS) per non morire di fame. La Krause se ne sta bella controllata, certi pezzi sono raffinati e gradevoli, altri ruffiani ed inappropriati. Facevano la loro figura ma era evidente che dovevano sperimentare. 6/10

Fire + Ice - Gilded By The Sun (1992): Folk apocalittico, marziale, gotico, incorruttibile, perfino eversivo. Non proprio il mio pane, a meno che non si parli di quella fase di Current 93 (che invece era poetico). Ma bisogna riconoscere a questo inglese una visione lucida e qualche buona melodia. Certo, la voce non è irresistibile. 6,5/10

Reale Impero Britannico & Willy Brezza - 1976 Perché Si Uccidono (CSO): I Goblin sotto falso nome probabilmente per ragioni contrattuali + tale Brezza, per un film sulla droga del figlio di Macario. Molto lontani da Profondo Rosso, ma una prova comunque valida fra funk e psichedelia immersa nel periodo fino al midollo, fatti salvi alcuni momenti stucchevoli. 6,5/10

Transcendprovisation - Trans (1977): Improvvisazione pseudo-jazz, con cinque (pseudo?)musicisti che sembrano suonare in 5 stanze diverse. Difficile farla funzionare così, infatti è un mezzo fiasco senza capo nè coda. 5,5/10

mercoledì 31 maggio 2017

Scarti Da TM #22

Boyd Rice - Boyd Rice (1977): La metto esattamente come PS: il principio è puramente concettuale, il risultato è qualcosa di men che mediocre. Loops ossessivi con un gusto del macabro che si taglia col coltello. 5/10

Uniform - Perfect World (2015): Electro-noise dai tratteggi industriali per un duo newyorkese che include il cantante dei Drunkdriver. Niente paura, non ci avviciniamo a quei livelli e  manca il coraggio di addentrarsi in aree meno impervie ma il disco è comunque buono e travolgente. 6,5/10

Jah Wobble ‎- Heaven & Earth (1996); Lussureggiante florilegio di sonorità etniche, una specie di giro del mondo in un'ora e rotti. Orchestrazione ricca e produzione limpida. Fa un po' tappezzeria, salotteria, il che lo relega ad un prodotto più da sottofondo distratto che focus artistico vero e proprio. 6/10

Cloud Nothings - Life Without Sound (2017): Baldi prosegue col suo alternative-indie-pop fragoroso, fresco e frizzante. Mi viene il sospetto che non tornerà mai più ai livelli di Attack on memory, a meno che non si rivolga di nuovo a Steve Albini. Discreto, nulla più. 6,5/10

Coil ‎- Astral Disaster (1999): Disco più di mestiere che di sostanza, che ha diviso la critica in pareri opposti. Io sto dalla parte dei detrattori, sostenendo che sulla carta le idee eccellenti c'erano, ma sono state diluite in modo criminale. Il che non permette comunque di scendere sotto la sufficenza. 6/10

John Carpenter ‎- Dark Star (1976): Troppo infarcito di dialoghi, che limitano l'apporto delle sonorizzazioni (in ogni caso discrete) a direi a spanne un quarto del contenuto. Va bene per i fans terminali del regista. 5/10

V⁄Vm as MRS VVMILLS - Between nothingness & eternity (2016): Da qualche tempo il mio adorato Kirby ne imbrocca ben poche. Anche questo resuscitare V/Vm non è entusiasmante: solo piano, raffazzonato e con poche emozioni, tumultuoso e casinista. Cracovia non gli porta bene, era meglio quando stava a Berlino: meno fame, più ispirazione? 5,5/10

Dead Meadow - Peel Sessions (2012): In vinile limitato, la sessione Peel registrata nel 2001, con solo il primo omonimo alle spalle, più un paio di demos antecedenti. Grezzo, genuino ed entusiastico vintage-hard-psych, le vette artistiche ancora da raggiungere, la vanità della giovinezza e dell'inesperienza. Adorazione, sempre e comunque, fino al 2008. 6,5/10

Grumbling Fur ‎- Furrier (2011): Pastone notturno ad opera di O'Sullivan ed il cantautore psych Alex Tucker, che continuo ad ignorare nonostante le collaborazioni illustri. E' senza dubbio psichedelia, che vorrebbe essere della più bell'acqua, ma sostanzialmente gira attorno ad un concetto non identificato senza colpo ferire. 6/10

Pye Corner Audio ‎- Black Mill Tapes Volume 4 - Dystopian Vectors (2014): Elettronica haunto-vintagistica. Sembra un cuginetto minore di Aphex Twin, oppure lo stesso un bel po' prima del 1985, diciamo con una buona padronanza tecnica ma con molta meno inventiva. 5,5/10

David Yow - Tonight You Look Like A Spider (2013): Inqualificabile Yow; pare che ci abbia messo 15 anni a fare questo strumentale fritto misto di library, ambient, soundtrack, con dei suoni MIDI che erano già brutti ed obsoleti nel 1998. Ma il personaggio è anche questo, ed alcuni tratti sono molto interessanti, peccato per quelli a vuoto. 6/10

Milton Nascimento & Lô Borges - Clube Da Esquina (1972): Il favoleggiato che narrano aver folgorato Battisti durante il viaggio in Sudamerica pre-Anima Latina. Preciso che sono tutt'altro che un estimatore della brasileirità, che ritengo troppo stucchevole, e questo mica si sottrae. Ci sono comunque diversi tratti abbastanza interessanti e ben arrangiati. 6/10

Cheap Trick - In Color (1977): Caduta di tono notevole rispetto al debutto, di pochissimo precedente. Si dice fossero degli scarti; quel che manca è la genuinità, e le canzoni vorrebbero essere semi-parodie e/o citazioni senza nerbo. 5,5/10

Soundgarden - Ultramega OK (1988): Ripescaggio in ossequio alla morte di Cornell; sto riscorrendo il catalogo. Questo per me fu quello meno ascoltato; ancora leggermente acerbo, un po' indeciso sul da farsi, ma già anticamera di un crescendo scintillante che culminerà in quello che ho deciso di bloggare. 6,5/10

Alvin Lucier - Bird and Person Dyning (1976): Difficile dare un giudizio per uno sperimentatore così ardito. 24 minuti di feedback elettronico e cinguettii mi lasciano un po' contrariato. Molto meglio l'altra facciata, per manipolazione vocale e synth rovinosi. La media fa 6/10

Annexus Quam - Osmose (1970): Jams oscure di psichedelia vagamente jazzata per questo ensemble tedesco, non particolarmente rilevante nella storia krauta. L'ispirazione lisergica era sicuramente Saucerful of secrets, iniettato da una schiera di fiati a corredo. L'idea poteva anche starci e i suoni sono fascinosi come da epoca, ma è un disco involuto e privo di dinamiche. 6/10

domenica 30 aprile 2017

Scarti Da TM #21

Sophia - As We Make Our Way (Unknown Harbours) (2016): Caro amico Robin, fa sempre piacere ritrovarti, soprattutto dopo 7 anni di silenzio in cui sei anche stato espulso dall'Europa ingiustamente. La tua musica? Beh, sarà difficile trovare nuove motivazioni al di là di quelle interiori. Diciamo che hai fatto di molto meglio in passato. Comunque 6,5/10

Tiny Vipers ‎- Hands Across The Void (2007): Mi chiedevo perchè un disco Sub Pop fosse passato così inosservato; semplicemente perchè è scarso. Voce squillante e chitarra acustica; ballate stentoree, vitali, non letargiche. Uno stile personale ci sarebbe anche, sulla carta, ma le canzoni? Insignificanti. 5/10

Mount Eerie - A Crow Looked At me (2017): Ridimensionamento strutturale per il buon Phil; sembra un vecchio disco di Will Oldham di quelli super-scarnificati, ma senza tanto talento compositivo. Purtroppo il lutto è stato immenso per lui: è venuta a mancargli la moglie. Tanto affetto, Phil. 6,5/10

Mothlite - Máthair EP (2013): Uscita minore al traino di Dark Ages, e ad esso perfettamente allineato. Anche se fossero degli scarti, è sempre un buon elettro-arty-eighties-pop peculiare e bello fresco. Ma resta il sospetto che non ascolteremo mai più qualcosa all'altezza di The flax of reverie. 6,5/10

Public Image Ltd - Live At Manchester 1979-06-18: Appendice della ristampa deluxe dell'anno scorso di Metal Box. Diciamo che c'era da riempire la cofana ed hanno preso la pessima registrazione (una sola, Wobble non si sente) di un pessimo concerto. Forse erano ubriachi per un pubblico ancor più ubriaco. Io, fossi stato presente e sobrio, mi sarei incazzato. 5/10

Red Krayola - Live 1967 (1998): Pubblicata soltanto per la fama immortale dei primi due albums. Più che sperimentazione si trattava di una tortura vera e propria, che diede origine alla leggenda del cane morto. Si potevano tagliare i momenti migliori e condensare qualcosa di valido, invece è una pena interminabile senza capo nè coda. 5/10

FFWD▸▸ ‎- FFWD▸ ▸(1994): Joint-venture fra gli Orb e Bob Fripp nel momento di maggior successo dei primi. Drumless ambient come se le parti fossero intimidite l'una dall'altra, col risultato che non è nè carne nè pesce, e lo sbadiglio è spesso in agguato. Quasi new-age. 6/10

Edgar Broughton Band - Sing Brother Sing (1970): Indecisi fra blues-rock, un salmodiare beefheartiano e un folk da battaglia. Qualche pezzo sfiora l'eccellenza, ma se sono rimasti un po' nel dimenticatoio un motivo ci sarà. Seconda fascia. 6,5/10

Die Tödliche Doris ‎- Unser Debut (1984): Indecifrabile (soprattutto per il recitato in tedesco) dark-electro-cabaret; uscirono dalla stessa scena degli Einsturzende Neubauten, con un approccio beffardo e concettualmente provocatorio. Evidentemente la musica era poco più che un viatico. 6/10

Michel Waisvisz ‎- Crackle (1978): Questo olandese titolo NWW non sfugge ad un destino tristemente comune a quasi tutti gli inventori di strumenti: una fiera delle possibilità armonico-rumoristiche a scapito di qualsiasi visione artistica. Provocatorio quanto si vuole, ma oppressivo come il trapano di un dentista. 5/10

Olivia Block - Heave To (2006): Non la capisco, la fascinosa Olivia. Elettroacustica semi-rumoristica con squarci di silenzio interrogativi. Ma mi sfugge un disegno di fondo. 5/10

Holly Herndon - Platform (2015): Questi sono i dischi che mi fanno sentire vecchio, vecchissimo. Un caleidoscopio di trattamenti vocali, a tratti un po' freddo, ma che sorpassa a destra ogni concetto di hauntologia. Se l'hanno sbandierato un po' tutti qualcosa ci sarà; magari ci arriverò anch'io fra qualche anno. 6,5/10

Sun Kil Moon ‎- Common As Light And Love Are Red Valleys Of Blood (2017): Talmente prolisso e logorroico da ottenere un effetto comico; il vecchio Markone esagera al punto di far ridere. Ma è una risata che fa riflettere, e ci vorrebbe una disquisizione molto lunga sul come e sul perchè. Resta il fatto comunque che questo non è il Markone che amo io. 6/10


Yndi Halda - Under Summer (2016): Come se avessero passato 10 anni senza connessione internet, senza ascoltare dischi nuovi, sotto una campana di vetro. E' un caso interessante quello degli inglesi: diec'anni fa furono una delle tante meteore (peraltro molto buona) dell'epic-instru, ora sono dei reduci a testa alta e petto in fuori. Ma il tempo è scaduto. 5,5/10

Eugenio Finardi ‎- Sugo (1976): Non mi dispiaceva quando avevo 13/14 anni, ma nonostante l'appartenenza ad un'ambito artisticamente rilevante dei '70 (Cramps, Area ed affini) trovo Finardi indisponente e poco gradevole sia come liriche che come musica. Troppo stentoreo ed enfatico. Sugo indigesto. 5/10

Gong - You (1974): Prova incolore, stiracchiata a seguito della magica trilogia. Inciso forse con troppa fretta, o scadenze contrattuali. Ci sono alcune eccellenti gag in stile, ma l'ago pende verso uno space-rock monotono e a tratti persino vanitoso. 6/10

Lucio Dalla - Il giorno aveva 5 teste (1973): Davvero, meglio il Dalla melo-pop di fine anni '70/inizio '80, e non solo per motivi d'infanzia. Il Dalla sperimentale mi lascia l'amaro in bocca, perchè suona inconsistente, forzato, insomma contronatura. Per non parlare dei testi, ermetici senza un criterio. 5/10

Cave - Threace (2013): Temi psycho molto compatti ed ordinati. Vengono in mente i Wet Hair, una delle ciofeche più clamorose del weird-Usa. Indietro tutta? 5/10

Zz Top - Rio Grande Mud (1972): Quello che mi fa incazzare è che hanno ri-registrato gli album negli '80, così gli originali dei '70 non si trovano da nessuna parte. Ma viene il sospetto che non fossero così imprescindibili. 4,5/10

Le Orme ‎- Contrappunti (1974): Le Orme ultra-tecniche non sfuggivano al processo di vanagloria del prog in atto. Troppo cervellotici, questi contrappunti. Risultato? Persa gran parte della poesia. Per non parlare dei testi, troppo cattolici per i miei gusti. 5,5/10

Joy Division - Misplaced (Rare And Unreleased Rehearsals 1977-1980): Siamo a livelli di feticismo al limite della scatologia. E il bello è che li hanno sparsi proprio loro, questi demos registrati coi piedi. 4/10

Amon Düül ‎- Collapsing Singvögel Rückwärts & Co (1969): Documento importante ma passabile; suona esattamente come ci si aspetta che suonasse una comune di sballati tedeschi, all'alba del kraut fenomeno, talmente sballati da poter suonare solo dei tamburi, e per fortuna che c'era qualche anima pia che ogni tanto attaccava la chitarra e graffiava. 6/10

Riccardo Fogli - Matteo (1979): Il disco prog nascosto per vent'anni, la cui pubblicazione fu impedita dalla major di turno, dato che il movimento era bell'e finito. Non è per tutti i palati, è chiaro, ma si dipana con dignità e buoni arrangiamenti. 6/10

Mauro Pelosi ‎- Al Mercato Degli Uomini Piccoli (1973): Un potenzialmente grande cantautore romano, con un album pressochè acustico + set di archi. In certi momenti sembra quasi il Nick Drake o Scott Walker de no' artri. Tutto però penalizzato da un'attitudine esistenziale / pessimistica che sfiora l'autolesionismo, e un po' deprime anch'essa. Tempi migliori? 6,5/10

venerdì 31 marzo 2017

Scarti Da TM #20

Divination - Akasha (1995): Bill Laswell non è un ambientalista e si sente. I suoi immobilismi pulviscolari sono di una noia feroce. Quanto alla parte jungle del disco, non metto becco perchè è un genere che non mi è mai interessato. 5/10

Anathema - The Silent Enigma (1995): La svolta prog-doom, la pompa magna col vento in poppa. Un disco tutto sommato bello ma estenuante, che forse in altri tempi avrei apprezzato maggiormente. Ma diciamo che con il passare degli anni sopporto sempre meno le voci grosse e certe enfasi drammatiche. 6,5/10

Mammoth Weed Wizard Bastard - Noeth Ac Anoeth (2015): Doom ipoteticamente sulla scia dei grandi Windhand, ma è chiaro che occorre ben altra classe. La voce femminile è troppo marginale e non bastano un paio di buone aperture post-goth per rendere sufficente un disco che indugia troppo su riff triti e ritriti. 5,5/10

Roberto Cacciapaglia - Generazioni Del Cielo (1986): Neoclassica moderna da parte del compositore più ricercato dagli spot pubblicitari forse di tutti i tempi. Musica divina, molto corale, suono impeccabile, cura certosina, che ha i pregi e i limiti del caso: grande ispirazione ma anche grandi sbadigli. 6,5/10

Napalm Death - From Enslavement To Obliteration (1988): Difficilissimo ripetersi, dopo la baraonda di Scum. Eppure resta un buon esempio del death-grind primigenio, ancora incontaminato se non vergine. La monotonia fu una brutta bestia da respingere dietro l'angolo col coltello fra i denti. 6,5/10

Elysia Crampton ‎- Elysia Crampton Presents Demon City (2016): Disco dell'anno per Mattioli. Vale più o meno lo stesso discorso di Arca. Ormai sono un vecchio bacucco e non riesco più a farmi conquistare dalle nuove elettroniche. Oppure sono queste stesse che non sono nulla di eccezionale? La risposta al tempo. 6,5/10

Dome - Will You Speak This Word (1982): Quarto ed ultimo di Lewis & Gilbert sotto la cupola Dome, meno eversivo, più sbilanciato con l'elettronica, con qualche tappabuco evitabile. I 18 minuti di To speak però facevano ardere ancora il fuoco della sperimentazione. 6,5/10

Jefferson Airplane - Volunteers (1969): Quanto sono invecchiati i Jefferson. Ci sono alcuni pezzi molto belli, ma quanta polvere su queste melodie....E' il destino di chi ebbe successo, come ha scritto giustamente PS: gli sconosciuti contemporanei avrebbero ricevuto gloria postuma, i Jefferson si godettero il successo immediato. Punti di vista. 6,5/10

Bevis Frond ‎- Miasma (1987): Scadente, scadentissimo garage psichedelico, oltretutto registrato malissimo. Come ha giustamente scritto PS (e dai), Saloman è stato prima di tutto un grande venditore di sè stesso; questa robaccia avrebbe potuto farla più o meno qualsiasi band da garage. 4,5/10

Amedeo Minghi - Amedeo Minghi (1973): Mi è mancato solo il coraggio, ma devo ammettere la mia stima e ammirazione per AM, persino nelle sue pagine di maggior successo. Il debutto era immerso nella sua epoca fino al midollo: pop sinfonico, soft-prog-westcoastiano, folkettoni agresti, di stoffa elegantissima. Metà molto bello, metà ordinario. 7/10 

Yura Yura Teikoku ‎- Hollow Me (2007): Termino qui la mia escursione nel jappo-pop d'avanguardia inneggiato da FS. E' musica raffinata ma al contempo leggermente sbilenca, accattivante ma non ruffiana. Andrebbe benissimo come sottofondo al ristorante, invece delle solite menate. Ma presa da sola, ha grossi limiti. 6/10

Atoll - Musiciens - Magiciens (1974): Vien da pensare che il capolavoro dell'anno successivo fu uno splendido meteorite, vista l'ordinarietà di questo e la delusione cocente del successivo nel '77. Qui siamo in un prog fibrillante e romantico, con le doti tecniche in sfoggio ma con una forma compositiva medio-bassa per il periodo. 6,5/10

Carl Stone - Woo Lae Oak (1983): Animale strano, il minimalismo. Può esaltarmi come deprimermi o farmi incazzare. Questo Stone d'annata purtroppo rientra nella seconda categoria. Non ci ho colto davvero nulla di significativo. Droni screziati da encefalogramma piatto. 5/10

Lou Reed & Metallica ‎- Lulu (2011): Due istituzioni talmente ingessate da annullarsi l'una con l'altra. Un monolite assurdo che si prende a pugni da solo. Forse la comprensione delle liriche, data l'alta incidenza, avrebbe aiutato. Ma è evidente che qualcuno senza coscienza ha permesso impunemente al buon Lu-rìd (r.i.p.), fritto da parecchio tempo, di fare questa puttanata immane. 4/10

martedì 28 febbraio 2017

Scarti Da TM #19

Tortoise ‎- The Catastrophist (2016); Deludente rientro dopo diversi anni di inattività; pochi i momenti veramente interessanti, è una carrellata di manierismo a volte anche extra-tortoisiano, ed è in quei momenti che le cose vanno peggio. 5,5/10

Panna Fredda - Uno (1972): Già il nome del gruppo era scadente. Prog-rock rinascimentale (un sacco di spinette, celeste, clavicembali) con un cantato insopportabile; qualche bello scarto ritmico non basta a salvare dal naufragio dei nomi di serie D del movimento. 5/10

Thegiornalisti - Fuoricampo (2014): Esempio casistico di come non esista più il confine fra underground e mainstream. Pop italiano che si rifà agli anni '80 meno beceri, un concetto che fino a qualche anno fa avremmo obbrobriato, ma che si rivaluta in maniera misteriosa. Alcuni pezzi sono coinvolgenti. Di un onestà indiscutibile. Ma andiamo, Blow Up....6/10

Police - Synchronicity (1983); Avevo letto che è il migliore della discografia, ma anche no. Alcuni pezzi conservavano un residuo di tensione ritmica avvincente, ma alla fine il migliore è Every breath you take e le stucchevolezze fanno cascare le braccia. Giusto lo scioglimento. 5/10

Volcano The Bear ‎- The Idea Of Wood (2003): Il disco più "residentsiano" dei VTB, un po' Eskimo e un po' Not Available: proprio per questo inferiore agli altri, perchè meno personale. Pochi i lampi di genio dadaista che hanno saputo raggiungere in seguito. 6/10

Mountain Goats - Nothing For Juice (1996): Folk acustico countryeggiante, fatto di quelle melodie tipicamente yankee vecchie come il cucco. Insopportabile. 4/10

Killing Joke - Fire Dances (1983): Tanto efficace quanto monocromatico, efferato quanto ripetitivo. Qui avevano raggiunto la perfezione esecutiva ma non c'erano quasi più emozioni che sarebbero paradossalmente arrivate col successivo, molto più pop. Voto incerto, quindi. 6/10

Cows - Daddy Has A Tail (1989): Madonna quanto mi pesa la produzione iper-compressa delle cose Amphetamine Reptile e dintorni fine anni '80. Mi è quasi insopportabile al punto che persino un disco così gasato e perverso come uno dei primi Cows mi esce ridimensionato. 6,5/10

Red Krayola - Hazel (1996): Ritenuto il colpo di coda di Mayo Thompson dai tempi di Soldier Talk, è in effetti un buon compendio di stranezze nel suo classico stile, ma risente un po' troppo della presenza di Grubbs e O'Rourke che tentacolarizzano produzione e suoni. Per questo alla fine è un po' impersonale, quasi da gruppo. 6,5/10

Shintaro Sakamoto - Love If Possible (2016): Lussureggiante tavolozza di pop, reggae, lounge e funk curato e straniante in quanto nipponico. Non si può negare la cura e la ricerca delle soluzioni melodiche, ma per me è un po' troppo ammiccante. 6/10

Dos - Uno Con Dos (1991): Sono un bassista ed amo tanto il mio strumento, ma questi coniugi bassisti (Watt e la Rossler) erano moooolto pretenziosi nel pubblicare musica per due bassi e nient'altro. Per quanto sia fondamentale nell'economia di gruppo, il 4 corde da solo non può stare in piedi. Poche discussioni. Una palla non indifferente. 5/10

Felt - Forever Breathes The Lonely Word (1986): Il primo disco senza Deebank, ma per quanto non si senta da matti fu anche la svolta "professionale" negli arrangiamenti, nonostante l'animo incompromissorio di Lawrence. Ben poche le canzoni memorabili ed una solarità eccessiva stride con l'anima intensa di Felt. Passabile. 6/10

Tim Buckley - Lady, Give Me Your Key (2016-1967): Per i 50 anni dell'esordio del divino, escono provini acustici in solitaria fra di esso e G&H. Poca roba, che poteva anche starsene nei cassetti. Gli inediti restarono tali per buoni motivi di selezione. Le conosciute non aggiungono nulla. Vale giusto un po' per The Voice, ma l'operazione è un fondello inopportuno. 5,5/10

Projekt Transmit - Projekt Transmit (2009): Il supremo Tony Buck dei Necks in un progetto solista, che lo vede armeggiare una chitarra shoenoisegaze oltre a pestare su groove boombastici attorno all'alternative anni '90. Troppo monotono senza un ossessione di fondo. A volte persino ruffiano. E poi mettersi a cantare, Tony...Dai. 5/10

Sumac - What One Becomes (2016): Cosa diventa uno. Aaron Turner, dopo tanti progetti e collaborazioni, lancia il suo vero nuovo gruppo. Sarà vero? Speriamo di no, altrimenti la bottega creativa si è chiusa. Blocco math-metal che va a parare da tante parti ma finisce per farsi (e fare) venire il mal di testa. E poi i growls, Aaron...Dai. 5/10

Willard Grant Conspiracy - Let It Roll (2006): Una delle piccole istituzioni alt-country uscite negli anni '90. Un disco come tanti, tantissimi. Stile e cura, voce da crooner, due-tre pezzi buoni su 10. Troppo poco. Ma Fisher è morto poco tempo fa e dobbiamo ricordarlo con stima e rispetto. 6/10

Arca - Xen (2014): Acclamatissimo disco di new-electronica scintillante e variopinto. Non c'è dubbio che sia il frutto di un lavoro studiato e certosino, ma che sostanzialmente mi lascia un po' freddo. Colpa mia che non so captare gli elementi innovativi? Forse. 6/10

martedì 31 gennaio 2017

Scarti Da TM #18

IHVHLXXII - Dtxenioutha (2003): Dark-ambient dalla Cina. L'effetto curiosità cessa dopo un solo ascolto: sì, è dark-ambient ma dall'encefalogramma piatto. Non succede praticamente nulla. Gli standard del genere richiedono ben altro per l'annoverazione. 4,5/10

Nadja - When I See The Sun Always Shines On TV (2009): Disco di covers illustri (Codeine, Cure, Swans, etc), tutte passate al trattamento doom-gaze tipico di Baker. L'effetto è peggiorativo, perchè nella sua musica la composizione è l'elemento meno importante. E curiosamente la migliore è degli Slayer, perchè tira fuori una cattiveria sconosciuta. 5,5/10

Demdike Stare - Elemental (2012): Non riesco a capire tutto l'entusiasmo critico nei confronti dei DS. Elettronica impetuosa, certo, con gran bel suono, avanguardistica, ma la sostanza dove sta? Non è detto che la musica senza cuore non vada bene, anzi...Semplicemente non ci trovo nulla di strepitoso. 6/10

Cornucopia - Full Horn (1973): Pochissimi progsters, forse nessuno, ha riscosso riscontri artistici notevoli in Germania. Non fece eccezione questo ottetto, che pure pestava sui lati più contorti e complicati di un suono denso e ben orchestrato, ma mai veramente memorabile. 6,5/10

Moving Gelatine Plates - Moving Gelatine Plates (1971): Prog francese abbastanza puntuale ma non molto avanguardistico per il 1971. Gli scenari si alternano con maestria, molto buone le parti chitarristiche e la ritmica. Ma non giustifica l'inserimento nella NWW, di cui resta un nome tutto sommato minore. 6,5/10

Blue Effect ‎- Nová Syntéza - New Synthesis (1971): Deludente replica un anno dopo Conjuncto. Qui siamo in un'area jazz-big-band tronfia e scontata, e persino gli assoli di chitarra del leader suonano scarichi nella sua bluesaggine stantia. Pessimo. 5/10.

David Sylvian - Live 1988 Nakano Sun Plaza Hall (Tokyo 1988-04-12); Tempo fa parlai di un altro live nipponico dei tempi d'oro, e mi piaciucchiò, ma non replicava la magia in studio. Questo non mi fa cambiare idea: tutto troppo perfetto, i musicisti si specchiano narcisi, le versioni non cambiano di una virgola. 6,5/10

Black Dirt Oak - Wawayanda Patent (2013): Progetto di tal Steve Gunn, chitarrista americano solitamente dedito ad un alt-indie-country con altri gruppi. Questo è un pregevole fingerpicking mistico, odorante incenso ed India, che funziona persino meglio quando supportato da una sezione ritmica. Etno-country? 7/10

Books - The Lemon of Pink (2003): Il tripudio della folk-tronica, in un disco incensatissimo dalla stampa. Non nego che le sonorità siano curiose e l'effetto sia straniante, ma il complesso mi lascia abbastanza indifferente e l'autoindulgenza trasuda da tutti i pori. 6/10

Van Der Graaf Generator - Do Not Disturb (2016): Sufficienza risicata per l'ultimo disco dei miei supereroi, a malincuore ma purtroppo non posso far finta di niente. Spero di riuscire a vederli live un'ultima volta prima del ritiro definitivo, perchè forse la vena creativa si è definitivamente chiusa e la stanchezza è fin troppo palpabile. 6/10

Get Up Kids - Something To Write Home About (1999): Mezzo voto in più per il rispetto che nutro per FF di Bastonate, che lo ritiene una pietra miliare del power-indie-pop. Per me è un disastro di pezzi melodico-testosteronizzati con le chitarre del punk, le voci adolescenziali sempre uguali ed una ovvietà imbarazzante. 4,5/10

Iceage ‎- Plowing Into The Field Of Love (2014): Improvvisa mutazione per il gruppo di punta dell'indie-punk danese: si sono trasformati in epigoni di Nick Cave e Gun Club. Ed alla fine il risultato è persino gradevole, perchè il cantante fa una specie di pantomima grottesca che è quasi irresistibile. Ed alcuni pezzi sono anche buoni. 6,5/10

Matt Elliott - The Mess We Made (2003): Ci ho messo la buona volontà, insomma, ci ho riprovato ma con Elliott non vado d'accordo. Mi annoia a morte, mi sembra come uno che voglia sfidare i Black Heart Procession, ovvero Davide contro Golia, e non c'è scampo. 5/10

Afterhours - Folfiri O Folfox (2016): Difficile definire "ostico" o "sperimentale" un disco per un paio di stranezze, qualche ritmo storto, qualche dissonanza di chitarra, qualche ronzio atonale di violino. Il problema è che gli ultimi 3 dischi degli Afterhours vengono immancabilmente accolti come tali, ed invece altro non sono che pop-rock che ripete un modello stantio. 5/10