lunedì 31 dicembre 2018

Scarti da TM #41

VV.AA. - WeMe10ans (2014): Compilation di pura acid-house che ho acquisito solo ed esclusivamente per la presenza di un inedito di Leyland Kirby, dato che sono del tutto ignorante in materia. Devo ammettere che si tratta veramente di una buona antologia, però, con delle punte che sfiorano l'Aphex Twin d'annata, ovviamente altalenante ma in sostanza un 3/4 d'ora piacevole. 6,5/10

Richard Chartier ‎- Removed (2017): Collaboratore di Basinski ma soprattutto prolifico ambientalista da circa 20 anni, con questo acclamato il californiano esplora il confine fra musica, drone e silenzio. Richiede moltissima attenzione perchè perdere il filo è un attimo, ed io l'ho smarrito una certa. 6/10

Tom Recchion - Sweetly doing nothing (2006): Da questo punto in poi il magico Tommy ha ripiegato la sua fantastica musica su un elettroacustica ombrosa, seriosa e quasi priva dell'ironia palpabile che ha colorato la sua parabola gloriosa. Resta un buonissimo prodotto ma senza quei colpi di genio a cui ci aveva abituato, lascia un amaretto in bocca. 6,5/10

Kevin Coyne - In Living Black And White (1976): Live celebrativo del primo KC, a due facce: metà solo voce e piano elettrico, molto cabarettistico, e metà full band con uno scatenato Andy Summers, in procinto di formare i Police. Un blues-rock sostanziale e sanguigno, con ottima tenuta istrionica, ma privo di quella profondità che ha contraddistinto i suoi primi dischi. 6,5/10

Carl Stone ‎- Four Pieces (1989): Il minimalismo polifonico di Stone, con delle punte d'eccellenza nei loops vocali e dei nadir nelle orchestrazioni più intricate, danneggiate da quel maledetto suono plasticato dei suoni a pochi bit. Costava molto di più usare degli strumenti veri per quelle partiture avanguardistiche? 6/10

Franti - Il giardino delle 15 pietre (1986): Propaggine avanzata di un art-Rio-post-punk, declinato in diverse (troppe) salse: reggae, punk, cabaret, ed altro. La voce femminile così declamata alla lunga tedia, finendo per far passare a volte in secondo piano le musiche, intriganti. 6/10

Air Conditioning - The Ocean (2007): L'ultimo, improvviso lavoro degli AC in formato cassetta a 100 esemplari. Terminava così la breve corsa del più grande act harsh-yankee-noise, con una concentrazione qualità/quantità colossale. Meno rifinito, con poche sorprese e molto trapano, rispetto ai 3 dischi maggiori, ma sempre una terapia d'urto che non lascia indifferente. 6,5/10

My Cat Is An Alien - Leave Me In The Black No-Thing (2006): Due pezzi per un ora per gli Opalio Bros in uno dei loro più pubblicizzati, che mi lasciano un filo perplesso. Rumorismo psichedelico un po' gratuito, molto flusso di coscienza affastellato ed accatastato. Sonorità harsh ma ben confezionate. 6,5/10

venerdì 30 novembre 2018

Scarti da TM #40

Colleen - A Flame My Love, A Frequency (2017): Elettro-cantautrice francese in attività da parecchi anni, ora su Thrill Jockey. Un mix di hypna-kraut intimista fascinoso ed ovattato. Il disco trova il suo bandolo solo verso la fine, quando si mette a cantare vellutatamente in un paio di ottimi pezzi. Prima però tanti, tanti sbadigli con gli strumentali, erranti senza punto. 6/10

Sweet Okay Supersister - Spiral Staircase Sass (1974): Inizia benissimo, questo disco di olandesi pazzoidi, con un raffinato zappismo di derivazione Hot Rats, ma poi scade clamorosamente in un cabaret-vaudeville appiccicoso e ruffiano. Prima parte molto buona, seconda quasi inqualificabile. La media fa 5,5/10

T. Rex - Electric Warrior (1971): Per me questo insopportabile e ruffianissimo glam-rock può anche essere l'equivalente inglese di Gianni Morandi. 4/10

Luluc - Sculptor (2018): Coppia mista australiana salita alla ribalta più che altro per la stima di colleghi famosi, forse. Si tratta di un cantautorato molto intimista, che non si illude certo di replicare le gesta di Low e/o Beach House, ma gira su modelli molto più classici, alla Simon & Garfunkel. Che non è proprio un bel complimento, a mio parere. Resta non disprezzabile, comunque, al netto di qualche svenevolezza davvero diabetica. 6/10

Ida - I Know About You (1996): Finito su un 20 Essentials di BU forse più per riempitivo che per reale merito. Un buon suono, canzoni piuttosto zuccherine ed impasti vocali misti quasi alla Low ma alquanto privi di altrettanta profondità. Stiracchiato 6/10

Dear Hunter - Act V - Hymns With The Devil In Confessional (2016): Pop-prog lussureggiante e forbito, con arrangiamenti curati ma mai pomposi o noiosamente ridondanti. Qualche traccia più elaborata è veramente ottima, ma in maggioranza è ruffianeria, piacioneria, zuccherosità ai limiti del radiofonico. 6/10

mercoledì 31 ottobre 2018

Scarti da TM#39

Seirom - I Was So Sad (2016): MDJ si è fatto un po' prendere la mano e, citando il titolo del suo splendido terzo disco, la luce ha inghiottito tutto: il 4° Seirom è di fatto il suo album new-age; statico oltre misura, inondato di tastieroni hauntologici, quasi dolciastro, svanito, poco sviluppato come tematiche. Cocente delusione, e si poteva quasi prevedere, in progressione. 5/10

Snatch - Shopping For Clothes 12'' (1980): Difficile giudicare un EP, soprattutto se nella List. Tre pezzi da parte di un duo femminile art-elettro-punk stanziato a Londra a fine '70, con tutte le contraddizioni della situazione. Un inqualificabile pseudo-jazz, un elettro-funk schizoide, un delirante stomp-wave. La media fa 6,5/10.

Quix O Tic - Mortal Mirror (2002): Originalissimo trio di Washington, di area indie (su Kill Rock Stars). Una specie di soul-pop virato dark con cantato femminile vibrato, suonato scarnissimo, per larghi tratti soltanto basso e batteria. La sorpresa finisce presto e subentra la noia, con la mazzata finale di un'inspiegabile Lord Of This World che ammazza letteralmente. Pitchfork gli ha dato 3.6, io sono più magnanimo. 5/10

Lorde ‎- Pure Heroine (2013): Dischi di puro diabete come questo mi fanno tornare a sentire i miei 20 anni: fanculo il mainstream, fanculo i ritmi hip-hop, fanculo i coretti r&b, fanculo tutti.  E mi fanno tornare ad avere voglia delle chitarre. Magari con una produzione più suonata non sarebbe stato neanche malaccio, ma anche le canzoni non sono granchè. 4,5/10

Galaxie 500 - Today (1988): Termino qui il mio rapporto con la discografia dei G500, composta di un grande disco (On Fire), uno mediocre (questo) ed uno scarso (l'ultimo). Pochi gruppi nella storia sono stati così integralisti; canzoni praticamente tutte uguali, seppur diverse nei risultati sostanziali, un paio soltanto indimenticabili e per il resto tanti sbadigli.  6/10

Polyrock - Changing hearts (1981): Inferiore al debutto di un anno prima, seppur gradevolmente art-wave, perchè meno arty e scevro di quelle trovatine che lo rendevano speciale. Più legato alla new-wave secca e ritmata, più Devo, in sostanza meno geniale. Sancì lo split. 6,5/10

Olivia Tremor Control ‎- Music From The Unrealized Film Script ''Dusk At Cubist Castle'' (1996): Odio i Beatles, e la scheda di PS per me è Pura Bibbia giustizialista. Per cui non digerisco neanche dischi come questi, che vengono santinati più o meno da tutta la critica. 5/10

Bowery Electric ‎- Beat (1996): Sonorità fascinosamente electro-shoegaze per una band che rinnegava le chitarrosità del debutto di appena un anno prima, che comprai dal Pig. Ma la noia domina in lungo ed in largo, lasciando che la cura del suono prevalga su un songwriting che in realtà non esiste. Due-tre spanne sotto i Seelfeel. 6/10

Ogive - Folds (2017): Ambient organica brulicante più che dronica, per 5 lunghi FLAC che fanno della ricerca e del puntiglio del suono la loro mission, a mia ipotesi. L'encefalogramma però fa ben pochi sbalzi, relegandola a merissimo sottofondo per qualsiasi cosa; non influenza per niente ciò che si fa durante. 6/10

Electric Wizard - Come my fanatics (1997): Ecco la differenza fra fuoriclasse (Sleep) e brave formazioni di buona classifica come gli EW: un disco che inizia alla grande, con suono sulfureo e supercartavetroso, da manuale doom-metal, e poi cala drasticamente dalla metà in poi, fino a diventare prevedibile nonostante l'indubbia maestria malefica. 6,5/10

Tom Waits - Rain Dogs (1985): Tanta, tantissima stima, ma non è proprio il mio genere. Lo preferivo nei '70. 6,5/10

Jandek - White Box Requiem (1996): Mi sembrava strano. Avevo ascoltato solo Blue Corpse e lo avevo  trovato bellissimo. Forse Jandek ha dato il meglio di sè sul filone chitarra acustica/voce negli '80; la sventura sonora ha un suo fascino perverso, ma questo è davvero troppo, troppo semplicistico per colpire. 6/10

Message To Bears - Carved From Tides (2016): Purtroppo il buon Jerome alterna dischi riuscitissimi (Maps) a pallide reiterazioni del suo estatico glitch-folk (Folding Leaves, questo). Credo sia giunto il momento di dare una sterzata, perchè ormai il filone ha esaurito la sua vena e ripetersi oltremodo non giova al suo status artistico. 6/10

Jandek - Glasgow Monday (2006): Sembra che parlare male di Jandek sia illegale, ma per me questo live per sussurro senile, piano demente, soffi di basso e sfrigolii di piatti è indifendibile: va bene la naiveteè, va bene il personaggio che si svela e tutte le sue storie accessorie, ma questo è veramente troppo. Almeno con la chitarra c'è maggior spettro sonoro e dinamismi. 4/10

Rake - Intelligence agent (aka g-man) (1996): Parecchio inferiore al precedente dell'anno prima, il doppione super-folle che ce li ha consegnati come degni eredi di taluni giganti del passato. Una formula così instabile e precaria necessitava di maggior lucidità (sembra un ossimoro, ma è così) e qui i Rake l'avevano smarrita. Oppure si prendevano troppo sul serio. 6,5/10

Radar Bros. - Radar Bros (1996): Un Top 20 dello Slow-Core secondo BU. Un'onesto e semplice lavoro di folk-rock pigro, svogliato e sottilmente elettrico secondo me. Emerge qualche buona composizione, ma quando decidi di mantenere un battito così uniforme come ritmiche ed emotività, sono ben altri i livelli che ti devono differenziare dal mucchio. 6,5/10

domenica 30 settembre 2018

Scarti Da TM #38

Magical Power Mako ‎- Super Record (1975): Secondo album di Makoto Kurita dopo quel Magical Power che ne aveva rivelato il talento folle. Delusione, perchè qui lo psycho-ninja ripiega del tutto su un acid-folk svanito ed incantato senza remore. nascondendo quell'eclettismo che aveva brillantemente dimostrato prima. 5/10

Trevor Wishart ‎- Red Bird - A Political Prisoner's Dream (1978): Ho avuto momenti in cui ero molto più dentro la sperimentazione brada elettro-acustica degli anni '70. Adesso non è uno di questi, e a farne le spese è questo lavorone di meccanica, voci e volatili che forse ha solo la colpa di essere un pochettino lungo. 6,5/10

Ya Ho Wa 13 - Ya Ho Wa 13 (1974): Blues-country-rock amatoriale e dozzinale per una band formatasi in una comune di vegetariani californiani capitanati da una specie di santone che fu il primo ad aprire un ristorante del genere e si vantava di avere una dozzina di mogli, oltre che di cantare con una prosopopea insopportabile. Quasi inascoltabile. 4/10

Wire - Nocturnal Koreans (2016): Il (ormai) solito disco dell'età pensionabile dei nuovi Wire, perfetto, levigato, melodico, prodotto superbamente, con il tiro di fabbrica e l'inerzia di due marpioni come Newman e Lewis che col pilota automatico inserito vanno avanti senza fare una piega. Ma alla fine è solo acqua fresca. 6/10

VV.AA. - Untitled 10 (The Black Album) (2010): Compilation a base di ambient, glitch ed affini, che soffre di una certa discontinuità e monotonia (che sembra un paradosso ma è così), ed a cui perfino il mio idolo Leyland Kirby fornisce un inedito scialbo e prevedibile, il che significa lo scarto di uno scarto degli scarti. 5,5/10

Throbbing Gristle ‎- Part Two - The Endless Not (2007): Il ritorno dei TG, per una fusione interessante di cantautorato deviato, elettronica lussuriosa, industrial-jazz, un po' innocuo a paragone con le prove originarie ma con suoni davvero invidiabili. Certo se l'avessero fatto dei giovanotti sarebbe stato un esordio molto positivo. 6,5/10

Aidan Moffat & RM Hubbert ‎- Here Lies The Body (2018): Il buon vecchio con un chitarrista coevo e conterraneo, per un disco prettamente acustico che cerca (invano) di resuscitare arie del passato. Qualche brividino non è sufficiente per far rinascere quei brividoni. 5,5/10

venerdì 31 agosto 2018

Scarti Da TM #37

Thank You - Golden Worry (2011): Il giochino oneidiano di Terrible Two fa molto meno effetto e mostra un po' la corda. Un art-core tutto spigoli, motoriks al fulmicotone e vertigini, con dei momenti molto buoni ma che alla fine non è memorabile come in precedenza. 6,5/10

Amedeo Tommasi - Synthesiser (1973): Autentico campionario (e chissà perchè poi quella s al posto della z, mah...) di suoni sintetici per documentari sull'industria, con chiosa finale di Geyser artificiale. Non so, forse sono all'esaurimento dell'entusiasmo sulla library, oppure questo è davvero troppo un catalogo duro e puro. 6,5/10

Porcupine Tree - The sky moves sideways (1997): Il disco della maturità per Wilson, di un ambizione smisurata e di una cura a dir poco maniacale nei suoni, che però diventano un'arma a doppio taglio: troppo patinati, a tratti persino più invecchiati di quelli di 25 anni prima. E poi l'eccessiva lunghezza, che svilisce i pur svariati, ottimi spunti. 6,5/10

Unmade Bed ‎- Loom (2009): Piacevole psycho-pop sulla scia dei nostrani Jennifer Gentle, la cosa più banale che si possa dire. Gradevole anticamera di quel mezzo capolavoro di ambient-rock che seguirà 3 anni dopo, e purtroppo non (ancora) replicato, per una band fiorentina penalizzata forse dalla scarsa visibilità. 6,5/10

martedì 31 luglio 2018

Scarti Da TM #36

Juri Camisasca ‎- 2018 Evoluzione Interiore (1978): Reperto d'archivio per un JC live voce ed harmonium, all'insegna del minimalismo puro ed al misticismo immobilizzato. Un po' dura arrivare in fondo a questi 80 minuti, anzi devo dire che non ce l'ho fatta. Seppur gradevole, è uno di quei mattoni che può esaltare soltanto Gino Dal Soler. 5,5/10

Piero Piccioni - Le Mani Sulla Citta' (1963) ⁄ Salvatore Giuliano (1962) ⁄ Il Caso Mattei (1972): Vecchiume avanzato per la prima soundtrack, che salvo il tema principale è un'insopportabile lounge-jazz da crociera. Sinfonia ariosa e seriosa la seconda, audace esperimento quasi noise la terza. La media globale fa 6/10.

God Is My Co-Pilot ‎- Puss O2 (1995): Art-queer-core volontariamente spastico, con momenti beefheartiani interessanti perchè con voce femminile. 6,5/10

Thrice Mice ‎- Thrice Mice! (1971): Jazz-prog-rock stentoreo per una meteora della serie B tedesca; parecchio inferiori ai Lily, per dirne una veloce con un possibile confronto. Musica invecchiata parecchio male, nonostante si porti dietro quel Dna anglo-tempestoso che le fa raggiungere comunque 6/10

Woorden - Woorden (1968): Nella classifica dei più indigesti della NWWList, questo sta sicuro sul podio. Insopportabile recita di poesie in olandese con uno sparuto sottofondo di batteria ed armonica. Sarà anche incredibly strange muzak, ma quand'è troppo è troppo. 4,5/10

VV.AA. - LB⁄ R La Bellezza Riunita (2018): Un tributo a Battisti/Panella non può passare inosservato, specialmente se c'è qualche nome noto. Ma è una mezza delusione; indugiare su una techno-trance sciapa per la maggior parte dei titoli significa perdere ogni oncia di personalità. Brilla su tutto Le cose che pensano della Bastrenghi, una vera gemma con inserti autoctoni, e la ripresa strumentale di Gabbianone. Spartiti, Fiumani, Pankow e Larsen fanno un compitino. 6/10

June Of '44 - Four great points (1998): Sembra incredibile, ma dopo 20 anni quello che veniva sbandierato come il capolavoro dei JO44 non mi piace più. Sudditanza psicologica? Influsso del live a cui assistei quello stesso anno? Mancava l'attenzione per la composizione. Ci si focalizzava sui suoni, sulla tecnica e sulle jams, sacrificando l'aspetto emotivo che aveva reso grandi i primi due albums. 6,5/10

sabato 30 giugno 2018

Scarti Da TM #35

Vic Chesnutt ‎- Drunk (1993): Drastica caduta di tono rispetto all'anno prima ed il fantastico West Of Rome. Mesto e monotono folk-writing con arrangiamenti ingessati e scontati. Certo l'autore aveva la sua cifra, ma si vede che a livello produttivo la mancanza di Stipe si faceva sentire, e non poco. Troppo alcool. 6/10

Caretaker - Take Care, It's A Desert Out There (2017): 50 minuti di dark ambient galattica, per un'installazione artistica a Londra nel Dicembre scorso (non ho capito se eseguita dal vivo o meno, ma non ha importanza). Il mio paladino sa (sapeva?) fare molto meglio, anche in questo filone oscuro. 6/10

V⁄Vm - V⁄Vm Valentine EP (2001): Questo è quanto faceva LK da giovane; poco più che amatoriali, dissacranti trattamenti di canzoni famosissime, a base di tonnellate di chorus, con art-work ancor più amatoriali, quasi esilaranti. Diciamo che è stata una palestra importante per prendere confidenza coi macchinari giusti. 5/10

V⁄Vm - The Green Door (2000): Vedi sopra: in quegli anni il ricciolone sfogava tutte le sue velleità distruttive in questi manualetti dell'assurdo, un po' troppo lunghi per essere digeriti, seppur a tratti interessanti. 5/10

V⁄Vm - Sick Love (2000): Vedi sopra e nient'altro. 5/10

V⁄Vm - Dimitri Shostakovich ''The Missing Symphony'' (2003): Le 15 sinfonie del russo collagizzate e stratificate in un tempo fisso per 4 movimenti. Ne esce un maelstrom sinfonico che in fondo non ha un gran significato. O se ce l'aveva, non l'ho capito. 5/10

Caretaker - Delving Into My Past For FACT (2009): Un podcast a quanto pare antologico di quanto aveva realizzato JK come Custode fino ad allora, per un magazine online. Difficile smentire la natura riepilogativa; in gran parte il filone è quello dark-ambient dei dischi più lunghi, la grana invece è ben riconoscibile. 7/10

Yo La Tengo - May I Sing With Me (1992): Non sono mai impazzito per gli YLT, a parte forse Electropura che ritengo un ottimo disco, ma per il resto mi sono sempre sembrati degli onesti mestieranti indie-rock, di sicuro di buon livello ma prescindibili. Se questo è il loro capolavoro, la mia opinione peggiora di sicuro. 6/10

Ozric Tentacles - Erpland (1990): Dev'essere una questione di tempi: una volta gli OT mi piacevano di più. Chiaro che per il 1990 erano un'anomalia ed in fondo lo sono sempre stati, ma un senso di anestetico mi coglie alla fine di questa loro pietra. Space-technic-instru-rock di gran classe, ma alla lunga annoia un po'. 6,5/10

Walter Franco - Ou não (1973): Curioso cantautore brasileiro capitato chissà come fra le mani di Stapleton. La freakitudine del personaggio è fuori discussione, le sonorità prettamente acustiche e neanche tanto aderenti alla tradizione nazionale. Un'inclusione simpatica della List e niente di più. 6/10

Kluster - Klopfzeichen (1971): Asperità industriali a go-go per il debutto di Rodelius & Co., ben acerbi rispetto alla seconda fase con la C, molto più avveniristica e memorabile. Un disco piuttosto pesante da digerire, nonostante qualche buon momento nel secondo lato. Più che altro è sembrato fatto a casaccio. 6/10

Flavio Giurato - Le Promesse Del Mondo (2017): Nonostante qualche aggiunta strumentale sull'impianto, il Giurato attuale resta focalizzatissimo sulle liriche, che però non sono interessanti come in Maiorana. Per cui si tratta di un turn-over giudiziale: leggermente meglio le musiche, leggermente meno le parole. La media fa 6,5/10

2 Foot Flame - 2 Foot Flame (1995): Primo di due del trio Jefferies-Morley-Smith, un esperimento non troppo riuscito: eruzioni chitarristiche del secondo su declamazioni stentoree della terza, col primo defilato in qualche sfuriata di batteria e qualche svolazzo di piano dei suoi. Mancava un filo coesivo, in fondo. 6/10

Godspeed You Black Emperor! - Luciferian Towers (2017): Mezza delusione per i Godspeed al loro ultimo; un disco concentrato solo sui suoni, come da stile, ma clamorosamente privo di dinamiche, involuto su sviluppi circolari e privo di quelle impennate che li hanno resi grandi. Una mezza dormita. 6/10

Webcore - Webcore webcore (1988): Uno strano miscuglio spacciato per un Top 20 della psichedelia britannica di fine '80, che secondo me di connotati ne ha poco o niente. Una specie di elettro-wave di strada, con insistenti percussioni troppo '80 per poter accattivare, troppe declamazioni, e un fondo musicale un po' esile. Originale sicuro, ma scarso. 5,5/10

Violent Femmes - Violent Femmes (1982): Il ricordo del video iper-realista di Gone Daddy Gone visto su Indies fa scendere una lacrimuccia: il folk-core dei Violent Femmes non era davvero la mia tazza, ma riconosco loro un originalità ed uno stile. 6,5/10

High On Fire - Blessed black wings (2005): Non tollero Pike nelle sue vesti di Lemmy stoner-metal, cioè; lo tollererei se fosse uno sconosciuto, anche se ai limiti della freddezza, ma sapendo chi è, resto deluso. 5,5/10

giovedì 31 maggio 2018

Scarti Da TM #34

Talibam! - The Excusable Earthling (2007): Uno dei primissimi prodotti di Mottel & Shea. Due jam di 18 minuti in puro stile Borbetomagus, con la line-up però in power-duo. Ascoltare Shea è sempre un piacere, ma il materiale, puramente improvvisato, non è un granchè memorabile. 6,5/10

H.P. Lovecraft - H.P. Lovecraft II (1968): Musica davvero invecchiata troppo male. 5/10

Pearls Before Swine - One Nation Underground (1967): Musica realmente invacchiata malissimo. 5/10

Perfume Genius - Too Bright (2014): Svolta patinata per il cantautore fragile che avevo scoperto col precedente 2012. Evidentemente il ragazzo vuole il successo, e visto il potenziale commerciale (se oggi ha ancora senso parlarne), e la stoffa sarebbe dalla sua parte, ma sono scelte e io oggi scelgo di abbandonarlo. 6/10

Mazinga Phaser - Abandinallhope (1997): Space-rock in classico stile '90 con puntatine kraute, un vago retrogusto indie, una voce femminile incantata ed eterea. Avessero concentrato le trovate nella metà del tempo ne sarebbe uscito un gran bel dischetto. Troppe diluizioni. 6,5/10

Rubicon - What starts, ends (1992): Power-gothic abbastanza peculiare per un gruppo inglese che fece due dischi su Beggars Banquet. Suono lambiccato, mezzo guitar-hero e cantante potente, calati in un contesto semi-dark; curioso anche se non memorabile. 6,5/10

Tar - Clincher (1991): Un mini-lp di transizione dei grandissimi Tar, altezza Toast. Meno incisivo di quest'ultimo e tanto meno di Jackson, meno titanico di Over And Out. Insomma, meno di tutti i loro grandi dischi, ma tutt'altro che disprezzabile; la formula era sempre la loro, soltanto che i pezzi sono semplicemente meno geniali. 7/10

Spacemen 3 - The Perfect Prescription (1987): Mi sono dato 10 anni di tempo per rifletterci ma il giudizio non cambia: ritengo che gli S3 siano stati uno dei gruppi più sopravvalutati della storia. Belli i suoni ed intriganti le atmosfere, ma inconcludenti e scontati a livello compositivo. Non a caso qui il pezzo migliore è una cover dei Red Krayola. 6/10

Il Rumore Del Fiore Di Carta - Lesson 3 – How To Live Without Senses (2011): Post-rock sui generis, molto accademico ed impostato, molto debitore dei Giardini Di Mirò, ma anche di certe formazioni americane già non esaltanti di loro. Passare oltre, peccato. 5/10

lunedì 30 aprile 2018

Scarti Da TM #33

Brise-Glace - When In Vanitas (1994): Non ho mai amato questo disco, nonostante le autorevoli critiche positive. E' più che altro un collage ad opera del giovane Jim O'Rourke di pattern percussivi di Thymme Jones, qualche rasoiata di gruppo minimal-noise, qualche intramezzo post-rock, ma senza catturare molto l'attenzione. 6/10

Cobra Verde - Viva la Muerte (1994): Power-pop stradaiolo rimasto impresso per un raro 8/10 di PS. Frizzante e tutto sommato gradevole, ma ben poco di memorabile. 6/10

Diaframma - Tre Volte Lacrime (1986): Non offenderò la sensibilità di quelli che sono legati affettivamente a questa musica per ragioni anagrafiche, sia ben chiaro. E nemmeno discuterò del talento e dell'integrità artistica di Fiumani e compagnia. Ma questa musica è invecchiata malissimo e persino la poetica sembra stantia. 5/10

This Heat ‎- Health And Efficiency EP (1980): EP incastrato fra i due albums storici. La title-track è un avant-wave-noise micidiale, efferato e creativo. Il retro è un esercizio drone di 11 minuti, lievemente tedioso. La media fa 7/10

This Heat - Repeat (1993): Reperti dell'epoca d'oro disotterrati per chissà quale motivo. Repeat, 22 minuti per batteria e manipolazioni di varia natura, più che buona. Metal, 21 minuti di suoni concreti, lievemente tedioso. La media fa 6,5/10

Nicolas Jaar - Sirens (2016): Risposta fighetta a quel gioiellino che era stato Space is only noise. O che il buon Nicolas si è montato la testa e pensa di fare i milioni o che è innamorato forte, altrimenti non si spiegherebbe un disco così stucchevole, pantomimaro e patinato. 5/10

Electric Frankestein - What, me worry (1976): Uno scherzo di Paolo Tofani, sull'onda del successo degli Area. Registrato quasi interamente a Londra 5 anni prima, verte su un cantautorato psych-westcoastiano dignitoso, ma nulla a che vedere col resto della sua carriera. Per completisti. 6/10

Cosmic Jokers - The Cosmic Jokers (1974): Il preconcetto guasta in parte il risultato: queste jams furono "rubate" in cambio di droga da un lestofante di produttore, e nel mucchio c'era anche il grande Gottsching. Escursioni cosmico galattiche precarie, improvvisate e levitanti, però grandi suoni, vibrazioni celestiali e ottimo ancoraggio ritmico a terra. 6,5/10

Alternative TV - The Image Has Cracked (1978): A dispetto di quanto PS lo definisca una pietra miliare del punk, trovo il primo ATV un po' grezzo, disomogeneo e fuori fuoco, non soltanto per l'inclusione della jam live in cui Perry cedette il microfono al pubblico. Qualche anthem indovinato non basta per renderlo un capolavoro. 6,5/10


Michael Gira - Drainland (1995): Un Gira solista dei tempi migliori degli Swans. Indubbiamente il carisma è notevole. E' in sostanza un folk apocalittico goticheggiante che fa a pezzi il genere, ma confrontato alle opere maggiori fa un figurino tipo "scarti dignitosi, da riempire un contenitore, così, quasi per gioco..." 6,5/10

sabato 31 marzo 2018

Scarti Da TM #32

Breathless - Three Times And Waving (1987): Restano una gigantesca incompiuta della 4AD tempi d'oro. Suoni atmosferici, belli, bellissimi ma composizioni incerte e monotone e soprattutto una voce insignificante, a tratti irritante. Potevano fare grandi cose ma evidentemente mancava loro il talento giusto. 5,5/10

Stooges - Have Some Fun - Live At Ungano's 1970-08-18: La bassa fedeltà di questa registrazione dal pubblico è troppo persino per un fan terminale di Funhouse come me, che già avevo apprezzato le outtakes della ristampa. Peccato, perchè il live fu infuocato, per quanto didascalico (non poteva essere altrimenti, vista la tecnica...). 6/10

Current 93 ‎- Swastikas For Noddy (1988): Una noia mortale, quello che viene definito uno dei dischi simbolo del folk apocalittico. Genere che continuo a snobbare, persino nelle espressioni del suo massimo act. Lezioso, pretenzioso e a volte persino stucchevole. Molto meglio il precedente Imperium. 5/10

High Tide - The Reason Of Success (1991): N. 6 strumentali con base minimale, sostanzialmente dei lunghissimi assoli di Tony Hill. Questo è stato l'ultimo disco degli High Tide, l'ultimo di una marea in 2-3 anni dalla reunion. Non è stato un bel modo per congedarsi, per quanto si ami la chitarra di quest'uomo; un po' troppo, poco curato, approssimativo. 5/10

Pharmakon - Contact (2017): Terzo disco brutale della bionda Margherita e mi aspettavo un evoluzione, devo dire. Non c'è nulla che non vada in questa mezz'ora di harsh semi-industriale di ritualismo urbano, soltanto che non è cambiato molto dall'esordio. Spero al prossimo episodio, altrimenti la promessa non sboccia. Decida lei dove, basta qualche parte. 6,5/10

Pataphonie ‎- Le Matin Blanc (1978): Dopo un esordio sconvolgente con cui guadagnavano la NWW List con enorme merito, i transalpini decidevano di mettersi a "suonare" e così scendevano in un arena inadatta alle loro fantasie. Prog ultra-cervellotico, scuro e sempre astratto ma un enorme passo indietro. E la fine fu. 6/10

High Tide - Ancient Gates (1990): A parte la clamorosa Resonance, poi conosciuta su Open Season, un altro spreco della sigla durante l'inondazione del 90-91. Una sbornia di raga elettrificato, probabili improvvisazioni tirate all'infinito, con quella voce femminile rapita che rompe soltanto i maroni. 5/10

Sperm - Shh! Heinäsirkat (1970): Una delle cose più intransigenti ed ostiche che abbia mai sentito, non a caso proveniente dalla (presunta) scena avant finlandese di quegli anni. Un coacervo di suoni suonati abbrutiti, deformati, forse un po' accasacciati per un concetto, in ogni caso abbastanza noioso alla fine dei conti. 6/10

La Monte Young & Marian Zazeela - The Theatre Of Eternal Music - Dream House 78'17 (1974): Non ci riesco, davvero. Sto invecchiando e si sente. 6/10 politico per i riconoscimenti.

Sonny Sharrock - Monkey-pockie-boo (1970): Le mogli degli artisti, quanti danni fanno. Sarebbe stato un grande disco di free-metal-jazz se non fosse che la signora Sharrock si mette a delirare senza senso fonemi oltre le righe, oltretutto altissima nel missaggio. Peccato. 6,5/10


mercoledì 28 febbraio 2018

Scarti Da TM #31

Camel - Breathless (1978): Indifendibile nonostante l'indiscutibile maestria e perizia dei membri. Un'acquetta prog-pop che ha due soli momenti di gloria (guardacaso le due tracce più lunghe) e per il resto un solluchero stucchevole e così banale da non farmi arrivare alla fine di alcuni pezzi. 4,5/10

Evan Parker & Paul Lytton - Collective calls (urban) (two microphones) (1972): Free-jazz di quello forte, ma davvero forte, talmente forte che diventa troppo anche per me. Quel che si direbbe un disco iconoclastico. Un po' peso. 6/10

Philippe Doray & Les Asociaux Associés - Ramasse-Miettes Nucléaires (1977): Strano oggetto, difficile da inquadrare; c'è dell'elettronica, c'è della teatralità viscerale tipicamente francese, c'è qualche schitarrata grintosa. Coesione però pari quasi a zero, e lascia sostanzialmente l'interrogativo sul senso dell'operazione. 5,5/10

Anatrofobia ‎- Brevi Momenti Di Presenza (2007): I Supersilent del Piemonte, con un disco spezzettatissimo e ricco di silenzi e sfumature. La predominanza jazz li rende più ruspanti, ma le componenti elettroniche sono importanti nell'economia. Difficile da assimilare per quanto sia sostianzialmente "educato". 6,5/10

Scraping Foetus Off The Wheel - Hole (1984): Cabaret industriale cattivo e spietato per Thirlwell in uno dei suoi dischi più celebrati. Certo la comprensione delle tematiche avrebbe aiutato di più, per un disco che sembra la versione cibernetica del Nick Cave più scatenato. 6,5/10

Flavio Giurato - Per Futili Motivi (1978): Al debutto, FG dimostrava già una classe ed un modus operandi diverso da tutti. I suoni sono art-songwriting in linea con le produzioni di quegli anni, il disco è un concept e forse soffre di un eccessiva ambizione e costrizione, le singole canzoni sono altalenanti; quelle buone fanno la differenza (Mauro). 7/10

John Martyn - Sunday's Child (1975): Diceva che aveva iniziato a suonare per le ragazze, perchè ai tempi bastava una chitarra su un palco e ne potevi avere quante ne volevi. Poi dopo si fece prendere la mano dalla musica. Più lo ascolto più penso che sia stato un opportunista, certamente di talento, ma destinato a lasciare poco di significativo. 6/10

Arachnoid ‎- Arachnoid (1979): Tardo prog francese come altri acts che ci ha fatto conoscere Vlad Tepes tempo fa. Questo è davvero di buona fattura, immerso nel suo anno, con i pregi ed i difetti del caso. 6,5/10

Robert Calvert ‎– Lucky Leif And The Longships (1975): Pessimo seguito di quell'esordio che era piaciuto per la sua mediazione fra Hawkwind e grezza e genuina freakitudine. Qui Calvert si dà alle parodie, ad un art-rock piatto e debole, forse perchè più imperniato sul concept letterario. 5/10

Fugazi - Steady Diet Of Nothing (1991): Meno emotivo di Repeater, meno diretto di In On the killtaker e meno sperimentale di Red Medicine. Ma dire che i Fugazi hanno fatto un disco di transizione suona come una bestemmia, per cui possiamo affermare che si tratta soltanto del meno esaltante, ecco. 7/10

Ride - Going Blank Again (1992): All'epoca il cd era un mio obiettivo perchè Ciccio Smith era loro fan, ma il prezzo non calava mai e non se ne fece nulla. Mi sono perso una debacle totale, un arrendersi al jingle-jangle-pop delle spinte major, un quasi rinnegare un esordio che era stato manifesto dello shoegaze più artistico. 5/10

N.A.D.M.A. ‎- Uno Zingaro Di Atlante Con Un Fiore A New York (1973): Free-ethno-jazz, molto più squilibrato degli Aktuala. Meglio i momenti più quieti che quelli imbizzarriti. Resta un ascolto molto molto riservato agli amanti, per l'evidente datatura. 6/10

Twenty Sixty Six And Then ‎- Reflections On The Future (1972): Dalla List, un teutonico hard-prog, fra Deep Purple e una versione muscolare dei Jethro Tull. Nel complesso più che buono, se non fosse per un canto che enfatizza anche troppo. Effetti del tempo. Come dice Vlad, vale comunque un ascolto per documentarsi maggiormente. 6,5/10

Pierrot Lunaire - Gudrun (1976): Difficile contestare l'ambizione ed il coraggio di un unità italica che spaziava fra elettronica, progressive, folk, lirica ed operistica; sperimentazione che però a più riprese appare incostante, fuori fuoco, con momenti un po' difficili da digerire che vanificano altri passaggi esaltanti. Insomma, il troppo ha stroppiato. 6,5/10

TV On The Radio ‎- Desperate Youth, Blood Thirsty Babes (2004): Dimenticavo un'influenza quando scrivevo degli Algiers, che si trova sicuramente nei TOTR, al netto però di quella rassicurante indole pop che, per quanto potesse essere nobile, è comunque smaccata e non troppo esaltante. 6,5/10

Klf - Chill Out (1990): Viene descritto come una delle pietre miliari dell'ambient-house, ma io non sono per niente d'accordo; un concept fluttuante troppo spezzettato da campioni troppo eterogenei, troppo sfocato e privo di una potenza espressiva che stava alla base del genere. Gli Orb trarranno il meglio da questo concetto, con risultati anni luce. 6/10

Todo Modo - Prega Per Me (2017): Vale lo stesso discorso dei supposti "album sperimentali" degli Afterhours, con l'aggravante che qui ci sono due ex, di cui uno il pur rispettabile Iriondo. Inaccettabile il fatto che si passi questa roba per avant, quando nella maggior parte del tempo è acquetta pop mascherata da una scorza ruvida che, francamente, fa il solletico. 4,5/10

Gila - Bury My Heart At Wounded Knee (1973): Passo indietro dopo il debutto, un ottimo esempio di acid-rock teutonico; l'ingresso di Fricke donava partiture di piano eleganti ad una manciata di pezzi sostanzialmente folk, a tratti elettrificato, con composizioni neanche troppo memorabili. Un discreto ascolto e nulla più. 6,5/10

Caboto - Hidden Or Just Gone (2006): Interessante combo italico che propone un mix di post-rock, post-jazz e qualcos'altro che per l'appunto mi sfugge, aumentando la curiosità. Peccato che al secondo ascolto perda parziale interesse, nonostante la perizia tecnica e la complessità degli schemi. Troppo bravi? 6,5/10

mercoledì 14 febbraio 2018

Raggi X - The Cure ‎– Join The Dots (B-Sides & Rarities 1978>2001 The Fiction Years) (2004)

Un'analisi traccia a traccia. Con devozione ma anche con un po' di distacco, perchè la giovinezza e i suoi ricordi hanno bisogno anche di quello, non solo di ironia e tenerezza.
Join the dots è un cofanetto che i Cure fecero uscire nel 2004, ovvero nell'anno in cui per la prima volta un loro album non uscì su Fiction. Il disco omonimo fu rilasciato dalla supermajor Geffen, mentre all'etichetta del loro scopritore/miracolato Chris Parry toccò questa antologia che aveva il compito di mettere ordine sulle b-sides e/o rarità di quasi un quarto di secolo, e sulle quali per sua fortuna detiene i diritti legali. Non so, quindi, quanta volontà ci sia stata da parte di RS di vedere pubblicato un lavoro del genere, quel che è certo è che i fan sono stati felici e contenti.
Il contenuto in larga parte già lo conoscevo, soprattutto per quanto riguarda i primi anni; era quasi tutto sulla cassetta (!) Standing on a beach / Staring at the sea, che faceva il punto fino al 1986. Altre erano sul vinile 33" raffazzonato Boys Don't Cry, sulla raccolta Japanese Whispers, e poi nei vari cd singles che tanti soldi ci hanno spillato, allegramente...
Per il resto, il giudizio è un'altalena....

CD1 • 1978>1987
01 - 10-15 Saturday Night (b-side of Killing An Arab 1979): La prima traccia è subito un anomalia: per quale motivo inserire l'apertura di Three Imaginary Boys, cioè tutt'altro che una b-side o una rarità? Perchè al suo posto ci sarebbe dovuta essere Killing An Arab, e nell'immediato post-11 Settembre i Cure ebbero dei grossi ed evidenti problemi nella gestione del pezzo, al punto di doverlo chiamare Killing another, quando non costretti ad ometterlo. Quindi ecco spiegata la sostituzione. Detto il pistolotto, servono altre parole per descrivere un monumento di 4 minuti scarsi che marchia a fuoco la new-wave? 9/10
02 - Plastic Passion (b-side of Boys Don't Cry 1979): Anche sul vinile 33'', quindi outtake del primo album. Giro discendente, ritmica sincopata, pezzo scorbutico ed efficace. 7/10
03 - Pillbox Tales (b-side of Boys Don't Cry re-release 1986): La conoscevamo da quel santo bootleg di 4 pezzi del 1990 che ci spiegava le radici, ma quelle vere. Nel 1986 RS, in un impeto nostalgico (o di urgenza, chi lo sa?), reincide Boys don't cry (peggiorandola), ricanta e remixa (o riregistra) questo stomp-punk del 1977 che faceva già intravedere il suo talento e che meritava di essere portato in superficie pubblicamente (ma l'originale grezzo era meglio...) 7/10
04 - Do The Hansa (extra b-side of Boys Don't Cry re-release 12" 1986): Vedi pistolotto sopra per la cronaca. Qui invece c'è l'ironia più brit e sardonica di RS, per una letterale parodia disco-funk che prende per il culo l'Ariola Hansa, la major tedesca che aveva indetto un concorso vinto dagli Easy Cure e che risolse il contratto stipulato dopo i ripetuti rifiuti di RS di vedersi trasformato il gruppo in una boy-cover-band da strapazzo. 8/10
05 - I'm Cold (b-side of Jumping Someone Else's Train 1979): Effluvio chitarristico quasi ormonale di RS per un mid-tempo che, per essere pezzo minore, non è male ed è uno degli anelli di congiunzione fra il mark I ed il II. 7/10
06 - Another Journey By Train (b-side of A Forest 1980): Ci siamo. Strumentale che fin dal titolo richiama e riprende Jumping, ma che vive di vita propria e col cantato sarebbe stato affine a Play for today. Gallup entra a gamba tesissima. Hartley punteggia col synth funzionale ma pittoresco. 8/10
07 - Descent (b-side of Primary 1981): L'anti-Primary per eccellenza; come trasformare uno scarto di lavorazione in esperimento interessante. Strumentale per basso e (forse) un altro basso in flanger, un'accordo strozzato di chitarra e solo piatti. Anomalo anche dalle atmosfere più ferme di Faith: dominato da una vera e propria stasi catatonica, lasciata galleggiare. 7,5/10
08 - Splintered In Her Head (b-side of Charlotte Sometimes 1981): In assoluto, uno dei pezzi più angoscianti, orrorifici e temibili dell'intero repertorio, forse secondo soltanto a Pornography, di cui fu di fatto una prova generale. Un incubo tribale per timpani e toms in loop, basso glaciale, micropunte sintetiche, voce dispersa e dissonante, e soprattutto quell'armonica manipolata, rallentata, trasformata in strumento di tortura. Capolavoro assoluto, impossibile da replicare dal vivo (e la versione del 2011 pagherà inevitabile dazio, ma forse era giusto tributare lo stesso). 9/10
09 - Lament ('Flexipop' magazine cover release 1982): Svolta dopo la lite con Gallup, che manda affanculo e se ne va. Storico perchè è il primo pezzo firmato in solitudine da RS, che venne invitato da Flexipop a fornire un inedito in esclusiva. I Cure non erano morti e Lament era ancora piuttosto dark, molto elettronico, trasudante di spleen, il cui unico difetto era la scarsa produzione. 7/10
10 - Just One Kiss (b-side of Let's Go To Bed 1982): Inizia la fase Japanese Whispers, la fascinazione elettro-esotica e tutto quello che ci andò dietro. Questo è un gioiello evocativo, molto percussivo ma a modo suo delicato e sublimemente arrangiato. 8/10
11 - The Dream (b-side of The Walk 1983): Produzione pesante di Steve Nye, che esaspera (ma con gusto) gli esotismi. Per questo motivo ricorda non poco i Japan, ma per fortuna la maestria di RS è insuperabile nel farli dimenticare quasi subito. 7,5/10
12 - The Upstairs Room (extra b-side of The Walk 12"1983): Stesso discorso del precedente, ma il ritmo sostenuto ed il memorabile chorus fanno di meglio. Siouxsie sarà morta d'invidia. 8/10
13 - Lament (extra b-side of The Walk 12" 1983): E infatti venne ri-registrato. Nye mise a posto le cose senza far pesare la sua mano, e ne uscì un pezzo molto atmosferico, di trademark. 8/10
14 - Speak My Language (b-side of The Love Cats 1983): Si cambia ancora, ed ecco la fase pseudo-jazz con Thornalley in cabina di regia. Questa è a dir poco fenomenale, col double-bass felpato, il bravissimo Anderson alla batteria, il piano honky-tonk, qualcosa di mai sentito, il chorus che va in stratosfera. Divino. 8,5/10
15 - Mr. Pink Eyes (extra b-side of The Lovecats 12" 1983): Dimenticarsi subito di Lovecats, per quanto divertente sia stata. La roba seria erano le b-sides, con la precedente e questa che va persino oltre, uno psico-free-jazz-cabaret da favola, lascivo e conturbante. Jeffrey Lee Pierce sarà morto d'invidia. 9/10
16 - Happy The Man (b-side of The Caterpillar 1984): Terminato il precariato, RS sistema la formazione e fa The Top con Allen al mixer. Gli scarti sono in linea con l'album, e non sfigurano affatto. Questo è relativamente rilassato, con RS che si lascia andare vocalmente e fa la differenza. 7/10
17 - Throw Your Foot (extra b-side of The Caterpillar 12" 1984): Specie di fusione fra Piggy in the mirror e Shake dog shake, con una progressione da brividi. Altra prova vocale superba, in trend. 7,5/10
18 - New Day (extra track on Half An Octopuss 10" /Quadpus 12" 1986): Da uno strano oggetto più da collezionismo che da discografia (un 10" limitato con A night like this, ma anche 12" ordinario con altro titolo ed un remix di Close to me), un ultimo scarto di The Top, un fosco ed ossessivo amarcord delle atmosfere pornografiche, molto molto valido. 7,5/10
19 - The Exploding Boy (b-side of In Between Days 1985): C'è ancora Allen per The head on the door ed i relativi corollari. Questo è un incrocio fra la popolare A-side e The Blood, con una fascinazione ispanica che mancava al repertorio. Non eccezionale, ma la stoffa compositiva fa sempre la differenza. 7/10
20 - A Few Hours After This (extra b-side of In Between Days 12" 1985): Sbandata psuedo-sinfonico-orchestrale, seppur rigorosamente sintetica. Suona come una midi-torch-song e si prende abbastanza sul serio, ma è talmente ridicola che non può farsi odiare. Billy McKenzie sarà morto d'invidia. 6,5/10
21 - A Man Inside My Mouth (b-side of Close To Me 1985): Basso ciccione e mood gigione per un wave-gag con progressione armonica delle sue, inimitabili. Gli Stranglers saranno morti d'invidia. 7/10
22 - Stop Dead (extra b-side of Close To Me 12" 1985): La differenza fra The Head on the door e Kiss me kiss me kiss me è che quest'ultimo è stato fatto doppio per includere tutti i pezzi validi, mentre per il primo sono stati relegati a b-sides. Questo mid-tempo non fa eccezione, con il suo bridge elegante e brillante...(segue sul prossimo cd...) 7/10


CD2 • 1987>1992
01 - A Japanese Dream (b-side of Why Can't I Be You? 1987): (segue dallo scorso cd)... il problema però è che così facendo le b-sides di Kiss me sono mediamente piuttosto inferiori. Il giro muscolar/circolare di questo, ad esempio, non va un granchè lontano e persino la struttura compositiva è debole. 5/10
02 - Breathe (b-side of Catch 1987): Lezioso e pretenzioso esercizio sountrack/orchestrale, suona come se RS avesse preso la viscida strada del prendersi maledettamente sul serio, facendo un passo zoppo. 4,5/10
03 - A Chain Of Flowers (extra b-side of Catch 12" 1987): Stesso filone, serioso-atmosferico, leggermente meglio ma non sufficiente. 5,5/10
04 - Snow In Summer (b-side of Just Like Heaven 1987): Un potenziale hit-single, quasi alla Friday I'm in love, e quindi disprezzabile. 4/10
05 - Sugar Girl (extra b-side of Just Like Heaven 12" 1987): Quasi un toccare il fondo del kitsch melodico, davvero difficile da credere che RS non avesse di meglio per spillare soldi ai fans. Davvero, sarebbe stato meglio dimezzare Kiss me. 4/10.
06 - Icing Sugar (Remix) (extra track on Kiss Me Kiss Me Kiss Me orange vinyl bonus disc 1987): Remix di uno dei pezzi di punta dell'album. Dietro i singoli sarebbe stato meglio mettere queste versioni, invece di quella spazzatura inedita. Per quanto non aggiungano un granchè all'originale. 6/10
07 - Hey You!!! (12" Extended Remix) (b-side of Hot Hot Hot !!! 1988): Come sopra. Grande spazio al sax di Thompson che impreziosiva l'originale. 6/10
08 - How Beautiful You Are (Remix) (extra track on Kiss Me Kiss Me Kiss Me Radio Sampler 1987): Anche il remix più brutto e sfigato di una delle vette più lucenti di RS non ne avrebbe scalfito l'integrità. Questo è abbastanza ordinario ed ha il buon gusto di non stravolgere, per cui 8/10.
09 - To The Sky (from fiction CD Stranger Than Fiction 1989): Buttato lì in un sampler celebrativo della Fiction, come unico e solo inedito delle sessions di Kiss Me. E per fortuna che non ci è finito dentro, banale, piatto e svogliato com'è. 4,5/10.
10 - Babble (b-side of Lullaby / Fascination Street 1989): Fffffff.....respiriamo, siamo in area Disintegration, anche se non c'è da esaltarsi tanto. L'impeto è di quelli trascinanti e RS sembra recuperare una furia espressiva che sembrava dimenticata. 7/10
11 - Out Of Mind (extra b-side of Lullaby 12" / Fascination Street 12" 1989): Boombastico e tornitruante, non da buttar via per forma e sostanza. 6/10
12 - 2 Late (b-side of Lovesong 1989): Poppettino banale e sciapo, da squalifica. 4/10
13 - Fear Of Ghosts (extra b-side of Lovesong 12" 1989): Curioso esperimento extralarge per essere un retro (7 minuti): incipit fatalista, vagamente Disintegration, monotematico ma buono, con due fasi di sussurrato presi di peso da Lullaby. 7/10
14 - Hello I Love You (unreleased psychedelic mix 2004): Più che psichedelico, direi il mix post-new-age, al cloroformio. Una palla enorme. 4/10
15 - Hello I Love You (from Elektra CD Rubaiyat 1990): Potrei definirla una versione simpatica, frizzantina, modernizzata, non cureizzata. Diciamo che già l'originale non mi faceva impazzire, chè nel repertorio dei Doors è una delle più scontate. Non si poteva scegliere di meglio? 5/10
16 - Hello I Love You (Slight Return Mix) (from Elektra CD Rubaiyat 1990): In un mondo migliore infatti questa sarebbe stata la vera cover contributiva: alla Gerogerigegege, alla Anal Cunt. 13 Secondi ipercinetici. Ahaha. 8/10
17 - Harold And Joe (b-side of Never Enough 1990): Già il lato A non era niente di chè, pur essendo una relativa novità nel repertorio, con tutte quelle chitarre (ed in realtà era una prova generale di Wish), il retro poteva tranquillamente restare nel cassetto. Elettro-midi svogliato e prova vocale sottotono, non ne va bene una. 4,5/10
18 - Just Like Heaven (Dizzy Mix) (b-side of Close To Me re-release 1990): Ma dico io, ma c'era proprio bisogno di rovinare JLH con un obbrobrio bossa-dub? 3,5/10

CD3 • 1992>1996
01 - This Twilight Garden (b-side of High 1992): Boccata d'aria fresca, dopo tanta di quella fritta. Superbo spleen atmosferico, di quello che resta impresso per sempre. Peccato che sia rimasto un episodio isolato. 8,5/10.
02 - Play (extra b-side of High 12" 1992): Lentone ben scandito con l'Eminent a fare da sostegno, probabile scarto di Disintegration rilanciato per l'occasione. Buono. 7/10
03 - Halo (b-side of Friday Friday I'm In Love 1992): Stanchezza, stanchezza, stanchezza. Manierismo che trasuda da tutti i pori. 4,5/10
04 - Scared as You (extra b-side of Friday I'm In Love 12" 1992)Stanchezza, stanchezza, stanchezza. Manierismo che trasuda da tutti i pori. 4,5/10
05 - The Big Hand (b-side of A Letter To Elise 1992): Medio-tempo melanconico, con la solita struttura ormai usurata, si salva per mestiere ed evocazione. 6/10
06 - A Foolish Arrangement (extra b-side of A Letter To Elise 12" 1992): Energetico ed asciutto, con buona progressione. Discreto. 6,5/10
07 - Doing The Unstuck (unreleased 12" version 2004): Già non sopporto l'originale, figuriamoci una versione rifatta. 4/10
08 - Purple Haze (unreleased Virgin Radio version 2004): Stesso discorso dei Doors, non si poteva scegliere meglio? Si doveva per forza andare a parare su uno dei pezzi più banali di Hendrix? 4,5/10
09 - Purple Haze (from Stone Free: A Tribute To Jimi Hendrix 1993): Vade retro, la versione elettronica. 4/10
10 - Burn (from The Crow OST 1993): Oh, respiro...Finalmente ne beccavano una. Burn è una piccola istituzione fra le frattaglie di una carriera. Epico, corale, contagioso, trascinò il film e ne divenne la bandiera. Uno dei miei segnalibri dell'adolescenza. 7,5/10
11 - Young Americans (from 104.9 XFM compilation 1995); E per fortuna con questa si chiuse la stagione delle cover, una peggio dell'altra. Questa fu la peggiore in assoluto. 4/10
12 - Dredd Song (from Judge Dredd OST 1995): Invece la stagione delle soundtracks originali fu una bella accoppiata: per il film con Stallone un bel epico-sinfonico-titanico (rarissimi i successi in questo stile). 7/10
13 - It Used to be me (b-side of The 13th 1996): Siamo a Wild Mood Swings, solito trittico di singoloni doppi, discutibile ed altalenante la qualità degli scarti, come del resto fu l'album. Intanto questa però fa il miracolo: lento acido, solenne e melanconico, pesante in crescendo. Memorabile. Altro che nel disco, questo doveva andare lanciato in orbita (ma mi rendo conto che non è commerciale, per cui...) 8,5/10
14 - Ocean (b-side of The 13th 1996): RS prende una cotta per gli archi di corollario, così spesso pennella ballads crepuscolari come questa, buone per un Unplugged MTV Show ma anche qualcosa in più. Niente di eccezionale, per carità, siamo nell'ordinario del decente. 6,5/10
15 - Adonais (b-side of The 13th 1996): Qui gli archi invece fanno da contrappunto ad un pezzo movimentato, con una batteria inquieta e saltellante, ma la resa generale è di manierismo e di già strasentito. 5/10

CD4 • 1996>2001
01 - Home (b-side of Mint Car 1996): Continua imperterrita la sbornia degli archi, anche se sono un contorno. Questo tuttavia se li centellina con intelligenza, ed è persino gradevole; di sicuro 10 volte meglio del singolo. 7/10
02 - Waiting (b-side of Mint Car 1996): Un curioso mood alla Disintegration, tema arrendevole ma deciso. Un compromesso decente. 6,5/10
03 - A Pink Dream (b-side of Mint Car 1996): Sono state troppe, 3 b-sides per singolo. Questo scarto baldanzoso non meritava neanche di essere tolto dal cassetto. 4,5/10
04 - This Is A Lie (Ambient Mix) (b-side of Gone! / Strange Attraction 1996): RS ha sempre voluto scherzare sui nomi dei remix, e ci fa simpatia. Comunque, uno dei pezzi più struggenti di WMS non fatica a farsi amare anche in una nuda versione per voce, acustica ed archi. Anche solo chiamarlo mix, è brit humour. 7/10
05 - Wrong Number (P2P Mix) (extra b-side of Wrong Number 1997): Oddio mio, la versione da discoteca di un singolo isolato che già strizzava l'occhio, ed era mediocre. E dura 8 minuti. Cosa chiedere di peggio? 3/10
06 - More Than This (from the The X-Files: The Album 1998): Devo essere sincero, questa me l'ero persa. Una traccia in solitario di RS, interamente elettronica, di servizio ma in struttura tradizionale. E sorpresa, molto ma molto bella. 7,5/10
07 - World In My Eyes (from For The Masses: A Tribute To Depeche Mode 1998): Sembrava capitare a fagiolo questo tribute, per la mini-sbornia electro che fruttò solo 3 pezzi (per fortuna). Non ho mai amato i DM e non conosco l'originale; diciamo che è una curiosity, appena decente. Sarebbe stato interessante se ci fosse stato l'opposto. 6/10
08 - Possession (Unreleased Track From Bloodflowers Sessions 2000): Mettiamola così: Bloodflowers sarebbe potuto diventare l'album elettronico, anzichè essere l'ultimo bello. Questo scarto rivela che RS rinsavì a lavori ormai maturi, e gli fa fatto un plauso per il gesto, davvero decisivo. 5/10
09 - Out Of This World (Unreleased Oakenfold Mix 2000): L'opening track di Bloodflowers in salsa trip-hop. 7 minuti di puro tedio, seppur lievemente intrigante. 5/10
10 - Maybe Someday (Acoustic Mix) (Maybe Someday promo only CD 2000): Ancora, uno scherzo di appellativo al mix. Il pezzo più bello di Bloodflowers con pochissime modifiche all'arrangiamento originale. L'ultimo, grande pezzo che abbiano mai fatto. 8,5/10
11 - Coming Up (extra track on Japanese/Australian version of Bloodflowers 2000): Forse, inserito nella track listing del disco ordinario sarebbe stato un di più. Preso isolato, suona abbastanza energetico e personale da non farsi disprezzare. 6,5/10.
12 - Signal To Noise (Unreleased Acoustic Version 2001): Quando scrive "version" invece ci prende....L'ottima b-side di Cut here in graziosa acustica, compete con l'originale. 7/10
13 - Signal To Noise (b-side of Cut Here 2001): La conoscevo già, e l'ascolto con piacere. E' meglio della side A. 7/10
14 - Just Say Yes (Unreleased Curve Mix 2001): I Curve che remixano i Cure? E quella voce manipolata? Ma stiamo scherzando? 4/10
15 - A Forest (Unreleased Mark Plati Mix 2001): E quale miglior chiusura della cofana se non una versione hard-drum'n'bass di A Forest? Non fosse per quella chitarra da hero, sarebbe stata persino meglio. 6,5/10.

mercoledì 31 gennaio 2018

Scarti Da TM #30

Ruben Garcia ‎- Colors In Motion (1992): Coautore del magnifico Music for 3 pianos, Garcia al debutto viene presentato da PS come emulo di Budd; in realtà si tratta di una versione salottiera di Steve Roach, con sonorità deludentemente '80 ed un manierismo eccessivo. Si salva in corner per l'effettiva grazia compositiva, ma di poco poco. 6/10

Agalloch - The Mantle (2002): Band inglese di estrazione black-metal, qui alle prese con un neo-folk-rock di ampio respiro, solenne, pagano, esistenziale. Ottima l'intuizione, molto buone alcune composizioni, troppo lungo il disco e stridono troppo le incursioni sul luogo di nascita. 6,5/10

Randy Holden ‎- Guitar God (1997): Rientrato a quasi 30 anni di distanza dal colossale Population II, il buon Randy non trovava di meglio da sfoggiare che un hard-rock hendrixiano, non pacchiano ma comunque con una patina modernista che fa un po' a pugni col suo spirito originario. Deludente, ma le aspettative non potevano essere troppo alte. 5,5/10

New Kingdom ‎- Paradise Don't Come Cheap (1996): Se dovessi essere condannato ad ascoltare hip-hop, questo disco tutta la vita e nessun altro. 7/10

Blind Idiot God - Undertow (1988): Lievemente inferiore al debutto, anche se ugualmente storico; non lo bloggo soltanto perchè non trovo nulla da scriverci sopra. 7/10

Flying Saucer Attack ‎- In Search Of Spaces (2017 Reissue): Mi eccitava l'idea di un live dei tempi d'oro dei FSA, evento rarissimo, ed all'ascolto si capisce perchè: un vortice interminabile di droni, feedback e fischi assordanti, senza capo nè coda. Il suono intriga, ma pensando alle prove in studio è una più che mezza delusione. 5,5/10

Necessaries - Event Horizon (1982): Pop-wave newyorkese, con un inquieto Arthur Russell in formazione; con loro avrebbe potuto anche trovare il successo, peccato che mancasse proprio il talento. 5/10

Richard Hell & The Voidoids ‎- Blank Generation (1977): Disco chiave del punk americano. Io lo trovo insignificante, ma si tratta di gusti. 5/10

Associates - Fourth Drawer Down (1981): Raccolta di singoli dello stesso anno del duo più pompamagnato della wave. Il coraggio non mancava e le trovate strumentali anche, ma la prosopopea incalcolabile rende meno godibile la proposta. 6,5/10

Nation Of Ulysses - Plays Pretty for Baby (1992): Fa una strana impressione sentire Ian Svenonius dimenarsi su una base hardcore, in verità abbastanza banale. Ovviamente era lui il valore aggiunto di una band che forse non aveva un granchè di significativo da proporre. Make Up alle porte e ben altro spessore. 6,5/10

Leonard Cohen - Songs Of Leonard Cohen (1967): Bello, bellissimo, ma di un anticheria che non giustifica un post intero, per quanto stringato o tirato via alla bell'e meglio. Comunque, tanto di cappello anche dopo 50 anni. 7/10

Univers Zero - Heresie (1979): Post-RIO quasi interamente orchestrale. Difficile negarne la perizia e la preparazione, tuttavia la monocromaticità è una brutta bestia. 6/10

Atoll - Tertio (1977): I grandi Atoll di L'Araignée-Mal, due anni dopo, senza più il violinista in formazione ed a fare i conti col manierismo dilagante ed imperante del progressive, nonostante una perizia ed una passione indiscutibili. Restavano fra i migliori, comunque. 6,5/10

Associates - The Affectionate Punch (1980): Anche in un contesto produttivo più secco e classicamente wave, gli Associates denunciavano una carica teatrale che, ohibò, piace o non piace. A dispetto di un songwriting non sempre brillantissimo, le chitarre comunque facevano un buon lavoro. 6,5/10

Have A Nice Life - Voids II (2014): Raccolta apparsa misteriosamente in rete, e forse neanche riconosciuta dal duo. Versioni alternative dal capolavoro, qualche strumentale atmosferico, un paio di ballads insensate. Qualche brivido affiora sempre, ma siamo sempre dalle parti del barile raschiato. 6,5/10

Jacob's Mouse ‎- I'm Scared (1993): Indie-rock UK barricadero di cui il primo Blow Up parlava molto bene in un servizione dedicato alle scene meno in vista nella Perfida dei primi nineties. Tutto sommato interessante per le contaminazioni, ma sempre di indie si trattava, con pochi compromessi. Dignitoso. 6/10

Valerio Tricoli ‎- Clonic Earth (2016): Meglio del precedente, ma resta l'impressione di un ermetismo sonoro molto fine a sè stesso. O, come nel precedente, non capisco niente io. 6/10