giovedì 30 aprile 2020

Scarti da TM #57

Metzengerstein - Alchemy To Our Days (2015): Diciamocelo, dopo qualche fiammata iniziale l'Italian Occult Psychedelia si è sgonfiato rapidamente, e non ha lasciato un granchè. Riservato ai maniaci di Ummagumma e discendenti vari, anche il secondo dei pisani ha deluso un po' quelli come me, a cui il primo Albero Specchio era piaciucchiato non poco. 6/10

Hella - Tripper (2011): Non è stato dichiarato lo scioglimento ufficialmente, ma dopo un colosso come CGW/CH forse per gli Hella non c'erano più tante possibilità, ed i side-projects hanno fatto il resto, portandoli verso altri lidi. Una chiusura impeccabile formalmente ma eccessivamente squadrata e fragorosa (il basso, ad esempio, normalizza troppo). Forse un disco in cui non credettero molto neanche i due mattacchioni. 6,5/10

Underworld & Necks ‎- Appleshine Continuum (2019): Un mix ovvio quanto straniante, che forse i Necks ricollegherebbero a Drive by: cassa continua quasi techno, ghirigori di organo di Abrahams, con l'inserimento di un timido canto e varie inserzioni degli Underworld. Non è malissimo, ma sa molto di esercizio di stile, che per i Necks fra l'altro non sarebbe neanche un difetto. Ma si può passare oltre. 6,5/10

VV.AA. - Sing A Song For You - Tribute To Tim Buckley (2000): Un tributo tutto sommato dignitoso, non eccessivamente calligrafico (a tratti quasi indie) da parte di un drappello misto, in un epoca in cui TB era parecchio rivalutato in giro. Spiccano Lanegan, Halstead, Cousteau, Czars. Gradevole e il figurone alla fine lo fa il songwriting originario, decisamente fuori dal tempo anche nelle punte di massimo melodismo. 6,5/10

Dif Juz - Soundpool (1999): Antologia di un quartetto londinese attivo su 4AD a metà '80, e in tutta franchezza, giustamente dimenticato. La preparazione e la perizia c'erano, mancavano proprio le strutture. Una specie di dub-dream-jangle-pop strumentale srotolato in pseudo-jams senza sviluppo nè emozioni, nè carne nè pesce. Sufficienza solo per il suono, grandioso. 6/10

Bauhaus - The Bela Session EP [2018]: La scusa per riascoltare BLID è sempre valida, per un pezzone da 8,5/10: il problema è la statura del resto della seduta di registrazione di questo EP  ripescaggio, cioè l'originale b-side del 1979 e 3 semi/inediti, che restarono giustamente tali: roba da 4,5/5, fra reggae e punk. I Bauhaus esordivano con un botto immane, ma erano ancora in fase di maturazione e fecero bene a non diffondere scartini. Operazione pleonastica. 6/10

Psychedelic Furs - Mirror Moves (1984): L'inizio della discesa dei Furs verso un suono sempre più levigato, oltre che per una maggiore banalità compositiva. Certo però che quando i pezzi migliori di un disco sono i super-hit (Heaven), significa che la qualità era rimasta significativa alta. C'era comunque un problema di produzione, molto molto pop. 6,5/10

Perigeo - La Valle Dei Templi (1975): Dopo l'exploit di Genealogia, i Perigeo iniziarono a "manierarsi", il che significa sempre formalità impeccabile, perizia indiscutibile ed ottima produzione, ma zero rischi e poca voglia di mettersi in discussione. Vanità al potere, detto questo pistolotto, più che bell'ascolto fusion, una tantum. 6,5/10

Decayes ‎- Not Yet (1980): Al terzo album, i folli Decayes si lasciavano alle spalle qualsiasi retaggio krauto per dedicarsi ad uno spastic/art/punk demente ed ossessivo. Non male, ma i limiti dell'autoproduzione uscivano impietosamente, con una registrazione poverissima che inficia ciò che sarebbe potuto essere una conferma di alta creatività. 6,5/10

oOoOO - oOoOO (2010): Uno dei protagonisti della witch-house, genere di cui non ho alcuna conoscenza ma molto elogiato da PS e Pitchfork. Beat medio-lenti, sinuose nenie in vocoder salsa, synth retrò; sonorità intriganti ma di fatto canzoni pop, suadenti ma troppo caramellose. 5,5/10

Girl Band - Holding Hands With Jamie (2015): Band irlandese elogiata da PS in questo primo album. Sembrerebbe una versione arty dei Pissed Jeans, con schemi oltremodo ossessivi e pezzi meno strutturati. Il suono è ottimo, ma si sente che manca qualcosa.  6,5/10

Jean Dubuffet - Musique brut (1961): Il pittore francese artefice della Art Brut, in libera uscita "musicale". Tutt'altro che un musicista, ovvio, ma evidentemente affascinato dalle possibilità degli strumenti da egli approcciati di trasporre in suono la naivetè e la sconclusione totale. Ai tempi sarà stato rivoluzionario, adesso sembra un concerto all'asilo. 5/10

Blanck Mass ‎- World Eater (2017): Colpa mia, che sono sempre più vecchio ed impermeabile agli entusiasmi persino di una cariatide come PS, che invece negli ultimi anni si è dato alla Trap con un entusiasmo che non aveva neanche nel 1996. Elettronica, ben fatta, elaborata, melodica ed abrasiva (è uno dei Fuck Buttons). Ma io proprio non ci trovo un granchè. 6/10

Stella Maris - Stella Maris (2017): UMG con 4 personaggi del sottobosco indie-pop. E difatti il disco riflette in tutto e per tutto quella tendenza e quel DNA, con la preziosissima ugola al servizio. Nonostante un 3/4 ottimi pezzi, però, non è così entusiasmante; a tratti sembrano proprio dei suoi scarti per troppa ruffianeria. 6,5/10

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