Volendo individuare un pugno di pezzi slow-core nel loro repertorio, in termini di bassezza di bpm, direi The Long Tips, Pyjamas, Aries The Ram, The long Sea, Glue, ma si tratta sempre di declinazioni uniche. Paradossalmente, di questo ipotetico contenitore, Autumnal è il più canonico; i Codeine di White Birch con flebo inserita in vena, oppure gli Slint di Washer in modalità ultra-umile e dimessa.
Sette minuti e mezzo di malinconia cosmica, resa con un tocco quasi cameristico; protagonista il cello di Cora Bissett nel chorus, ma anche i magistrali tintinii di pianoforte conferiscono un enfasi ed un eleganza fino a quel momento mai sentita, come se avessero voluto rilanciare la raffinatezza di Philophobia con gli interessi.
Dopo una lunga intro chitarristica in punta di plettro, le spazzole di Aidan toccano il rullante con sapienza. Un'altra prestazione unsung del vocalist ai tamburi, resa con una pertinenza inaudita ed incredibilmente funzionale allo svolgimento del pezzo, che ha una struttura piuttosto convenzionale: intro, strofa, chorus, bridge, strofa, chorus. Ad un minuto e mezzo dalla fine quest'ultimo si arroventa e si tramuta in un finale chiassoso, con la Bissett in libera uscita, Malcolm in delirio ultra-elettrico, Aidan a picchiare fortissimo sui piatti. Proprio per questa tipologia di struttura, il parallelo con Washer si fa inevitabile, ma la sua bellezza intrinseca resta inconfutabile.
Di fronte a questa architettura così intensamente malinconica, le liriche di Aidan, bofonchiate con la proverbiale trasandatezza del periodo, stridono aspramente; trattasi di uno dei suoi più intensi testi d'amore (come la maggioranza di Elephant Shoe, il suo love album per antonomasia), in cui si trastulla ad immaginare un futuro di fuga con la compagna, ad abitare una casa sul mare del Nord, ad arredarla, a pitturare la cucina, a scegliere il materasso, incontrare i vecchi amici ai funerali e fare finta che sono mancati....e stabilire i nomi dei nascituri.
Che abisso, rispetto a Philophobia.
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