Un altra situazione slow-core di immane brillantezza, forse l'ultima vera della loro carriera, su The Red Thread, ma con l'eccezione importante di avere la beat-box al posto della batteria umana. Specchio quasi inevitabile di quello che forse è il pezzo più spettrale di tutto il loro repertorio, con un testo abbastanza contenuto in cui Aidan parla di nostalgia infantile alternata alla proverbiale bevuta. La magnetica tessitura di Malcolm più intricata della media, niente basso (almeno a corde), insomma un arrangiamento piuttosto scarno e sotto le righe, con un unica variazione compositiva in un breve chorus strumentale, col beat in lieve lieve accelerazione e la chitarra che si fa galattica, prima di re-implodere nel motivo principale. Dopo due giri così, il rombo finale di Malcolm ed il tipico sgocciolio pianistico di Aidan, forse il più memorabile, con quelle piccole note impressionistiche, in lieve dissonanza.
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